Impianto rifiuti, fronti divisi

Impianto rifiuti, fronti divisi

Lo scorso venerdì 24 giugno, si è tenuta la seduta straordinaria monotematica del consiglio comunale incentrata sull’eventuale realizzazione nell’ex petrolchimico gelese, di un mega impianto progettato per una capacità produttiva di 185.000 tonnellate annue di metanolo e di 3.000 tonnellate annue di idrogeno, generate dalla conversione chimica di 400.000 tonnellate annue di rifiuti indifferenziati e non pericolosi, che verrebbero altrimenti smaltiti in discarica e provenienti dall’intera Sicilia occidentale.

Il presidente Salvatore Sammito, verificata la sussistenza del numero legale con la presenza di solo 14 consiglieri, ha dato immediatamente la parola al consigliere relatore, Rosario Faraci (“Una buona idea”): «Gela proviene da 50 anni di presenza industriale – ha sottolineato - ed è quindi una città matura sotto questo punto di vista, ma altrettanto consapevole e matura sul piano della sensibilità ecologica e che, pertanto, non vuole e non ha intenzione di tollerare altre ferite ambientali».

Una seduta, dunque, utile ad esplorare entrambi i campi, per conoscere ed approfondire l'argomento e tutti i possibili risvolti, ad iniziare da quelli relativi alla «ubicazione effettiva dell'impianto, anche per capirne – ha concluso – le refluenze con altre pianificazioni, come quella sulle zes e la portualità». 

I FAUTORI. A specificare i termini del progetto ci hanno pensato gli amministratori delegati delle due società in partnership nel raggruppamento che ha scelto lo stabilimento di Gela come sito ideale. Sullo stato dell’arte dell’iter procedurale, l’ad di Asja Ambiente Italia, avv. Tommaso Cassata, ha precisato: «siamo al termine della fase 1 dell’iter procedurale anche se manca il documento ufficiale. Di ufficiale c’è, però, l’annuncio del presidente Musumeci.

La fase 2 – ha proseguito – consiste nella gara vera e propria ma il soggetto proponente del progetto individuato in fase 1, gode di un diritto di prelazione sulla migliore offerta». Asja Ambiente Italia è capofila e mandataria mentre MyRechemical (controllata da Nextchem del gruppo Maire Technimont) detiene la tecnologia ed il “know how” (ingegneristica, competenze) per realizzare il mega impianto, sui cui dettagli tecnici è sceso l’ad, ing. Giacomo Rispoli: «Abbiamo scelto l’ex Raffineria di Gela – ha svelato – come area del progetto per uno spazio di circa 10 ettari, perché ricopre un ruolo altamente strategico sul piano della produzione e della logistica». 

L’innovatività è tutta nell’idea che ne sta alla base, secondo l’ex ad di Rage, in quanto è il primo progetto che collega la filiera dei rifiuti con la chimica, utilizzando però blocchi di tecnologie esistenti e conosciute anche da più di cento anni: «abbiamo – ha continuato –semplicemente unito i puntini. In raffineria esiste già un reattore che produceva “Syngas” dal metano, nel nostro progetto tornerà a farlo, ma dai rifiuti. Nel processo di conversione chimica il syngas viene purificato prima di essere avviato ai catalizzatori per la produzione di metanolo ed idrogeno. Benefici? Non vi sono praticamente emissioni di inquinanti in atmosfera dal processo.

Il metanolo sarà utilizzabile in futuro come combustibile a basse emissioni per uso navale. L’idrogeno che farà di Gela la prima “Hydrogen valley”, sarà utilizzabile in futuro per la mobilità pubblica, in particolare camion, mezzi pesanti, treni. Il materiale vetrificato inerte è utilizzabile nel settore edile. La “Co2”, cioè anidride carbonica pura, verrà liquefatta e messa a disposizione di floricoltori e agricoltori per la concimazione carbonica del terreno in serra, giacché accelera il processo di fotosintesi clorofilliana. Il 5% di scarto è costituito da fanghi che, in quanto rifiuti speciali, verranno mandati a smaltimento controllato. Sul piano della logistica, poi, considerato che i rifiuti in ricezione arriveranno a mezzo di treni, navi, camion, con container chiusi, mentre l’uscita dei prodotti avverrà solo via mare, la presenza nello stabilimento di un raccordo ferroviario interno, di un pontile sbarcatoio e di altri collegamenti funzionali, giova non poco nell’ottica import/export.

Senza dimenticare – ha concluso – che per la realizzazione dell’impianto e la sua manutenzione, la realtà gelese è un vero e proprio un centro di eccellenza delle competenze, tenendo bene a mente infine che dal 2035 non si può mandare in discarica più del 10 percento, mentre con questo progetto siamo già tra il 4 ed il 5 percento, oltre all’abbattimento di quella misura che un giorno i governi dovranno applicare in termini di “carbon tax”». 

I CONTRARI. Quelli del “No grazie, abbiamo già dato” arrivano poco dopo, allorquando a prendere parola è il dott. Paolo Scicolone, rappresentante del comitato “No inceneritore” costituitosi all’indomani della notizia lanciata dal presidente Musumeci: «apprendiamo che non è un termovalorizzatore ma un impianto chimico – ha esordito -  e, dunque, ci venite a dire qui che la chimica che ha devastato il nostro territorio dovrebbe tranquillizzarci? Peraltro non pensavamo che le più grandi motivazioni arrivassero dall'oste che vuole vendere il vino, compreso quel macabro presagio di mezzi con containeer descritti come felicemente diretti a Gela da qualsiasi destinazione.

Probabilmente quando l'amministrazione – ha continuato con sarcasmo – raggiungerà l'obiettivo del suo programma con l'innalzamento delle quote di raccolta differenziata, si presenterà la necessità di ricevere rifiuti da fuori regione. Gela sarà un punto d'approdo, una piattaforma di rifiuti. Di questo si tratta ed a questo diciamo no. Il nostro è un “No” a qualunque impianto di trattamento dei rifiuti provenienti dalla regione e probabilmente da fuori regione. Un “No” ad impianti su siti non bonificati.

Un “No” all'utilizzo scriteriato della discarica di Timpazzo. Diciamo invece “Sì” alle politiche di vere economie circolari attraverso metodologie come il packaging riutilizzabile, o altre che spingono ad oltranza la differenziata e che puntano sul compostaggio: Un “Sì” ad un porto che non serva a ricevere navi piene di spazzatura. Un “Sì” ad una politica ecologica che liberi tutta la costa di Gela. E chiediamo giustizia – ha concluso – per quelle vittime che in questi 50 anni hanno ricevuto vane rassicurazioni sulla assenza di danni alla salute».

I CRITICI. Allo scetticismo ed alla diffidenza del comitato “negazionista”, si è aggiunta l’ala apertamente critica, rappresentata dai deputati regionali Giuseppe Arancio (“Pd”), Gianpiero Trizzino (“M5s”), Nuccio Di Paola (“M5s”), Ketty Damante (“M5s”) e dal senatore Pietro Lorefice (“M5s”). Elencate tutta una sere di criticità sull’impianto, la cui tecnologia innanzitutto non è prevista nel piano regionale. Inoltre la sua ubicazione non rispetta il vincolo dei 500 metri dalla perimetrazione Sic-Zps e rete natura 2000. Ubicazione strategicamente non equilibrata, perché lontanamente baricentrica e cioè tutta spostata nel confine ad est del bacino di servizio.

Posto l’accento anche sulla terminologia, la cui nomenclatura è ben definita ed al di fuori di essa non si può andare. Contestato l’utilizzo del termine “economia circolare” che presuppone che dalla plastica si riottenga plastica, dalla carta si riottenga carta e via discorrendo, mentre questo impianto converte e trasforma il materiale in ingresso, non realizzando un vero “recupero” dello stesso. I termini termoutilizzatori e termovalorizzatori sono invenzioni, una truffa semantica.

Inoltre questo non è un impianto di smaltimento, ma di produzione, con evidenti dubbi sul trasporto via mare e lo stoccaggio dell’enorme mole di rifiuti, a fronte di un deposito di ricezione che consente l’accumulo massimo di 4 giorni. Indice puntato su una programmazione confusa ed approssimativa con evidenze pubbliche che contraddicono il piano regionale e che manco vengono attuate. Definito irresponsabile un presidente come Musumeci che lascia decidere l’individuazione del sito alle aziende aggiudicatrici, senza alcuna concertazione con i territori al contrario di quanto fatto a livello nazionale per i depositi di scorie nucleari. Un presidente che non pensa a Gela sulla sanità, sul porto, ma sui rifiuti, come dimostra già Timpazzo».

QUELLI DELLA “TERRA DI MEZZO”. Diversi gli interventi dei consiglieri comunali, dai più perplessi come Alessandra Ascia di “Rinnova” e Carlo Romano di “Fi”, il quale ultimo da medico ha ricordato il rapporto “Sentieri” e la mancanza di studi osservazionali medici su un impianto che non ha precedenti, ai più possibilisti come Totò Scerra che invita a “pensare in grande” e lo stesso sindaco, Lucio Greco, che seppur assente per covid, ha fatto venire dalla Lombardia un tecnico esperto in “compensazioni ambientali”, anche se il vicesindaco, Terenziano Di Stefano, ha ricordato la ferrea opposizione dell’amministrazione alla gestione di Timpazzo e la presenza di prescrizioni ambientali  volute dalla Lipu nell’autorizzazione comunale rilasciata ad “Argo-Cassiopea”.

Tutti però, compresi Luigi Di Dio (misto), Vincenzo Cascino (Dc) e Giuseppe Morselli (Un’altra Gela) prendono le distanze dal “no a prescindere” ed invitano a non scendere in campagna elettorale. Un “nì” è arrivato anche dagli esperti dell’università Kore di Enna, mentre incertezza per assenza di documentazione ed alcune perplessità sono state espresse dal delegato di Wwf Sicilia. Prodotto un atto di indirizzo votato all’unanimità dagli undici consiglieri rimasti in aula dopo 5 ore di dibattito ed in cui si conferisce il mandato al primo cittadino di chiedere l’accesso agli atti regionali e promuovere tavoli tecnici di confronto ed approfondimento.