Il pentolone dei veleni scoperchiato da Nemo (Rai2)

Il pentolone dei veleni scoperchiato da Nemo (Rai2)

E’ bastata una trasmissione in Rai per scoperchiare il pentolone dei veleni.

Rifiuti tossici interrati a ridosso dello stabilimento. Sarebbe questa l’amara, triste notizia. Una notizia di reato che ha portato la Procura ad aprire l’ennesima inchiesta contro dirigenti industriali senza scrupoli.
A denunciare questo ed altro, fornendo particolari inediti, è stato un ex operaio di 70 anni, Emanuele Pistritto, oggi in pensione, il quale si è offerto ai microfoni dell’inviato di Rai2 Marco Maisano, giornalista della trasmissione Nemo, nessuno escluso, condotta in studio dall’ex “iena” Enrico Lucci.
Pistritto per tanti anni si è occupato del movimento e trasporto scarti industriali, anche tossici, all’interno dello stabilimento ex petrolchimico di Eni. A distanza di alcuni decenni, rivela particolari agghiaccianti.

C'è fermento in città per le rivelazioni scaturite dalla trasmissione televisiva dedicata alla questione dell'inquinamento nel territorio gelese ed i troppi casi, secondo le statistiche, di malformazioni neonatali e malati di cancro. Particolare riscontro hanno avuto le dichiarazioni dell'operaio che ha di fatto confessato di aver partecipato al deposito, dentro apposite vasche, di materiale altamente tossico come amianto ed altri rifiuti speciali, in una vasta zona dentro il perimetro dello stabilimento.

Ad oggi non ci risulta che la procura abbia provveduto a scavare in quella zona, non foss'altro per confermare o confutare quanto dichiarato da questo testimone oculare. Magari gli inquirenti sanno già cosa c'è sotto e forse non a caso l'immediata risposta del “cane a 6 zampe” è stata quella di aver rispettato, negli anni, i dettami della normativa di riferimento. Però, dalle indagini potrebbe emergere (oltre a quello penale) anche un un risvolto “civile”, considerata la battaglia di molti operai rimasti fuori dai benefici ed ai quali potrebbe ritornare utile alla causa, contestualizzare la “sepoltura” di amianto in quella zona.

D'altra parte, le “zone” contaminate sarebbero anche altre, così come indicate dalle numerosissime denunce di ambientalisti in passato: vedi Bulala, Contrada Cipolla e più in generale la rete che collega i pozzi allo stabilimento.

La questione è datata, con tanto di solito balletto di competenze (tra Stato e Regione), diversi procedimenti giudiziari già consumati, altri ancora in corso, tra ritardi surrettizi e meri errori di carattere burocratico. L'Eni ad oggi ne è uscita con qualche cerottino ma ha mal digerito negli anni l'essere continuamente nel mirino, soffrendo un'ostilità sempre più aperta e sempre più crescente nel tempo.

Ciò ha consigliato San Donato Milanese a dismettere, in concomitanza di prescrizioni Aia che hanno colpito al cuore il vero margine di redditività rimasto a “Rage”, limitando non poco – sul piano delle emissioni - il reimpiego del pet-coke nella centrale elettrica ed il sovrappiù del volume di energia elettrica prodotta, rivenduta ad operatori e gestori del settore.

Inconsistente la motivazione “generica” secondo cui il core business della multinazionale è oramai l'estrazione: il che è vero, ma non spiega perché la raffinazione convenzionale sia stata abbandonata solo a Gela. Così come è un palliativo la compensazione con la green refinery (poco più che un impianto dell'ex petrolchimico) ed il gruzzoletto di 32 milioni messi a disposizione per progettini vari nel famigerato “Protocollo di Santo Stefano”. E' questa la “verità storica”, non altre.

Così come, a prescindere da quali saranno gli esiti ed i verdetti di procedimenti giudiziari e contenziosi tra Eni e Ministero dell'ambiente su barriere, doppifondi dei serbatoi e via discorrendo, quand'anche venisse accertato che l'Eni si sia sempre mossa nel recinto delle leggi in vigore nei periodi contestati, il fatto che il territorio risulti oggi inquinato, è una “verità storica” che non può più essere sottaciuta.

Questa verità esiste ed esiste un principio di “Responsabilità” che, al di là di presunti colpevoli ed innocenti, rimane un caposaldo di uno Stato di Diritto. Lo Stato deve farsi carico di questa responsabilità e risarcire con bonifiche, politiche di risanamento ambientale, infrastrutturale e ospedaliero sanitario. Tra Accordo di Programma e/o leggi speciali, gli strumenti non mancano.