Referendum, astensione da record a Gela vota il 6%, politica muta

Referendum, astensione da record a Gela vota il 6%, politica muta

Un flop come non mai.

L'affluenza ai 5 quesiti referendari di domenica scorsa giunge poco oltre il 20%, toccando il punto più basso della partecipazione popolare ad un referendum abrogativo. Il boicottaggio dei partiti impegnati nella “riforma Cartabia” ha annullato quel po’ di effetto dettato dall’election-day. Il puro dato astensionistico è più che altro quello espresso in Trentino Alto Adige, in cui nessun comune è andato al voto, con un’affluenza pari al 13%. Un disinteresse sconcertante.

La prima volta di un referendum abrogativo fu nel 1974, perché la grande “Dc”, messa in minoranza alle camere sul “divorzio”, incalzata dal “Vaticano” chiese ai cittadini di cancellare quella legge. Il partito democristiano rispettò il “No” della maggioranza degli italiani e la “prima repubblica” non li ingannò successivamente con una nuova legge. Il discorso non cambiò con i referendum del 1978, 1981, 1985 e 1987: tutti con quorum raggiunti e non sconfessati.

Con la crisi dei partiti ideologici di massa, l’inversione di tendenza: anche i referendum del 1991, del 1993 e del 1995 raggiunsero il quorum ma in larga parte furono negli effetti disattesi (seppur bandito, il proporzionale nelle leggi elettorali non è mai scomparso; il finanziamento pubblico ai partiti è stato reintrodotto sotto mentite spoglie, ecc.). Non è un caso, dunque, che nel 1997, 1999, 2000, 2003, 2005, 2009 e 2016 nessun quesito referendario abbia raggiunto il quorum. L’unico a farlo, nel 2001, fu quello sull’acqua che gli italiani ancora oggi rivendicano. 

Capita pure che alla sfiducia verso lo strumento si aggiunga anche la protesta di chi si sente abbandonato e non avverte più la presenza delle istituzioni. E’ il caso di Gela dove si reca alle urne solo il 6%. Quando il 94% diserta, significa che ogni variabile interpretativa è stata azzerata: che sia condizione sociale, economica, anagrafica o di genere. Il malessere è palese e diffuso trasversalmente, acuito dall’atteggiamento “omertoso” di una classe politica locale che, a partire dal sindaco, non ha inteso spendere nemmeno una parola in merito.