Il pittore Giovanni Iudice: «Gela, città senza futuro»

Il pittore Giovanni Iudice: «Gela, città senza futuro»

Amministrazione Greco scollata dalla realtà, già vecchia di testa in partenza.

Il peggio della nostra società fa politica, mentre le competenze e le intelligenze sono relegate ai margini. Consulta della cultura? Chiedete all’assessore al ramo, ad oggi rimane una vicenda vergognosa e offensiva.

Una delle espressioni verbali più usate ed abusate nell'ultimo decennio è quella secondo cui occorre “investire nella cultura”, specie in questa città che si ritrova a gestire la complicatissima fase post-petrolchimico, con la riconversione ad un'industria eco-sostenibile e più “leggera”, anche nell'impatto con il tessuto economico cittadino che per mezzo secolo è stato letteralmente dominato dallo stabilimento.

Ma che significa investire in cultura e come si concretizzano operazioni a tale scopo? Lo abbiamo chiesto ad uno dei concittadini più illustri nel panorama culturale locale e non solo, un artista a tutto tondo, un maestro della pittura e non a caso uno dei tre esperti designati a collaborare a stretto contatto con la “consulta della cultura”, Giovanni Iudice: (nella foto) «la cultura in questa città – risponde perentoriamente Iudice – è l’unica certezza rimasta per vocazione storica. Ciò semplicemente perché deriva dal nostro passato.

Abbiamo palazzi storici per creare luoghi d’arte e museo archeologico, nonché la naturale vocazione del paesaggio che molti ci invidiano. Per cui, non occorrono idee faraoniche o chissà quale contaminazione moderna, noi abbiamo già tutto, occorre solo mettere in ordine le cose, ma con competenza perché di improvvisazioni ne siamo stanchi e, soprattutto, non possiamo più permettercelo». 

Quindi? «Occorre investire – prosegue – con oculatezza, studiandone cioè le ricadute economiche e occupazionali. Solo così si può avviare una seria piattaforma a lunga gittata negli anni a venire. Lo dico da parecchi anni, abbiamo tesori in città che valgono il futuro dei nostri figli ma vi sono pure seri problemi di palazzo, quelli che riguardano i loro inquilini più che altro, perché il peggio della nostra società fa politica e non possiamo vedere le competenze e le intelligenze ai margini di queste cerchie dirigenziali.

Tutti ci accorgiamo che anziché occupare il tempo per i problemi reali della città, tra cui l’economia e il proprio indebitamento di immagine che è causa primaria da dove possono derivare i futuri investimenti, si adoperano per litigare ed alzare inutili polveroni, neanche fossimo tra ideologie culturali differenti, perché una cittadina così povera e spoglia di opportunità, possa essere arroccata in questi formalistici intralci.

E mi dispiace dirlo, dipende dalla caratura politica, credo, dovuta pure da qualcuno che vuole generare del male, qualcuno che vive di risentimento, destabilizzando nell’ombra ed orchestrando le masse. Ma la “Cultura”, quella con la “c” maiuscola, non è un fatto solo di saperi, bensì un processo di democratizzazione, un embrione ancora lontano da una forma mentis della nostra classe dirigente che asserve solo cortigiani/e». 

L'idea di una “consulta della cultura”, nel suo piccolo, poteva contribuire nel fornire idee e suggerimenti, ma su di essa sembra essere calato il silenzio: «la questione andrebbe rivolta all’assessore Malluzzo – precisa Iudice – che fa “orecchie da mercante”. Malluzzo asserisce come ufficiale un organismo mai ufficialmente convocato, né vi è carta scritta di incarico sia a me che Silvana Grasso ed Alberto Ferro.

Evidentemente, l’assessore Malluzzo non sa cosa sia la questione amministrativa e diplomatica con i suddetti interessati, investiti pubblicamente da sue dichiarazioni pubbliche illo tempore sui giornali e cosa ancor più grave, da una delibera di Consiglio. Rimane un mistero. Forse ci ha ripensato? Qualcuno lo intralcia? È chiaro ed evidente, che i tre indicati per la consulta, debbano come minimo avere una spiegazione ufficiale sia dall’assessore al ramo succitato che dal Sindaco, considerato che quest’ultimo ogni 5 minuti fa un post su “facebook” per elogiare personalità gelesi che non conoscono neanche a “ponte olivo”. È un fatto vergognoso e offensivo». 

E' un Giovanni Iudice senza peli sulla lingua anche quando lo solletichiamo sulle sue pregresse simpatie grilline e la vicinanza almeno fino ad un certo punto al governo locale targato Messinese: «come ho già espresso in più occasioni attraverso mie esternazioni pubbliche, ero stato indicato assessore alla cultura, ma a causa dei miei continui spostamenti geografici per lavoro, ritenni di non dover dare la disponibilità, altrimenti sarei stato solo un approfittatore per un comodo stipendio, ma chi mi conosce sa quanto Io sia stacanovista ed appassionato in ciò che faccio e negli impegni che assumo per lavoro.

Pertanto indicai all’assemblea dei pentastellati, una persona che mi aveva dimostrato fiducia, l’arch. Salinitro, il quale è risultato inconcludente sul piano amministrativo anche in virtù delle decisioni successive di Messinese nel rimuovergli la delega e poi sospenderlo dall’incarico.

A me dispiacque molto che un progetto culturale di cui avevo stilato il programma per la città, cosa che convinse migliaia di gelesi, finì nelle mani di una persona con la quale avrei dovuto collaborare. Purtroppo sono stato allontanato dalle sue cerchie, apparentemente inspiegabilmente, ma in realtà è la poltrona che quasi regolarmente dà alla testa ...».

Diretto ed addirittura lapidario nel giudizio sull'attuale governo Greco: «l'amministrazione in carica - afferma il maestro Iudice - sembra essere completamente scollata dalla realtà, non solo, ma credo sia già partita vecchia di testa. Si tratta di un'amministrazione che pensa solo al clientelismo. E' una amministrazione anni ‘80. Per il resto, non penso nulla, anzi non mi fa pensare affatto». 

E' certamente l'amarezza di chi vorrebbe dare una mano d'aiuto alla propria città e che nel non essere messo in condizioni di farlo, torna a dedicarsi a 360 gradi alla sua passione di vita, la pittura, che «nasce – ci conferma l'artista gelese – con la mia vita. Ero bambino quando iniziai a disegnare e la mia preparazione nel campo, si è sempre manifestata attraverso conoscenze personali in materia, insomma sono a tutti gli effetti un autodidatta sin dalla tenera età.

Mi sono fatto da solo e ho girato molto, non ho mai avuto aiuto da politici perché credo nel merito. Ed è ciò che vale. Ad oggi posso dire che da autodidatta, devo dire grazie solo a me stesso, alla mia testardaggine. E nel mondo dell’arte vi è molta gente vanitosa e sfruttatrice che vorrebbe manipolare molti talenti, siano essi galleristi o promotori. L’artista deve ascoltare con umiltà chiunque ma deve parimenti saper filtrare tutto, far da se ogni esperienza per crescere e accettare le sconfitte come superamento delle difficoltà.

Devo molto, al mio scopritore che è stato Cassiano Scribano, un gallerista ed uomo colto di Ragusa che purtroppo è scomparso da un po’ di anni, nonché collezionisti che reggono le ragioni della mia arte, come Francesco Sciarrino e Francesco Galvagno, entrambi giovani imprenditori siciliani e puri collezionisti nello spirito e nella pratica». 

E se nel chiudere gli diciamo di dipingere il quadro di questa città, il risultato non è proprio conforme al detto, “la bellezza salverà il mondo” e con esso, aggiungiamo noi, anche questo splendido luogo della "Magna Grecia" che si specchia sul mar Mediterraneo: «purtroppo – ammette Iudice – ho sempre e amaramente manifestato pubblicamente che “Gela non ha futuro”. E non ho cambiato ancora opinione.

Lo dico consapevolmente, in quanto conosco bene la mia città. Non credo sia pessimismo, anzi tutt’altro. Amo essere positivo e vedere sempre il futuro come un'opportunità, ma non vedo nulla di buono nel futuro di questa città, massacrata e saccheggiata su ogni fronte: archeologia, edilizia selvaggia, ambiente compromesso, ma soprattutto molta arretratezza culturale, cosa che non aiuta una riconversione sociale.

Al contempo, vedo molto speranzosa una interessante e nuova generazione che ha il coraggio di andarsene da qui e non ha il coraggio di rimanere, perché sarebbe uno spreco demografico.

Rimane la speranza di nuove intelligenze impiegate e devote alla vita pubblica, ma nell’etica e nell’epurazione da quella politica che rende vecchi anche i giovani. La vera politica invece è nobile umanesimo. Nuove risorse umane – conclude – capaci di scrollarsi di dosso quelle vecchie etichette che hanno ignorantemente e vanitosamente affossato noi tutti».