Gestione vaccini, è guerra tra il manager dell'Asp e l’on. Damante

Gestione vaccini, è guerra tra il manager dell'Asp e l’on. Damante

Come nella più classica delle onde d'urto successive all'esplosione di una bomba, le polemiche tornano a travolgere lAsp nissena ed il suo management, nella gestione della pandemia covid.

Ad accendere la miccia stavolta sono state le enormi difficoltà organizzative e gestionali che hanno accompagnato questi primi mesi di vaccinazione, «un autentico disastro» come lo ha definito la parlamentare regionale grillina, Ketty Damante, subentrata nel collegio di Caltanissetta a Giancarlo Cancelleri, dimessosi per andare a fare il viceministro nel governo nazionale "Conte bis". 

Per l'on. Damante, il caos per la prenotazione e la somministrazione dei vaccini è sotto gli occhi di tutti: «non solo gli ultra ottantenni – spiega – sono costretti a rapportarsi con i computer e smartphone per capire dove e come essere vaccinati, quando poi riescono a collegarsi superando i continui disservizi tecnici, si vedono costretti a spostarsi per decine di chilometri in altri comuni in reparti ospedalieri organizzati alla meno peggio e costretti a code e assembramenti». 

Ciò – e non solo – ha indotto la deputata regionale pentastellata a predisporre oltre la nota ufficiale, anche un atto parlamentare per denunciare i continui disservizi nel sistema vaccinazioni nel sud del nisseno, da Riesi a Mazzarino, passando per Niscemi e Gela. Nel far ciò, non le manda certo a dire né al vertice dell'asp, né a quello del nosocomio gelese: «anche nel caso in cui - prosegue - le prenotazioni miracolosamente giungano a buon fine, come può un anziano non autosufficiente che abiti lontano dai centri di vaccinazione raggiungerli?

Ma i disservizi riguardano anche per gli ospedali individuati come centri per le vaccinazioni. Che occorra evitare gli assembramenti per i vaccini negli ospedali di Gela e Caltanissetta è talmente evidente che una decisione così strampalata non può essere frutto del caso, ignoranza, imperizia. Come può immaginare l’assessore Razza che i problemi possano essere governati e risolti da un direttore generale strategico, Alessandro Caltagirone, disponibile solo un giorno a settimana a gestire l’asp di Caltanissetta? E come può procedere il lavoro del direttore sanitario dell’ospedale di Gela, Fiorella, rientrato dalla quarantena covid, ma presente a Gela anche lui solo un giorno alla settimana?». 

Con l'aggravante che vede al "Vittorio Emanuele III" di Gela, individuare il centro di vaccinazione nel reparto di chirurgia: «reparto che – ricorda la Damante – era stato senza primario, per motivi di salute, da due anni. Adesso che il primario è rientrato il reparto viene utilizzato per le vaccinazioni. Rimangono infatti all’ottimo primario solo 4 posti in ortopedia e a un reparto così vitale per Gela viene di fatto, impedito di funzionare. La senologia non ha destino migliore. Vi erano infatti 18 posti in chirurgia di cui 4 per gli interventi di senologia.

Con le vaccinazioni al secondo piano, coloro che hanno subito una mastectomia devono accontentarsi di qualche posto in ginecologia che dispone solo di due stanze. Non sarebbe meglio organizzare, come suggeriscono da Riesi, i poliambulatori di ogni città per fornire questo vitale servizio alle fasce deboli della popolazione? Possibile sia così difficile pensarci? La Regione ne risponda immediatamente. Ma anche se lo facesse – conclude – lo farebbe già in un mostruoso ritardo».

La beffa, stando a quanto emerge dalla denuncia dell'on. Damante, è che si era detto che l'ospedale di Gela sarebbe rimasto uno “Spoke” a tutti gli effetti e non ridotto ad un mero “presidio covid”. I fatti poi ci dicono che, al fine di contenere mediante ricovero l'emergenza covid, per incardinare un servizio come quello delle malattie infettive, orfano di reparto, si occupa il piano di medicina generale.

Ora per le vaccinazioni si invade quello di chirurgia, intaccando anche la "breast unit", uno dei due fiori all'occhiello del nosocomio gelese, accanto l'hospice. Senza dimenticare le vicissitudini riguardanti l’ultima ubicazione del pronto soccorso. Anzi, a proposito, ci chiediamo se non fosse stato più ragionevole, sul piano logistico, del distanziamento e quant'altro, utilizzare per le vaccinazioni le stanze che ospitavano il vecchio pronto soccorso, anziché destinarle al Cup (Centro unico prenotazioni) che in questo periodo di covid, peraltro, funziona solo telefonicamente ed impegna di fatto giusto una stanza? Mah!

La replica alla Damante da parte del manager dell’Asp Cl2, Caltagirone, non è tardata ad arrivare. Una reazione piccata, quella di Caltagirone che risponde alla deputata regionale, tacciandola praticamente di vaneggiare, perché tale è il verbo quando si esprimono pensieri lontani dalla realtà. Una replica che però non entra nel merito e che del resto non è arrivata quando a tuonare sulle vaccinazioni sono stati altri politici e sindacati. Evidentemente, quando si accusa genericamente il management, il “politically correct” suggerisce di stare zitti e lasciare stare. Quando invece si è chiamati “populisticamente” in causa per nome e cognome, è d’obbligo intervenire.

Ma le tegole cadute sulla gestione della sanità nissena e gelese in particolare, non sono finite qui. Torna a scrivere il Comitato per lo sviluppo dell’area gelese (Csag) che ci ricorda: «La storia dell’Utin di Gela. Prevista e pubblicata in Gurs – rammenta il portavoce, Filippo Franzone – il 18 giugno 2010, attende, a distanza di 11 anni, di essere attivata. Nel contempo tante volte, nella rimodulazione ospedaliera regionale, è stata riconfermata, ma in barba ai decreti assessoriali, alle leggi regionali, alle necessità del territorio gelese che ha un alto indice di nuovi nati e purtroppo anche un alto indice di malformazioni neonatali, l’Asp Cl 2 non vuole attivarla».

Insomma, per il Comitato per lo sviluppo dell’area gelese (Csag) la questione non è più configurabile in termini di difficoltà. C’è proprio una mancanza di volontà: «in questi 11 anni il Csag ha fatto promuovere interrogazioni parlamentari, ha svolto incontri con la Commissione parlamentare regionale alla sanità, ha fatto in modo che programmi nazionali come Mi Manda RaiTre e “Tv7” accendessero i riflettori sulla vicenda, ha incontrato i vari direttori asp che si sono succeduti, ha incontrato assessori regionali alla sanità, ha scritto più volte al ministro della Salute, alla Commissione senatoriale all’Igiene e Sanità, ha promosso “sit-in”, cortei, convegni e manifestazioni varie, ha depositato persino un esposto, il 23 settembre 2020, presso il Tribunale di Gela, ma niente, niente di niente.

Sicchè, La pubblicazione  nella Gazzetta ufficiale della Regione siciliana dell’attivazione dell’Unità di terapia intensiva neonatale a Gela rimane solo sulla carta». Atti parlamentari ed assessoriali della Regione non sono stati volutamente applicati, senza alcuna sanzione, secondo il Csag che ora si chiede cosa succederà nel momento in cui «a sovrapporsi a tutto ciò, è stato emanato un ultimo decreto assessoriale, pubblicato in Gurs il 19 febbraio 2021, relativo alla “Riorganizzazione  dei Punti di trasporto assistito materno (Stam) e in emergenza neonatale (Stan)”. Gela, essendo sede di Utin (sulla carta), insieme ad altre 9 città siciliane – sottolinea Franzone –  è individuata come punto “Stam” e “Sten”, ai sensi dell’art. 2 del decreto sopra citato». 

La norma in questione recita: “I direttori generali presso cui insistono i Punti Sten e Stam dovranno porre in essere tutte quelle azioni necessarie a garantirne la piena funzionalità”. E “dovranno” sottintende un obbligo, fanno notare dal Csag: «il Direttore dovrà attivare subito il Punto Stam e Sten di Gela, ma accompagnare mamme con problemi legati al nascituro o neonati con gravi problemi a Gela, senza Utin, non è a dir poco un azzardo? Oppure come sovente avviene, si ignora la Legge e, oltre a continuare con la farsa dell’Utin, si inaugura anche quella del punto Stam e Sten? In sostanza – chiosa Franzone – la domanda che tutti ci poniamo è la seguente: l’Asp Cl 2, deve o non deve rispettare le leggi?».

C’è un ultimo aspetto, relativo ai posti di terapia intensiva promessi Eni un anno fa, su cui piuttosto siamo noi, in conclusione, a tornare ad evidenziare. E lo facciamo terminando con una domanda, in aderenza al ruolo che ricopriamo. Un anno fa Eni prometteva di finanziare 10 posti di terapia intensiva. L’assessorato regionale ne individuava successivamente addirittura 12 di posti letto, con relativa copertura finanziaria.

Secondo le linee guida del Ministero della salute, il “Vittorio Emanuele III” di Gela, Dea di II livello, deve disporre di 8 posti letto di terapia intensiva e 6 posti letto di terapia semi-intensiva. In totale fanno 14. Per integrare i posti letto mancanti, le linee guida ministeriali fissavano l’aggiudicazione dell’appalto entro il 25 novembre 2020 e la conclusione dei lavori entro il 25 gennaio 2021. Nulla di tutto questo è stato rispettato. Perché?