C’era una volta il Festival, da festival della canzone a contenitore di volgarità

C’era una volta il Festival, da festival della canzone a contenitore di volgarità

Se il Festival di Sanremo oggi rappresenta davvero la società italiana, il costume  e quelli che sono i gusti degli italiani allora siamo arrivati alla frutta.

Abbiamo davvero smarrito la nostra identità, la nostra cultura, quegli ideali etici e morali in cui quelli della mia generazione sono cresciuti.  E lascio fuori la religione, perché anch'essa è oggi fuori moda, e laddove ci sono espressioni di “religiosità”, il più delle volte queste sono di natura devozionale, folkloristica se non addirittura permeate di superstizione. Per cui non mi sorprende affatto che un importante numero di telespettatori si dichiari cattolica o credente, ma poi alla frequenza della Chiesa preferisce vedere i pruriginosi  talk-show televisivi, capaci di “imbonirli e rincoglionirli” meglio di qualsiasi predica fatta da questo o quel povero sacerdote, che non sa più che pesci pigliare per portare qualche anima in più in chiesa. 

Lo so, per la società oggi noi sessantenni e settantenni rappresentiamo i “pensionati o pensionabili”, quindi il passato, e ogni nostra critica al mondo contemporaneo (sempre meno a misura d'uomo, sempre più cinico verso gli ultimi e per chi non ha voce) non solo appare anacronistica ma anche patetica. Ma siccome sino a quando qualcuno non ci toglierà la parola, ancora possiamo azzardare di dire qualcosa, allora dichiaro tutto il mio disappunto su Sanremo e su tutto ciò che esso rappresenta. E anzi, a scanso di equivoci, desidero subito chiarire che io non vedo quella che un tempo era la vetrina della canzone italiana, e che oggi sembra invece essere il “puttaniere d' Italia”,  già da almeno 10 anni. Quindi non rientro in quella vasta fascia di ipocriti che si lamentano di Sanremo, lo criticano, ma poi lo guardano dalla prima all'ultima serata.

A questo punto qualcuno potrebbe obiettare “Se non vedi Sanremo come fai a giudicarlo così acerbamente?” Lo faccio perché la forza mediatica di questo evento è così potente che ti raggiunge ovunque, anche quando provi a girare la faccia da un'altra parte. Cosa dovresti fare altrimenti? Non guardare la tv, non leggere i giornali, non ascoltare la radio per una settimana intera? Dunque tutto ciò che accade lì, in quel palcoscenico del cattivo gusto non può essere ignorato.  I riverberi di questa “fiera della vanità, del fatuo, del nulla” ti arriva all'improvviso, anche quando meno te lo aspetti, come un pugno violento allo stomaco. Cosa mi ha dato disturbo di questo Sanremo? Senza entrare nel merito della gara canonica, dove nulla ho da eccepire sulla vittoria di Mengoni, ciò che comunque mi ha irritato tanto, veramente tanto, è stata la squallida e oscena esibizione di Fedez e Rosa Chemical per il bacio che i due si sono scambiati a suggello della loro miseranda esibizione. 

Uno schiaffo al buon senso, alla morale, al decoro. Una vergognosa messa in scena, irrispettosa della sensibilità del pubblico, una parte del quale, anche se minoranza, magari avrebbe fatto a meno di vedere quella gratuita e perniciosa volgarità. Non parlo di altro perché, dalla disidratata Chiara Ferragni al folle gesto di Blanco che durante la prima serata ha semidistrutto il palcoscenico,  penso che  sia stato proprio quel bacio il compendio di tutte le brutture che questo Sanremo ci ha regalato. Non posso poi che dissociarmi dalla presenza del Capo dello Stato Sergio Mattarella, seduto lì la prima serata a guardare quel Mefistotele di Amadeus; conduttore e regista (altri tempi quelli di Baudo, Buongiorno, Corrado!) di questo squallido scenario. 

Mi sorprende poi – ma forse non più di tanto – che “complici” del presentatore siano stati personaggi del calibro di Al Bano, Massimo Ranieri, Gianni Morandi; grandi interpreti della canzone italiana che hanno fatto la storia del Sanremo, quella nobile, importante. Perché questi mostri sacri hanno prestato la loro faccia e il loro passato a questa sconcia edizione? E Gianni Morandi?  Lui che cantava con capelli a spazzola, camicia e cravatta “In ginocchio da te” o “fatti mandare dalla mamma a prendere il latte”, in un tempo in cui l'Italia del boom profumava ancora di sano, di pulito, di onesto, come ha potuto prestarsi a questo gioco? 

Per soldi non di certo. Forse invece perché anche gli artisti hanno le loro piccole grandi debolezze, come quelle di non sapere mai fare un passo indietro, nonostante il successo gli abbia già dato tutto, di non rassegnarsi all'età che avanza, di sentirsi comunque moderni, emancipati, democratici, indulgenti anche di fronte alla palese immoralità di certi gesti e di certe parole esibiti dai loro più giovani colleghi. Certo, è tutto un programma ciò che ha detto il “re degli ignoranti” Adriano Celentano a conclusione del festival, quando ha dichiarato come... “sia evidente che in questa televisione per me non ci sarà mai più spazio”. 

Chiudo, volendo sempre evitare equivoci (ma furiosi attacchi di “lesa maestà” non mi verranno risparmiati), dicendo che non sono omofobo, anzi nella mia vita e nella mia esperienza professionale ho avuto l' opportunità di conoscere degli omosessuali, che mi hanno colpito per la loro intelligenza, la loro sensibilità, la loro eleganza, e con i quali ho anche stabilito dei rapporti di stima e amicizia. D'altronde chi non ama artisti immortali come Lucio Dalla o Franco Zeffirelli, che mai nascosero la loro diversità? Ma lo fecero sempre con stile, rispetto, ironia, discrezione. E sottolineo “discrezione”, perché se il variegato mondo gay non è sempre accetto è perché alle volte offre di sé una visione distorta, dissacratoria, irriverente dei sentimenti altrui. 

Io penso che ogni essere umano è libero di essere ciò che vuole essere o sente di essere, ma che dovrebbe vivere il suo stato sempre in armonia con il mondo e rispettando gli altri, soprattutto i bambini, che spesso assistono ignari a spettacoli che possono confondere la loro delicata sensibilità. D'altronde, le regole di un sano comportamento non dovrebbero valere solo per chi ha orientamenti sessuali diversi dall'ordinarietà. Dovrebbero riguardare tutti. Ad esempio, io avrei trovato ugualmente di cattivo gusto se sul palco dell'Ariston anziché quei due tizi, si sarebbe baciati un uomo e una donna.  E quindi trovo pure di cattivo gusto che due innamorati si scambino “plateali effusioni” per strada.  E se questo mi farà apparire un bigotto, risponderò dicendo che tutto ciò che riguarda la sfera affettiva e sessuale di due persone ha una sua “intima bellezza”, una sacralità che non dovrebbe mai essere sporcata dalla tentazione di mettere in piazza i propri sentimenti solo per il gusto sfrenato di apparire a tutti i costi, che è poi uno dei mali peggiori dei nostri tempi; un “male” che ogni anno trova ormai – proprio nel mese di Carnevale e delle carnevalate - uno dei suoi luoghi deputati proprio in quella “torre di Babele” chiamata Sanremo.