Covid a Gela, nevrosi istituzionale, nasce comitato spontaneo «Sos Ospedale»

Covid a Gela, nevrosi istituzionale, nasce comitato spontaneo «Sos Ospedale»

Col salire dei contagi e, purtroppo, anche di alcune vittime, si temeva l'emergere se non di una psicosi collettiva, quantomeno di una nevrosi che si sarebbe incuneata tra i cittadini.

Invero, in parte assistiamo a qualcosa di molto simile, specie tra i genitori preoccupatissimi ed ansiosi per la carente informazione che ricevono dalle scuole sullo stato dell’arte dei contagi, scuole a loro volta costrette ad osservare un protocollo a tratti alquanto contraddittorio. 

Non ci è dato sapere se è così anche altrove, ma per quanto ci riguarda da vicino, la nevrosi che a Gela, obtorto collo, registriamo con certezza è più istituzionale che cittadina. Tra le istituzioni e la classe politico-amministrativa che vi alberga, la confusione regna totale. Un caos imperante, indubitabilmente figlio di un lassismo colpevole, a tutti i livelli ed a partire dal vertice del potere centrale, perpetratosi nei mesi estivi. Non è un caso che a rimarcarlo sia l'apice manageriale della clinica Santa Barbara, il dott. Francesco Crimaldi: «in quattro mesi non si è fatto nulla e, mentre il virus continuava anche se più debolmente a farci la guerra, noi abbiamo deposto le armi trovandoci oggi impreparati». 

Che la criticità fosse arrivata ad un livello piuttosto alto era desumibile dal duro comunicato politico diffuso ad inizio mese da Forza Italia. Il partito del deputato regionale Michele Mancuso e che ha nell'assessore comunale con delega alla sanità, Nadia Gnoffo, il coordinatore locale, ha sollevato una serie di dubbi in materia di tracciamento, tanto da giungere a sostenere che «i risultati dei contagiati non sono fedelmente rappresentativi, ma sovra o sotto stimati». 

A prescindere dall'attacco politico promosso dai forzisti nisseni al responsabile dell'area sud dell'Asp Cl, il niscemese dott. Alfonso Cirrone Cipolla, uomo politicamente moderato, ma per frequentazioni ed esperienze politiche, di certo non vicino ai berlusconiani, i dubbi sull'efficienza dello screening non sono frutto di pure invenzioni. Qualcosa non è andato finora per il verso giusto ed è ciò che, a ben riflettere, puntualmente si verifica quando si è costretti a rincorrere, cedendo a volte all'approssimazione, nonostante l'apprezzabilissimo aiuto dei tanti volontari, ancora una volta encomiabili nel loro impegno altruistico.

Passando poi dall'organizzazione dei tamponi esterni a quella che ha regolato il "Vittorio Emanuele", è come passare dal fornellino da campeggio al barbecue da giardino. Sostanzialmente, in ottica anti-covid i reparti occupati sono medicina generale e malattie infettive. Medicina generale per la degenza dei malati con pochi sintomi o disturbi legati al covid. Malattie infettive invece utilizzato come subintensiva (pneumologica), cioè all'emergere dei primi problemi respiratori. Attiva ma non ampliata l’intensiva, con 4 posti letti “normali” + 4 posti letto “covid” e personale apposito ridotto all’osso. Dove sono finiti allora i 12 posti letto previsti dal decreto assessoriale che recepiva, a luglio di quest'anno, in estate, la normativa nazionale sul potenziamento dei posti letto di terapia intensiva e subintensiva? Dove sono finiti i 10 posti letti di terapia intensiva promessi ancor prima, in primavera, da Eni? 

Il Piano covid aggiornato all’inizio di questo mese prevede per il “Vittorio Emanuele” 50 posti letto di subintensiva ed 8 posti letto d’intensiva. Va deserta la gara per lo sportello infettivologico? Bene, facciamo buon viso a cattivo gioco nell’emergenza e dedichiamo malattie infettive solo alla subintensiva legata al covid. Ci sono solo 8 posti letto in intensiva? Idem, togliamo i 4 posti letto ordinari e ne otteniamo interamente 8 solo per il covid. Lasciamo attivi solo oncologia e senologia ed il gioco è fatto: il “Vittorio Emanuele III” è covid-center, in conformità al piano regionale. Stai male per alte patologie? Che problema c’è? Vai al pronto soccorso e, se si riscontra qualcosa di negativo, la prima ambulanza utile ti porta a Caltanissetta. Un film già visto, del resto.

Oltre alla notizia della trasformazione del nosocomio gelese a centro-covid, a tenere banco in questi giorni sono state le vicende umane della famiglia Savà e dello sfortunato, a dir poco, Massimo Casciana. La famiglia Savà è stata letteralmente cancellata nel giro di pochi giorni in una “excalation” terrificante. Prima la madre settantaduenne, poi il figlio cinquantenne ed, infine, ad Agrigento il padre ottantenne. Dal canto suo, Casciana non viene operato per i due tumori alla testa, poiché positivo al covid: quando si dice che “piove sul bagnato”. 

Eventi che hanno fatto passare in secondo piano i numerosi casi di contagio che hanno coinvolto degenti (la stessa signora Savà è stata contagiata in reparto) ed operatori del presidio ospedaliero cittadino, ma che hanno comunque indotto la deputata regionale gelese del Movimento 5 Stelle, Ketty Damante, a depositare apposita interrogazione all'inizio di questa settimana, mentre un'altra interrogazione è stata appena depositata dalla stessa parlamentare regionale grillina, sulla mancata attivazione del pronto soccorso infettivologico.

E mentre in tutto questo il sindaco Lucio Greco naviga a vista, limitandosi a fungere da info-point, cittadini ed associazioni si riuniscono in un comitato spontaneo: “S.O.S. Vittorio Emanuele III”. Già individuata la sede in corso Vittorio Emanuele, con tanto di email per i contatti, Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo., pagina social ed un coordinamento in prima battuta composto da Luciana Carfì, Francesco Tilaro e Filippo Franzone.