Il miracolo dimenticato del buon padrino

Il miracolo dimenticato del buon padrino

La memoria, individuale o collettiva, non accetta regole, consuetudini, tradizioni; non segue gerarchie né priorità.

Disconosce la morale, il sentimento, il bene e il male. E’ inaffidabile, imprevedibile. Ma non può essere elusa né ignorata. Si prende il centro della scena ogni volta che lo vuole, qualunque sia il luogo, la circostanza, il carattere degli eventi che decide di seppellire o diseppellire. Mira anzi a sorprendere, marcare il territorio, mostrare il suo potere. La memoria è, in una parola, piacerosa: si diverte a farsi beffe delle intelligenze, talenti, competenze.

Se così non fosse la straordinaria notte vissuta a Gela il 26 aprile 1963 avrebbe guadagnato una pagina di storia, almeno un titolo a tutta pagina, e il suo indiscusso protagonista avrebbe guadagnato una buona motivazione per affidare ai postulatori di Santa romana chiesa l’istruzione di un processo di beatificazione. Potrebbe trattarsi di un miracolo, in definitiva. 

La notte fra il venerdì 26 del mese di aprile 1963, e il sabato successivo, una folla assiepata nella Chiesa Madre di Gela assistette al battesimo di un influente cittadino gelese – che chiamerò Santino Prestigiacomo, (doveroso il diritto all’oblio) – segretario della locale sezione del Partito Comunista Italiano di Gela e capopopolo di indiscussa abilità.

Fu una conversione pubblica. Fino al giorno prima Santino era stato il nemico giurato della “la setta papale”: la sua era un’avversione irriducibile. Chiunque avrebbe giurato sulla sua lealtà verso il partito. Era diventato il simbolo vivente della falce e martello. Fede, vocazione, appartenenza erano la sua trinità.

Agli occhi delle gerarchie ecclesiastiche era un muro invalicabile, un confine insuperabile fra il popolo di Dio, stretto attorno alla Santa Chiesa, e l’onda rossa, che in ogni competizione elettorale rovesciava nelle urne una montagna di suffragi. Ogni vigilia elettorale perciò popolava di incubi il sonno della curia locale, come se il fiume inarrestabile di voti rossi a Gela potesse far crollare ogni argine, perfino la cortina di ferro, e consegnare alle orde di Stalin e Krushiov l’invitto esercito di Dio. 

La conversione di Santino, dunque, fu un miracolo, ancora oggi disconosciuto, per volontà di entrambe le “chiese”, quella cattolica e l’altra comunista, interessate a seppellirne il ricordo. La conversione è stata, a torto o ragione, rimossa dalla coscienza di entrambe le parti in causa e di essa non si trova nemmeno un rigo. E nemmeno una memoria orale. Sulla conversione pesano infatti i sospetti di una messa in scena, costruita sapientemente per regalare al suo propugnatore, Giuseppe Alessi, quel che serviva per ottenere il seggio al senato. Miracolo “mascariato”, dunque.

Restano i fatti, comunque. Fu una conversione religiosa, legittima ed inequivocabile, ma anche una conversione politica, altrettanto legittima, poiché trasformò l’onda rossa, alta e irrefrenabile, alle urne in una placida striscia d’acqua che si infranse, lieve, sulla battigia. Convissero “grazia, unzione, illuminazione, veste d’immortalità, sigillo”, i doni del più alto dei sacramenti, il Battesimo, con il più desiderato dei regali, un posto di lavoro, grazie al quale la famiglia, numerosa, di Santino poteva guardare con serenità il futuro. Una gratificazione del Padreterno, che certo gioì del ritorno all’ovile di una pecorella smarrita. 

La rigenerazione spirituale e materiale del “compagno” Santino aggiunse ai tanti meriti del padrino, – giurista e legislatore insigne, uomo di saldi principi, di brillante eloquio, e fondatore, insieme a Salvatore Aldisio – della Democrazia Cristiana - quello di avere condotto sulla strada maestra il nemico giurato della “setta Papale”.

Furono le circostanze, ancor prima del fatto, ad addomesticare l’onda rossa: la conversione si svolse infatti a conclusione della campagna elettorale ed a poche ore dall’apertura delle urne, quando la sua carica emotiva aveva raggiunto il suo acme, e non c’era stato tempo di ragionarci sopra e, togliendo al Battesimo di Santino l’aura di eccezionalità che s’era conquistata sul campo. 

L’eco del memorabile comizio in Piazza Umberto I°, che precedette la cerimonia religiosa in Chiesa, ad abundantiam, fece la sua parted, contribuendo a restituire, l’immagine dell’uomo della Provvidenza. Colui che aveva riportato all’ovile il nemico della Setta Papale possedeva qualità e  carisma per guidare la rinascita di Gela, che nel 1963 attraversava il Rubicone grazie al petrolio ed alla fabbrica. A Peppino Alessi, dunque, nume tutelare di Gela, dotato di potere salvifico, si poteva affidare il futuro della città. 

Raccontare lo straordinario evento, nei suoi particolari, è difficile. Non partecipai, infatti, alla liturgia del Battesimo, che segnava la conversione di Santino. Rimasto in piazza con alcuni amici, attesi che la liturgia si concludesse. Ciò che so, perciò, mi è stato raccontato e, in qualche misura è frutto della mia prudente immaginazione e delle mie conoscenze liturgiche, che non sono approfondite.

Concluso il comizio, in un tripudio di consensi, Peppino Alessi scese dal palco e raggiunse la Chiesa Madre, dove, nella qualità di padrino, avrebbe garantito che la scelta di Santino fosse libera e consapevole e la vita pregressa, onesta e buona. Fu spalancato il portone grande della Chiesa, illuminata a festa, e la platea del comizio si contese i posti di prima fila. Peppino Alessi, imperturbabile e sereno, un sorriso rassicurante, avanzava con un passo grave distribuendo sorrisi e strette di mano. 

Entrato in chiesa, fece il segno della croce e raggiunse l’altare maggiore fra ali di folla, e qui fu accolto da Monsignor Federico, vicario foraneo, e dalla curia, che per Alessi aveva grande devozione. Pochi sapevano quel che stava per accadere, l’evento non era stato annunciato. Ma nessuno ebbe a meravigliarsi del repentino e imprevisto trasferimento. Il vento della nuova Chiesa, Papa Giovanni XXIII  regnante, soffiava solo entro le mura del Vaticano, nemmeno un alito di quel vento aveva attraversato lo Stretto.

Le commistioni fra fede e politica non scandalizzavano alcuno. Santino indossava una sciarpa bianca, come pretende la liturgia, accolse il padrino con un lieve imbarazzo: mezzo inchino e la mano timidamente allungata in avanti. Giuseppe Alessi lo strinse a sé invece in un abbraccio vigoroso. Le tre navate della grande Chiesa accolsero una folla immensa.

Santino accettò le abluzioni rituali ed il bagno propiziatorio con serenità, ascoltò senza emozione le parole della liturgia e tenne per tutto il tempo il capo abbassato. Una specie di letargo penitenziale. Si svegliò una sola volta allorché cessò il brusio della folla e il celebrante richiamò a sé la folla. Allargando le braccia, Monsignor Federico fece l’atteso annuncio: la comunità cristiana accoglieva con gioia Sentino.

Come se si fosse liberata di un grumo in gola, dalle prime file si levò un caloroso plauso. Il giubilo raggiunse immediatamente le quarte e quinte file, come l’ola degli stadi di calciò, e fu una manifestazione di genuina corale partecipazione. Il celebrante lesse alcuni brani della Scrittura, tratti dal Vangelo secondo Matteo. “….Andate dunque e fate mie discepole tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutte le cose che vi ho comandato….” Si concesse una pausa e poi riprese: “Mediante il Battesimo siamo liberati dal peccato e rigenerati come figli di Dio, diventiamo membra di Cristo; siamo incorporati alla Chiesa e resi partecipi della sua missione. Baptismus, concluse, est sacramentum regenerationis per acquam in verbo….”

La narrazione dei fatti, ottenuta da due testimoni oculari,  fu più volte inframmezzata da malevoli giudizi e da espressioni polemiche orribili, come “messa in scena indecorosa” e “sovrumana ipocrisia”. A scanso di equivoci faccio presente che non tollerai le espettorazioni di bile, ricordai ai critici la loro nota professione di ateismo e i vecchi ben noti pregiudizi verso il clero locale. Rivendicarono, a loro scusante, una consuetudine al rispetto per la Chiesa e la fede cristiana. Erano stati educati in famiglie cattoliche. Quanto a Santino, riferirono di essere rimasti impressionati dalla sua immobilità. La sua faccia pareva scolpita, a sentir loro, forse tradiva una profonda prostrazione. L’atteggiamento di chi si sente in colpa? 

“I suoi occhi rimasero asciutti, niente lacrime…”, riferirono con aria scandalizzata. 

“L’atteggiamento di chi si fa un esame di coscienza”, dissi, provando ad indovinare. 

“Entrerà nel Regno di Dio”, ironizzarono all’unisono. 

“E il padrino?”, domandai. 

“Mai un gesto, una parola di troppo: la sua è stata una presenza sobria e meditata, quale si conviene a chi sa stare al mondo…e in Chiesa.”

 “Lacrime sul volto di Santino? Non ne abbiamo notizia. Chi le ha notate si trovava in prima fila,  è plausibile che sia stata la partecipazione emotiva di Santino.”, spiegarono.

La liturgia si concluse subito dopo mezzanotte, e la campagna elettorale, che come una campana a martello fino ad allora pronosticava la sconfitta del candidato, stava per subire una svolta, propiziata dalla conversione di Santino. 

Nei ragionamenti che seguirono, a proposito o a sproposito, venne tirato in ballo il Padreterno. Sarebbe stato Lui a punire gli autori della carognata ai danni di Peppino Alessi: quei notabili della Dc che l’avevano relegato nel collegio impossibile di Gela-Piazza Armerina. Santino presto fu dimenticato. Nessuno infierì sul suo tradimento. Meglio così. Era padre di figli, tanti figli, e la sua maschera di capopopolo senza macchia e senza paura non fu cancellata, grazie all’aura di brava persona, quale probabilmente era. 

E’ lecito nutrire qualche dubbio sulla chiamata di Dio ricevuta dal segretario dei comunisti gelesi. L’adesione alla Dc fu giudicata una conseguenza naturale della conversione religiosa. Non c’era una netta linea di demarcazione fra Democrazia Cristiana e Chiesa. A parte il risultato elettorale al Senato, il battesimo pubblico lasciò le cose come stavano. 

La storia di Santino e del suo padrino, Peppino Alessi, è stata rimossa, dimenticata. Eppure si è trattato…di un miracolo. Laico e non cristiano. Fu un episodio senza precedenti e irripetibile. Dove la trovate una conversione pubblica di un dirigente politico comunista che cambia le sorti dellacampagna elettorale?