Mezzogiorno di fuoco, a Gela come a Beirut

Mezzogiorno di fuoco, a Gela come a Beirut

Ve la ricordate la guerra in Libano, scoppiata nel 1975?

Gela, a mezzogiorno di mercoledì scorso, nella zona di via Madonna del Rosario, tra la via Settefarine e la stazione ferroviaria, sembrava un quartiere di Beirut devastato dalle bombe. Qui niente bombe, ma bombole. Una, quella di un venditore di polli, che col suo furgone ogni mattina, per quattro giorni alla settimana, dalla sua Grotte (Agrigento), viene fino a Gela per vendere la sua mercanzia e mantenere la famiglia.

Una tragedia nel dramma, quando alle 12,00 in punto, scoppia una bombola all’interno del furgone del pollivendolo. Un boato, poi l’apocalisse di fuoco e fiamme, fuggi-fuggi generale, panico, feriti, alcuni anche gravi.
Soccorsi da verificare se tempestivi, ambulanze accorse anche dei comuni vicini, trasferimenti in ospedale, a Gela, e da qui, anche con l’ausilio di elicotteri, ai centri ustioni di Catania, Palermo e Brindisi.

Qualche centinaio di avventori, perloppiù donne, in quel fazzoletto di piazzola sterrata, “inventata” dal Comune per concentrare in un unico posto i venditori ambulanti e a posto fisso abituati ad occupare abusivamente le vie del centro storico. Un malcostume che si consuma a tutt’oggi con la compiacenza di chi dovrebbe esercitare i dovuti controlli.

Il mercatino di via Madonna del Rosario, che non è la gigantesca fiera del martedì che si svolge settimanalmente di fronte Macchitella e a cui i gelesi non sanno rinunciare, doveva servire quindi per favorire l’ambulantato locale. Ma Gela è una piazza molto ghiotta, dove girano molti soldi, che così finisce col richiamare ambulanti di province anche lontane. A rispondere al richiamo di buona vendita è stato anche Claudio Catanese, il proprietario di quel furgone saltato in aria, con dentro, a quanto pare, anche una impiegata, Melania Maretta, 22 anni, la prima ad essere stata soccorsa con il 60% di ustioni.

Il boato e il fumo levatosi nella zona circostante ha richiamato curiosi e parenti di quanti avevano deciso di fare una capatina al mercato per fare qualche compera. Immediata la diffusione della notizia, che quasi in tempo reale ha fatto il giro sui social. Non una fake news, ma una notizia distorta sì, come capita spesso.

Così ognuno, nel proprio immaginario, si è fatto un’idea: venti feriti, una decina di morti, una bomba, anzi no, è scoppiata una bombola del gas. Polizia, carabinieri, vigili del fuoco, ambulanze, tutti a sirene spiegate.
Il bilancio, aggiornato ventiquattr’ore dopo, conta 16 feriti, di cui una decina gravi. Tra questi, due donne, di cui una all’ottavo mese di gravidanza, ed un bambino di quattro anni. Ferito anche il proprietario.
La Procura di Gela ha aperto un’inchiesta. Un atto dovuto. Si vorrà accertare se vi siano dei responsabili.

Dove i controlli sono un optional. Chi scrive è solito frequentare sagre nella riviera adriatica, dove in estate si organizzano eventi gastronomici per spopolare il litorale e portare i turisti nei paesini dell’entroterra. Centinaia di stand che si installano per ogni tipo di prelibatezze alimentari tipiche dei paesini che li organizzano.

Qui, nonostante i controlli siano serrati, da parte del personale delle Asl e dei vigili urbani, nessuno si lamenta. Si controllano le emissioni di fumi, se i manipolatori di cibi indossano guanti, cappellini, se tutto il personale è messo in regola, se le cucine e gli impianti siano a norma. Roba che qui da noi nessuno sopporterebbe. Poi accadono incidenti che magari esercitando i dovuti controlli preventivi si potrebbero evitare.

Viviamo in una parte del Paese dove regna l’anarchia, dove impera il fai-da-te, senza controlli a persone e cose.
Per ora dobbiamo fare il tifo per le tante persone che rischiano la vita. Poi bisognerà far luce su quanto e come è accaduto in quel mezzogiorno di fuoco e fiamme al mercato di via Madonna del Rosario e richiamare all’ordine chi, tra i compiti d’istituto, avrebbe dovuto controllare che tutto si svolga nel rispetto delle regole e delle normative vigenti