Cooperativismo edilizio: Posso pagare? No, grazie! Il Comune rinuncia a 4 milioni di euro

Cooperativismo edilizio: Posso pagare? No, grazie! Il Comune rinuncia a 4 milioni di euro

Una locuzione, risalente al 1800, recita "Palermo non rifiuta carbone", nel senso che la "capitale" della Sicilia prende tutto quello che le danno.

Gela invece sì, rifiuta. Per l'assurda lentezza della burocrazia comunale, infatti, sta rinunciando a un potenziale incasso di oltre 4 milioni di euro.

Sono soldi che potrebbero arrivare dal mondo dei 1300 soci di cooperative edilizie gelesi e in particolare da quei 500 che hanno realizzato fino al 1992 alloggi del tipo economico e popolare col diritto di superficie per 99 anni. 

Ora, grazie ad una legge nazionale, una regionale e due delibere del consiglio comunale possono finalmente trasformare quel loro diritto di superficie in diritto di proprietà definitiva. 

Molto più marginale la posizione debitoria dei circa 400 soci che hanno costruito gli alloggi dopo il '92 e fino al 2000 mentre è da considerare irrilevante per i restanti 400 soci che hanno costruito dopo il 2000 con le nuove regole.

Ma andiamo per ordine e cerchiamo di spiegare questa complessa vicenda. 

Il fenomeno della nascita di cooperative finalizzate alla costruzione di alloggi per i soci come prima casa esplode a Gela nel 1977, quando un'amministrazione comunale atipica di centro-sinistra (Pci-Psi-Psdi e una piccola frangia della Dc) guidata da un democristiano dissidente, il medico Giovanni Lopes, individua e assegna in contrada Scavone e a Macchitella le aree da destinare a questo tipo di edilizia residenziale. Un atto, questo, che era atteso da 15 anni, da quando cioè il parlamento nazionale aveva approvato, nel '62, la legge n. 167 che stabiliva che "i Comuni con popolazione superiore ai 50.000 abitanti o capoluoghi di Provincia sono tenuti a formare un piano delle zone da destinare alla costruzione di alloggi a carattere economico o popolare".

Ci furono parecchie resistenze, anche con manifestazioni eclatanti a Scavone, inscenate da parte dei titolari dei terreni espropriati. Qualcuno si barricò in casa per alcuni giorni con bandiere e megafoni. Ma torniamo alle cooperative edilizie. 

A garantire la costruzione degli alloggi concorrono i finanziamenti di Stato e Regione a tasso agevolato (variabile tra proprietà divisa e proprietà indivisa) che le banche offrono a copertura quasi dell'intero costo, tutelate dalla copertura di apposite leggi regionali, quando interessi e inflazione erano a due cifre. 

Il boom delle cooperative fece crescere improvvisamente l'economia di Gela, diede la casa a tanta gente, garantì lavoro per molti anni e aumentò il volume d'affari delle imprese commerciali del settore edile, frenando il preoccupante dilagare dell'abusivismo edilizio e della speculazione fondiaria. 

Dal '77 al 92 nacquero legalmente a Gela circa 500 alloggi. Il mutuo si pagava semestralmente. Agli assegnatari la legge però non garantiva il diritto di proprietà ma solo quello di superficie per 99 anni e severi vincoli per eventuali stipule di contratti di vendita o di locazione. Al centesimo anno era prevista o una ulteriore proroga di 33 anni o il passaggio dell'immobile al patrimonio comunale. Poco importa se i titolari lo avevano già pagato o se avevano apportato a proprie spese modifiche e migliorie.

Non solo. I titolari di questi alloggi sono tuttora obbligati a curare la gestione e la manutenzione di strade, rete idrica e rete fognaria, illuminazione e aree verdi di pertinenza delle loro palazzine o dei loro complessi residenziali. Condizioni che col tempo sono diventate sempre più onerose e motivo di contenziosi su confini e competenze con Comune ed aziende di gestione dei servizi pubblici. 

La soluzione a questo difficile stato di cose arriva il 23 dicembre del 1998, quando il parlamento nazionale approva la legge n. 448 che al comma 45 dell'articolo 31 consente ai comuni di "cedere in proprietà le aree comprese nei piani approvati a norma della legge n. 167/62" in favore dei soci delle cooperative. Il 24 ottobre del 2018, il commissario straordinario, Rosario Greco, recepisce la legge 448 e con i poteri del consiglio comunale delibera la cessione facendo propri i criteri di rimozione dei vincoli. La cessione ovviamente ha un onere per il socio. 

Un costo che va calcolato secondo una formula stabilita dalla stessa legge che tiene conto di vari fattori tra i quali i soldi già pagati per l'esproprio, rivalutati per gli anni trascorsi. La cifra finale, a Gela, è mediamente di 8.000 euro e corrisponde al "prezzo di prima cessione". La somma, che va versata al Comune, diventa quietanza per l'acquisizione della proprietà e rimuove i vincoli sul prezzo di vendita e sul canone di locazione.

Piccole ma utili modifiche vengono apportate dal consiglio comunale il 23 dicembre del 2019. A settembre, anche l'Assemblea regionale siciliana approva una sua legge che adegua la legislazione della Sicilia a quella nazionale. Nel mondo delle cooperative edilizie c'è soddisfazione e si chiede al nuovo sindaco, Lucio Greco, un incontro per istituire in municipio un apposito ufficio o uno sportello per le pratiche di cessione in proprietà delle aree.

«Ci siamo incontrati quattro mesi fa – dice Salvatore Crapanzano, esponente di spicco del movimento della cooperazione edilizia gelese – e malgrado le espressioni di impegno e di buona volontà di sindaco e giunta, ancora oggi non si è fatto nulla.  Abbiamo persino offerto la nostra collaborazione gratuita ma invano: ci viene negato un sacrosanto diritto e si blocca una rilevante fetta dell'economia immobiliare gelese». 

Perché tutto questo? Che succede al Comune? Possibile che nessuno tiene presente che se tutti i 500 soci decidessero di ottenere il diritto di proprietà totale il Comune potrebbe incassare 4 milioni di euro (8.000 x 500 = 4.000.000)?

Lo abbiamo chiesto al sindaco, Greco, titolare della delega al "Patrimonio", il quale però ha delegato alla risposta l'assessore all'Urbanistica, Giuseppe Licata. «Questa legge – dice Licata – non solo comporta introiti per il Comune ma risolve tanti problemi ai cittadini inerenti la cessione delle aree e le opere di urbanizzazione, fondamentali per acqua, luce, fogna, ecc.».«Di pratiche pronte, già ultimate ce ne sono assai – aggiunge l’assessore – ma sono ferme perché il nuovo dirigente (Simonetta Guzzardi – ndr) si è insediato da poco e vuole avere un quadro chiaro della situazione nella sua ripartizione».

«L'ufficio dunque c'è, esiste – spiega, Licata – gli atti sono pronti, manca solo la firma del dirigente». E poi illustra le iniziative politiche di questa giunta per migliorare il servizio. «La volontà dell'amministrazione – conclude l’assessore all’Urbanistica – è quella di istituire il tavolo tecnico con le cooperative per sbloccare l'iter amministrativo e procedurale, ma poi ti fermi perché impatti con la burocrazia e con il groviglio delle procedure da adottare». Ecco il motivo per cui chiederò al sindaco una disposizione di servizio per sollecitare la dirigente Guzzardi a porre una maggiore attenzione a questa attività».