Gela non è una città per bambini, mancano strutture per l’infanzia e volontà politica

Gela non è una città per bambini, mancano strutture per l’infanzia e volontà politica

Quattro mesi fa, uno studio di "Save The Children" ci ha rivelato che un bambino che nasce in provincia di Caltanissetta ha quasi quattro anni di aspettativa di vita in meno rispetto a chi nasce a Firenze.

Un'indagine che mette a nudo diseguaglianze e povertà nel confronto Nord-Sud in questa nostra Italia dove il disegno di legge per le autonomie differenziate, presto, se approvato, dal parlamento, potrebbe ufficializzare tre macro regioni: una ricca (al nord) una media (al centro) e una povera (al sud). 

Un Sud che si svuota sempre più, perché i giovani scappano e perché nascono sempre meno bambini. Chi resta deve affrontare le precarietà di un territorio senza futuro. E Gela? Ce lo siamo chiesti sapendo che la risposta sarebbe stata atrocemente amara. Se ti dai uno sguardo attorno, infatti, capisci subito che questa non è una città a misura di bambino, priva com'è di asili nido, di scuole materne, di trasporto-alunni, con pochissimi parchi-gioco e senza spazi per lo sport e il tempo libero.

«Veramente non è una città nemmeno a misura di adulto – ci confessa, sconsolato, il medico pediatra Cristoforo Cocchiara –. E non c'è bisogno di rivangare i dati sulle nascite di bambini malformati come è avvenuto in un recente passato caratterizzato dal pesante inquinamento ambientale causato dall'industria petrolchimica dell'Eni». 

La realtà è sotto gli occhi di tutti. Bisogna ripensare questa città e dire chiaramente cosa dovrà essere nei prossimi decenni. Ma qui la politica non è capace nemmeno di garantire l'ordinaria amministrazione, figuriamoci se è in condizione di varare programmi ad ampio respiro di medio e lungo termine.

Gela non è città a misura di bambino, sin dal suo concepimento e dunque non è nemmeno a misura di mamma e men che meno se sono mamme lavoratrici. Le trentacinquemila donne di Gela hanno come riferimento un solo consultorio familiare e le lunghissime liste di attesa per le visite e gli accertamenti necessari alla diagnosi di patologie o per i controlli della gravidanza. L'alternativa scelta gioco-forza è l'assistenza a pagamento, per chi può sostenere questa spesa. Chi non può perché non ha soldi non si controlla, a rischio e pericolo della puerpera e del feto.

«Qui tanti diritti sono negati, ai bambini come agli anziani e agli adulti in generale – fa notare il dottore Cocchiara – uno per tutti il diritto alla salute».

Una delle delusioni più cocenti che grida giustizia é il mancato avviamento dell'Utin, l'unità di terapia intensiva neonatale nell'ospedale Vittorio Emanuele. Il reparto era pronto, inaugurato con le sue attrezzature ma non c'era il personale necessario a gestirlo. Gli amministratori dell'Asp di Caltanissetta hanno detto che i concorsi per medici e infermieri sono andati deserti. Per cui la struttura è stata smantellata e le culle termostatiche passate a pediatria e neonatologia.

La pediatria dispone di otto posti letto più due in day-hospital a fronte di una popolazione infantile di 6500 bambini cui si aggiungono i bimbi di Niscemi, di Butera e oggi anche quelli del nosocomio di Licata che vengono dirottati a Gela perché da loro mancano i pediatri e stanno per chiudere il reparto.

Dunque, «per i bambini – denuncia il dottore Cocchiara – l'incapacità gestionale mette a rischio il diritto alla salute e per certi versi anche il diritto allo studio con le scuole che crollano e i lavori di ripristino che non partono mai". 

VACCINAZIONI E RISCHIO EPIDEMIE

La pandemia da Covid da cui il mondo sembra appena uscito induce il dottor Cocchiara ad affrontare anche il problema delle vaccinazioni.

«Ci sono dieci vaccini che sono obbligatori per consentire la frequenza scolastica ai bambini. Eppure tanti piccini vengono ammessi in classe anche se non si sono vaccinati e non hanno presentato la certificazione obbligatoria. Ai vertici scolastici i compiti di controllare perché venga mantenuto quel 95% di vaccinati che consente l'immunità di gregge. Invece nel distretto sud della provincia (Gela, Niscemi e Butera) la percentuale si mantiene sul 75%, cioè col pericolo che se parte un’epidemia di morbillo, di varicella siamo completamente scoperti e rischiamo di riempire gli ospedali»

ASILI NIDO ALL’ ANNO ZERO

«L'infanzia gelese non conosce gli asili nido e non trova posti per tutti i bambini nelle scuole materne. I nonni – fa notare il dottor Cocchiara continuano ad essere l'àncora di salvezza per tante famiglie, specie se la donna lavora, e costituiscono l'unica alternativa alle inefficienze della cattiva amministrazione". Nel settore degli asili-nido però qualcosa si comincia a muovere finalmente anche a Gela. 

L'architetto Tonino Collura, dirigente dei settori Lavori pubblici e Risorse comunitarie del Comune di Gela, ci ha confermato che «il Comune ha aderito con successo al progetto “Futura – La scuola per l'Italia di domani”, nell'ambito del Pnrr, finanziato dall'Unione Europea (programma "New Generation EU") per aumentare l'offerta dei servizi educativi. Per noi si tratterebbe di un servizio assolutamente nuovo in città».

Il Comune è stato ammesso al finanziamento richiesto per l'ammontare di un milione e 100 mila euro che permetterà la realizzazione del primo asilo nido della città capace di ospitare 24 bambini della fascia di età 0-36 mesi. L'opera dovrebbe andare in gara entro la fine di quest'anno.

SEZIONI PRIMAVERA, OASI NEL DESERTO

Nel dicembre del 2006, dopo l'entrata in vigore della "Riforma Moratti" nella Scuola, in via sperimentale e provvisoria, furono istituite le cosiddette "Sezioni Primavera" per realizzare progetti educativi rivolti ai bambini di età compresa tra i 24 e i 36 mesi e favorire un'effettiva continuità del percorso formativo verso la scuola dell'infanzia.

A Gela, per sette anni nessuno pensò di avviare questo progetto educativo. C'è riuscita la dirigente scolastica Rosalba Marchisciana, 10 anni fa, appena acquisita la nomina a dirigente dell'Istituto Comprensivo Don Bosco, al villaggio Aldisio. 

«Da una apposita commissione regionale – ci racconta – ho ottenuto il finanziamento di 10 mila euro per una prima sezione di 20 posti con la collaborazione indispensabile della giunta Fasulo, che dal canto suo ha assicurato un contributo integrativo di pari importo oltre ai locali, agli arredi e al materiale scolastico nel plesso di "Albani Roccella". "In breve, e con la partecipazione attiva anche dell'amministrazione Messinese, siamo riusciti ad avviarne altre tre di sezioni». 

«Oggi, lo posso affermare con fierezza – sottolinea soddisfatta la preside, Marchisciana  siamo l'unica realtà in Italia ad avere 4 sezioni primavera, a garantire un servizio alle famiglie di 80 bambini e a dare lavoro a 8 insegnanti e a 4 assistenti. Ne potremmo avere altre sezioni, così come stanno cercando di ottenerle alcuni dei restanti istituti comprensivi di Gela». 

Il contributo integrativo però dovrebbe giungere dalle famiglie se il Comune dovesse continuare a restare senza bilancio o addirittura essere dichiarato in dissesto finanziario. E la crisi economica che si vive in questo territorio non lo consente. No, Gela non è proprio una città per bambini.