Tanta voglia di province, il voto al prossimo autunno

Tanta voglia di province, il voto al prossimo autunno

Il ritorno alle vecchie province con il voto diretto per i vertici politico-amministrativi è un cavallo di battaglia del centrodestra, attualmente alla guida del paese e dell’isola.

All’indomani dell’election day dello scorso anno, il tema è tornato subito d’attualità: se il ministro Calderoli lo ha introdotto a novembre in agenda, per il governatore Schifani è una priorità del suo mandato. 

In Sicilia, in particolare, con gli enti intermedi commissariati da una decade, con oltre 300 incarichi affidati dalla regione a burocrati in veste di commissari, la voglia di tornare alle vecchie province – e non solo da parte del centrodestra - è tanta.  In realtà a Palermo stanno solo spettando che Roma si decida ad archiviare definitivamente la “Delrio”: «sul ritorno delle province e sull’elezione diretta degli organi – conferma il deputato regionale della Lega e questore dell’Assemblea regionale siciliana, Vincenzo Figuccia – il percorso è segnato.

In Sicilia dopo il fallimento della legge Crocetta c’è già un ddl pronto per l’esame del Parlamento regionale. Attendiamo che Roma faccia la sua parte con una controriforma che contrapponga al governo dei tecnocrati la democrazia partecipata. È sotto gli occhi di tutti – prosegue l’esponente salviniano - che i servizi gestiti dalle ex province sono peggiorati.

Quali sono le strade provinciali che hanno avuto un’adeguata manutenzione? E quali sono i progetti e le manutenzioni sulle scuole superiori? Per non parlare dell’azzeramento dei servizi di welfare per i disabili, abbandonati a se stessi. Basta con il qualunquismo sui costi della democrazia. La rappresentanza diretta – conclude Figuccia - assicura attenzione e un reale governo della cosa pubblica». 

Recentemente, del resto, anche la Corte dei conti si è sostanzialmente espressa per un superamento della “Legge Delrio”, già di fatto sconfessata dalla Corte costituzionale. La magistratura contabile non ha potuto esimersi dal refertare l’irrisorietà del risparmio ottenuto dalla cancellazione delle indennità a fronte invece di tanti casi di amministrazioni provinciali costrette a procedure di risanamento, in un paio di casi sfociati in dichiarazioni di dissesto. Era meglio quando si stava peggio?

Ed anche la Corte dei conti, come la “Consulta”, perviene alla stessa conclusione: è cioè l’inefficacia della “Delrio” a causa della mancata riforma costituzionale, bocciata con il referendum del 2016. La L. 56/2014, infatti, oltre ad abolire l'elezione diretta di presidenti e consiglieri, ha spogliato gli enti intermedi territoriali, riducendone le competenze a edilizia scolastica (istituti superiori), parte della viabilità e ambiente, in attesa della riforma costituzionale che avrebbe abolito tali enti di area vasta. Riforma stroncata in sede referendaria.

Insomma, la “Delrio” si è rivelata un mezza riforma, giacché rimasta incompiuta che, secondo l’Upi (Unione province italiane), ha generato pochi risparmi e tanta incertezza sulla titolarità delle funzioni e servizi. Nel caos, sono stati più i tagli alle risorse che altro, con le regioni che ne hanno approfittato per accentrare alcuni poteri amministrativi.

Il report della Corte dei conti è stata depositato al Senato dove si è deciso di iniziare l’iter della “controriforma”. Nella commissione competente sono approdati sei disegni di legge e si sta lavorando per un unico ddl, ovviamente, ma che sia un testo assolutamente bipartisan, in modo da passare agevolmente in aula a Palazzo Madama e che, nell’essere trasmesso a Montecitorio, venga approvato senza modifiche. Numerose le audizioni in commissione. 

Tantissime province sono rimaste nel limbo, da otto anni, con tanto di blocco della manutenzione ordinaria e dell’investimento sui servizi essenziali. Da qui la fretta di chiudere quanto prima l’iter legislativo e ridare la parola ai cittadini attraverso le urne.

L'indirizzo dichiarato del governo nazionale, come di quello regionale siciliano, è arrivare alle elezioni nei nuovi enti già il prossimo autunno (ottobre/novembre), per cui si cerca di arrivare ad approvare la nuova legge quadro quanto prima e quantomeno non oltre l’inizio dell’estate.