Cattedrale gremita per l’ultimo saluto a Elio Cultraro

Cattedrale gremita per l’ultimo saluto a Elio Cultraro

Venerdì 20, in cattedrale, sono stati celebrati i funerali di Elio Cultraro, dirigente Siae in pensione ed uno dei più noti giornalisti storici gelesi degli anni 70/80, venuto a mancare nel giorno di Pasqua a Pinerolo, in provincia di Torino, dove da anni risiedeva con la moglie Rosa e i figli Gianni e Stefania.  La messa è stata officiata da monsignor Antonino Rivoli, vicario generale della Diocesi di Piazza Armerina, in sostituzione del vescovo Gisana, fuori sede per inderogabili impegni ecclesiastici. Mons. Rivoli è stato affiancato da Don Vincenzo Cultraro, fratello di Elio e parroco della Chiesa Madre di Gela, presenti una nutrita rappresentanza della comunità sacerdotale della diocesi.

Mons. Rivoli nella sua omelia ha parlato della resurrezione come epilogo vero della vita, che non finisce con la sepoltura.

Nel corso della funzione è intervenuto il figlio primogenito di Elio, Gianni, che ha tracciato il profilo umano del genitore e i suoi tratti caratteriali, mentre il giornalista Franco Infurna, a nome dei colleghi gelesi, ha ricordato l’amico e il collega scomparso.

A seguire, pubblichiamo i due discorsi.

Il discorso del figlio Gianni

«Caro papà, sarai  la luce dei nostri giorni»

Caro papà,

il momento tanto indesiderato, purtroppo è arrivato.

Tuttavia il giorno che temiamo come ultimo è soltanto il nostro compleanno per l’eternità.

Oggi Papà è la Tua festa,  goditela!

Sei ritornato a casa, da dove eri partito 34 anni fa, tra la gente della tua amata Gela, circondato dall’affetto degli amici e familiari che sono stati il tuo vero ossigeno.

Il 20 gennaio scorso, in occasione del tuo 69° compleanno pur ricoverato in ospedale e debilitato dalla malattia, avevi preannunciato a me e al tuo amato fratello, il desiderio di trascorrere qui la Santa Pasqua, segnandoti nell’agenda il giorno 17 aprile. Non immaginavi che il destino per te aveva scelto proprio il giorno di Pasqua, quello della Resurrezione di Cristo, per lasciare questa vita terrena, la tua famiglia, i tuoi amici di sempre.

La tua vita è stata intensa, preziosa, ricca di insegnamenti, di un uomo generoso a cui interessava soprattutto le problematiche della gente, battersi contro le ingiustizie e gli affaristi del potere e del malaffare. 

Un vulcano di conoscenze, orgoglioso dei tuoi trascorsi, che con fierezza testimoniavi, spendendo la tua vita per il bene di tutti, senza cedere agli interessi personali.

Ma quanto eri forte, papà? Mi hai donato la vita, la tua esistenza, aiutandomi a tracciare la via senza mai impormi la tua.

Mi ricorderò tutto ciò che mi hai insegnato, fin dal lontano 3 Aprile 1983 (domenica di Pasqua), quando incendiandoti l’autovettura, qualche sprovveduto si era illuso di poterti intimidire.

Sei stato non solo un padre protettivo, ma un uomo che con la saggezza dei consigli, mi ha trasmesso forza, valori e tenacia. E se oggi sono anch’io un uomo forte, è soprattutto merito tuo. Grazie, papà!

Se potessi scrivere una storia, sarebbe la più grandiosa mai raccontata, di un padre severo che aveva un cuore d’oro.  Potrei scrivere mille pagine ma sarei ancora incapace di dirti quanto “ti amo” e quanto “mi manchi” ogni singolo momento.

Sono sereno, papà! Perché condividere insieme momenti come questi, ci aiuta a crescere in umanità, ci fa sperimentare l’importanza dell’essere vicini, di sentirsi accompagnati.

L’amicizia può lenire un po’ la difficoltà del distacco e aiutarci a ritrovare energie per il cammino che ci è dato da compiere. Ogni volta che la morte ci visita attraverso la perdita delle persone care con le quali si è condiviso vita, sacrifici, speranze, gioie, sofferenze, il nostro cuore e la nostra mente si caricano di emozioni, di ricordi, perché il nostro esistere non può prescindere da chi ci ha cresciuti. La nostra esistenza è legata a loro, ci sentiamo come dice la Bibbia legati gli uni agli altri sia in vita che in morte. 

Cercando insieme le parole della consolazione e della luce, affidiamo al buon Dio questa grande eredità e lo ringraziamo per tutto quello che abbiamo ricevuto.

Mettiamo nelle tue mani misericordiose i nostri cari defunti, papà Elio e Simone Leopardi, indimenticabile cugino scomparso recentemente. Uomini di altri tempi, cresciuti assieme nella gioia e nel dolore, accomunati dal 2003 da un triste destino: la sofferenza.

Nonostante il cammino faticoso, vi siete dimostrati sempre uomini forti e preoccupati, più dei vostri familiari che del vostro star male.

Concludo ringraziando a nome della mia famiglia Monsignor Antonino Rivoli, i sacerdoti, i diaconi, tutti voi,  amici di Gela e Pinerolo, i medici e operatori sanitari che hanno assistito papà con professionalità e amore.

Il ricordo di questo giorno ci accompagnerà per tutta la vita, grazie di cuore per averne fatto parte.

Un grazie speciale al mio caro zio Don Vincenzo che ha sempre trasmesso fede, coraggio e speranza, aiutandoci ad affrontare questo doloroso viaggio.

Ed infine, un grazie immenso alle nostre Donne – mamma Rosa e Stefania – segnate dalle cicatrici del dolore che con amore ti hanno accompagnato in questo cammino intenso di sofferenze.

Mi mancherai infinitamente, ma ci sarai sempre, silenziosamente, dentro i giorni miei.

Riposa in pace, papà.

Con amore, il tuo cucciolo di iena.

Gianni Cultraro

«E’ stato tra i pionieri d’un giornalismo d’altri tempi»

di Franco Infurna

Ciao Elio. Bentornato a casa. 

Bentornato nella tua Gela che hai amato profondamente senza mai tradirla. Non l'hai tradita nemmeno quando decidesti per necessità di andare a Mantova con la tua famiglia dopo avere vinto un concorso con la Siae, l'ente che tutela i dritti d'autore, che ti affidò l'incarico di direttore di filiale e poi di direttore di sedi regionali.

Fosti tu, piuttosto, a subire un tradimento, quello del giornale La Sicilia per il quale ti eri speso per tanti anni dando il meglio di te stesso. 

L'editore ti negò il diritto (da te ampiamente acquisito sul campo) di diventare giornalista professionista e di essere assunto con la nuova qualifica. 

E tu, che non hai mai tollerato le ingiustizie, decidesti con il cuore a pezzi di andar via da Gela, emigrare al Nord per garantire alla tua famiglia un'esistenza migliore, dare ai tuoi figli le opportunità che la vita in Sicilia non era in grado di offrire loro.

La nostra terra perdeva così un giornalista onesto, attento e coraggioso, severo con se stesso prima che con gli altri, fautore della legalità e della giustizia, difensore dei deboli e degli emarginati. 

Ho ancora freschi i mille ricordi degli anni trascorsi insieme a te, caro Elio, con Rocco Cerro e col compianto Valentino Alfieri

I fatti di cronaca che ci impegnavano di giorno e di notte. Le tensioni e le goliardie di chi stava 24 ore al giorno sulla notizia e le tante iniziative editoriali in cui ci siamo avventurati per tentare di far crescere questa città: VideoGela, RadioGela, Radio Mediterraneo, Canale 10-Telegela, Video Golfo,  settimanali di breve durata come Il Giornale di Gela o Gela 2000 o periodici che invece hanno resistito e tuttora resistono gloriosamente come il Corriere di Gela. fondato dal collega Cerro, che vinto commozione, non ce l'ha fatta oggi a stare qui, a fianco a me, a ricordare insieme l'amico fraterno, preferendo stare tra i banchi dei parenti. Sono virtualmente accanto a me anche i colleghi Maria Concetta Goldini, Donata Calabrese, Liliana Blanco, Daniela Vinci, Salvatore Parlagreco, Massimo Sarcuno, Franco Gallo, Giulio Cordaro, Fabrizio Parisi

Elio, abbiamo cercato di dare voce agli ultimi, alle periferie, agli esclusi, ai discriminati e abbiamo fatto scuola di giornalismo sul campo, on the road, con tanti giovani che oggi risultano cronisti affermati. 

Qualcun altro, meno giovane, l'abbiamo perduto per strada: Nello Lombardo, Giovanna Palazzolo, ma non li abbiamo dimenticati come non dimenticheremo te, Elio.

Sei stato un giornalista amato per la professionalità dimostrata, per gli articoli scritti senza ipocrisia e senza paura, e sei stato orgogliosamente anche giornalista scomodo per quanti (politicanti, intrallazzisti, criminali) hanno sfruttato e violentato questa città finendo inevitabilmente nelle inchieste giudiziarie spesso scattate dopo i dossier giornalistici pubblicati da te, caro Elio.

Quante volte fosti chiamato nelle aule di giustizia a testimoniare per la pubblica accusa come "persona informata sui fatti". Ne sapevi più tu, di personaggi, fatti e misfatti, che le forze dell'ordine.

Qualcuno ha anche tentato di intimidirti sparando in aria due colpi di pistola mentre eri vicino al campo sportivo. Ma non sapevano che tu eri uno di quelli non si arrendono, che non mollano. 

Non ti sei arreso nemmeno quando il 7 agosto del 2003, a Bergamo, un ictus ti portò vicino alla morte e dopo una terapia d'urto con cui i medici riuscirono a salvarti la vita, sembrava ti avesse cancellato la memoria annullando ogni tua capacità cognitiva. 

Con la tua fibra da combattente e il grande amore della tua famiglia (tua moglie, Rosa, che oggi non è qui perché purtroppo sta male, i tuoi figli, Gianni e Stefania) sei riuscito a tornare quasi come prima. Hai ripreso a lavorare per la Siae fino alla pensione e soprattutto a scrivere per il Corriere di Gela

E' stato un ritorno del guerriero, il rientro di un giornalista elegante e critico, pungente, stimolante di quel dibattito politico costruttivo necessario ad ogni società democratica.

Ora te ne sei andato davvero, per sempre, caro Elio.

 Te ne sei andato a Pasqua, in questi giorni di guerra, quasi a sottolineare il valore della Resurrezione  e la ricerca della pace dell'anima nel nome di Cristo. 

Che Dio ti accolga in cielo nella sua gloria eterna, amico mio. Ti sei spento a Pinerolo ma con il cuore e la mente nella tua Gela. 

E bene hanno fatto i tuoi cari a riportarti qui dove sei nato, dove sei cresciuto, dove hai combattuto le battaglie civili più affascinanti della tua esistenza e dove avresti voluto tornare una volta pensionato se la malattia non ti avesse logorato irreversibilmente. 

Bentornato a Gela, caro Elio. Bentornato a casa e riposa in pace fratello.