Eni in simbiosi con il territorio, ma perché ricino e cotone in Africa e non nella piana di Gela?

Eni in simbiosi con il territorio, ma perché ricino e cotone in Africa e non nella piana di Gela?

Pur con la morte della raffinazione tradizionale, Eni non ha mai avuto l'intenzione di abbandonare Gela che, per la sua produzione geografica, oltre che per le risorse estrattive, rappresenta un sito strategico fondamentale per il cane a sei zampe.

La conferma era già contenuta nello stesso protocollo del 2014 con l'inclusione del progetto Argo-Cassiopea, trascinato negli anni dalle lungaggini burocratiche ed autorizzative. Un progetto che prevede la realizzazione di 4 pozzi sottomarini per la coltivazione del gas naturale e che permette ad Eni di rinnovare la sfida per l'indipendenza energetica lanciata da Mattei più di mezzo secolo fa e tornata oggi di grande attualità. 

Un messaggio chiaro, come peraltro traspare dalle due pagine che l'autorevole quotidiano la Repubblica ha dedicato alle attività di Eni su Gela, attraverso le sue società, passando in rassegna quanto registrato dai media locali durante gli ultimi otto anni: dalla decarbonizzazione che passa attraverso la bioraffineria alimentata da oli esausti e l'impianto btu che trasforma biomasse, al gnl che rifornirà le navi ed il biojet che farà volare gli aerei. Senza dimenticare le bonifiche e lo smantellamento del vecchio petrolchimico che oltre a donare alla città lo “skyline” degli anni ‘50, vedrà alcuni reperti conservati in una sorta di museo di archeologia industriale da mostrare alle scolaresche e comitive di turisti in visita. 

Sicché, nel reportage giornalistico di Repubblica, i vertici apicali di Enimed, Rage ed Eni Rewind, ribadiscono ad una platea più allargata, termini, concetti e politiche già note all'opinione pubblica cittadina. EniMed, che gestisce le attività di estrazione a Gela, tra i pozzi in terraferma ed i giacimenti a mare attraverso le tre piattaforme offshore (Prezioso, Perla e Gela 1), torna a spiegare che «lo sviluppo dei giacimenti di Argo e Cassiopea prevede la realizzazione di 4 pozzi sottomarini per la coltivazione del gas naturale, con una riserva stimata di 10 miliardi di metri cubi di gas, cioè il 40 per cento dei consumi della Sicilia e dieci volte di più di quanto l’isola produce attualmente».

Impatto ambientale? «Nessuno scarico a mare ed emissioni prossime allo zero, comunque equilibrate da un impianto da un megawatt di pannelli fotovoltaici». Con in serbo nuovi sondaggi nella sua zona di concessione, dove Enimed conta di poter scoprire nuovi giacimenti. 

Dal canto suo Eni Rewind (Aziendale ambientale di Eni) spiega che accanto la riconversione, edifici bassi ed impianti controllati da posizione remota, si bonificano terreni, falde acquifere e si smantella un intero sito industriale, «lasciando libere diverse aree per l’insediamento di nuove aziende, tra cui una che coltiverà crostacei».

Insomma, «interventi per quasi un miliardo di euro», con un incremento in programma di «ulteriori duecento milioni di euro», che permettono quella riconversione che ha nella bioraffineria la sua punta di diamante.

Rage (Raffineria di Gela) spiega così che dopo tre anni dall’avvio, «si producono 710 mila tonnellate di biocarburanti con un abbattimento delle emissioni del 70% rispetto alle lavorazioni tradizionali», grazie all’utilizzo di scarti ed oli vegetali (al posto del famigerato pet-coke) «che non rientrano nella catena alimentare e non interferiscono con l’agricoltura tradizionale»; mentre a metà del 2024 sarà pronto Eni Biojet la cui produzione equivarrà all’intero mercato potenziale italiano dei rifornimenti agli aerei. Una scommessa “green” vinta e che «ha salvato 3000 posti di lavoro tra diretto ed indotto», perché Gela ha diritto e «si merita un futuro».

Ne scaturisce uno scenario a tratti romanzato ed esaltato dalle dichiarazioni, per quanto lecite, assolutamente positive ed entusiaste degli intervistati. Ma ci sarebbe altro da aggiungere e che poco convince. Intanto in tema di bonifiche, il ritardo è evidente. Molto meno all’interno del perimetro del sito industriale (di competenza Eni Rewind), che all’esterno (di competenza delle Istituzioni nazionali, regionali e locali), ma c’è.

Inoltre non si comprende quale futuro desidera per questa città Eni, nel momento in cui autorizza e concede un’area dell’ex petrolchimico, prossima al centro abitato, per insediare un impianto alimentato dai rifiuti indifferenziati di mezza Sicilia, facendo di Gela un’autentica pattumiera. Altresì, desta non poche perplessità vedere Eni accogliere navi che arrivano «dal porto di Mombasa, in Kenya, con olio vegetale prodotto nell’agri-hub di Makueni, dove avviene la spremitura di sementi di ricino, di croton e di cotone.

Ne arriveranno 2.500 tonnellate fino a dicembre e 20 mila tonnellate nel 2023». Considerato, infatti, che Eni parla tanto di economia circolare, perché allora un agri-hub in Africa e non in loco, cioè nell’immensa piana di Gela, che la storia passata ha raccontato prestarsi benissimo a tali colture, vedi soprattutto il cotone?