Il crimine a Gela non va in ferie

Il crimine a Gela non va in ferie

)A Gela, il crimine non conosce tregua, nemmeno durante l’estate. Anzi, sembra proprio che preferisca il periodo di Ferragosto per mettere in scena i suoi episodi più inquietanti.

Una criminalità che si rinnova nei volti sempre più giovani dei suoi protagonisti, un fenomeno che sta diventando una vera e propria emergenza sociale e giudiziaria. A lanciare l’allarme è stato il procuratore della Repubblica di Gela, Salvatore Vella, che, assieme al sostituto Fabrizio Furnari, ha voluto denunciare pubblicamente la gravità della situazione, evidenziando il ritorno di un clima pesante legato al malaffare e a una recrudescenza della criminalità giovanile. Una deriva che preoccupa, e non poco.

L’agguato di via XXIV Maggio

Il caso che ha riacceso i riflettori sulla questione è il tentato omicidio avvenuto il 16 agosto scorso, quando in via XXIV Maggio, nel quartiere «Borgo», a pochi passi dalla centralissima villa Garibaldi, un 42enne, Emanuele Cauchi, è stato raggiunto da cinque colpi di pistola. A premere il grilletto sarebbe stato Samuel Romano, 19 anni, incensurato, spalleggiato da un complice non ancora identificato. Entrambi avevano il volto coperto da caschi integrali.

La ricostruzione dei fatti è agghiacciante per la sua assurdità, una sorta di regolamento di conti tra giovanissimi. All’origine del gesto ci sarebbe infatti un banale e tragico dissidio sentimentale: il figlio 17enne di Cauchi avrebbe iniziato a frequentare l’ex fidanzata di Romano, suscitando la sua rabbia. A quanto pare, tra i due giovani c’è stato un confronto finito con uno schiaffone. Il ragazzo, tornato a casa, avrebbe raccontato tutto al padre, il quale avrebbe deciso di intervenire chiedendo un chiarimento. Ma all’appuntamento, avvenuto nel primo pomeriggio del 16 agosto, Cauchi si sarebbe presentato con un manganello. Romano, dal canto suo, si sarebbe presentato armato di una pistola a tamburo. I cinque colpi esplosi hanno ferito il 42enne all’addome e a una coscia. Illeso, per puro caso, un anziano che transitava nella zona.

Subito dopo l’aggressione, Romano si sarebbe allontanato da Gela con sorprendente freddezza, recandosi a Butera per partecipare ai festeggiamenti in onore di San Rocco. È stato identificato e arrestato poche ore dopo dai carabinieri del Reparto Territoriale di Gela, guidati dal tenente colonnello Marco Montemagno, grazie anche all’ausilio delle telecamere di sorveglianza della zona.

L’ordine di custodia cautelare in carcere è stato emesso dal gip Eva Nicastro, che ha accolto le richieste della Procura con le ipotesi di reato di tentato omicidio, porto e detenzione abusiva di arma da fuoco. La pistola non si trova. Romano se ne sarebbe disfatto dopo il tentato omicidio. Dice di non averla comprata ma di averla trovata casualmente, tempo addietro, ai margini di un strada  di periferia. Un dettaglio poco convincente che ha spinto il procuratore Vella a esprimere una ulteriore preoccupazione: «A Gela – ha dichiarato il magistrato – è diventato troppo facile anche per un giovane incensurato procurarsi un’arma da fuoco. Questo è il dato più allarmante».L’indagato è difeso dall’avvocato Flavio Sinatra.

Cauchi, dal canto suo, dopo essere stato medicato in ospedale, ha fatto ritorno a casa, senza fornire grande collaborazione agli inquirenti. Il colonnello Montemagno  ha sottolineato l’atteggiamento reticente e poco collaborativo della vittima.

La “spaccata” in gioielleria: assalto in pieno centro

Come se non bastasse, pochi giorni dopo, il centro storico di Gela è stato teatro di un altro episodio inquietante. Due malviventi, travestiti da imbianchini, con tute integrali, mascherine sanitarie e armati di grosse mazze da fabbro, hanno messo a segno, in pieno giorno, una «spaccata» alla gioielleria di via Damaggio Fischetti, quasi all’angolo con corso Vittorio Emanuele, proprio di fronte alla chiesa del Rosario.

L’azione è stata fulminea, violenta, e soprattutto sfrontata. I due hanno attraversato a piedi il corso, incuranti della presenza dei proprietari all’interno del negozio, e hanno sfondato la vetrina, impossessandosi di gioielli per un valore stimato di circa 30 mila euro. Durante la fuga, si sono disfatti delle mascherine e delle tute. Una di queste presentava evidenti macchie di sangue, probabilmente causate dagli appuntiti frammenti di vetro. Un dettaglio che potrebbe risultare decisivo per l’identificazione. Gli investigatori, infatti, stanno già analizzando il DNA raccolto e le immagini delle telecamere di video-sorveglianza.

Il furto-bis  del defibrillatore di piazza San Biagio

A peggiorare un quadro già fosco, si è aggiunto anche un episodio che, per la sua gravità simbolica e civile, ha destato sdegno unanime. Il 25 agosto è stato nuovamente rubato il defibrillatore collocato in piazza San Biagio, di fronte al cimitero monumentale di Gela. È la seconda volta in meno di un anno che viene sottratto  questo dispositivo salvavita, installato per soccorrere chiunque sia colpito da un arresto cardiaco.

Il gesto è stato ripreso dalle telecamere, e le immagini sono ora al vaglio delle forze dell’ordine. Rubare un defibrillatore significa mettere a rischio la vita di un’intera comunità. È un’azione che va oltre il reato. E’ una prova di inciviltà, di ignoranza, di disprezzo per il bene collettivo. Un atto che priva Gela di uno strumento essenziale, il cui utilizzo – se non corretto – può persino peggiorare una situazione di emergenza cardiaca.

Il campo sportivo incendiato 

Il momento più doloroso, però, è forse quello che ha colpito l’Asd Virtus Gela Calcio. L’unica vera alternativa per tanti ragazzi della periferia, dove mancano impianti sportivi pubblici e centri di aggregazione, è stata bersaglio di un vile atto vandalico. Nella notte tra il 17 e il 18 agosto, ignoti hanno dato alle fiamme il campo in erba sintetica del quartiere Settefarine, versando liquido infiammabile sul manto e appiccando il fuoco.

Un danno non solo materiale (si parla di un investimento di 30 mila euro)  ma soprattutto morale. Il campo era stato completamente rinnovato grazie all’impegno personale e alle risorse di Dino Lancianese, infermiere in pensione ed ex calciatore della storica Juventina Gela. Da anni, Lancianese si occupa dei giovani del quartiere, accogliendoli nella sua società sportiva senza alcuna discriminazione, anche se non possono permettersi la quota d’iscrizione.

«Non abbiamo mai avuto problemi con nessuno. Questo campo è sempre stato un luogo di gioia, di sport, di speranza per decine di ragazzi. E ora tutto questo viene calpestato», ha dichiarato con amarezza e delusione. La risposta della città non si è fatta attendere. Messaggi di solidarietà sono arrivati dal sindaco Terenziano Di Stefano, dall’assessore allo sport Peppe Di Cristina, da tutta la giunta municipale e dalla presidente del consiglio comunale Paola Giudice. Anche la Lega nazionale dilettanti ha fatto visita alla struttura, donando simbolicamente il “Pallone della solidarietà” a Lancianese e promettendo supporto per ripristinare il campo.

Una città ferita ma non sconfitta

Gli episodi degli ultimi giorni restituiscono l’immagine di una città ferita, tormentata da vecchi e nuovi fantasmi: vendette private che degenerano in sparatorie, bande che agiscono in pieno giorno con totale impudenza, furti di strumenti salvavita e atti vandalici contro chi offre opportunità ai giovani.

Eppure, tra le fiamme e il piombo, tra i silenzi e le connivenze, si intravede ancora una parte sana della città: quella che resiste, che costruisce, che si rimbocca le maniche. È il volto di Gela che non si arrende. Ma da solo non basta. Servono risposte forti, investimenti concreti in legalità, sport, cultura. Servono controlli più capillari, ma anche percorsi educativi duraturi.

Perché se è vero che a Gela il crimine non va mai in ferie, è anche vero che la speranza, se nutrita e difesa, non va mai in pensione.

E dal Comune di Gela arrivano elementi di speranza legati a opere del PNRR che stanno andando in gara d’appalto. Un primo blocco da 950 mila euro prevede la realizzazione di un campo di basket/pallavolo, un campo da tennis, piste e pedane per la pratica di atletica leggera, a Macchitella, vicino al MC Donald.

Un secondo blocco dell’importo di un milione e 700 mila euro  prevede la rigenerazione e la rifunzionalizzazione dell’impianto sportivo «Stadio Vincenzo Presti».