Rocco Vacca, la poesia e l’amore per Gela nella sua opera postuma “Sulu sunetti”

Rocco Vacca, la poesia e l’amore per Gela nella sua opera postuma “Sulu sunetti”

Si intitola "Sulu Sunetti" l'opera postuma di Rocco Vacca (nella foto), stimato e apprezzato poeta dialettale gelese, che i familiari (la moglie, Lucia, e i figli Giuseppe, Simona e Rita) hanno voluto pubblicare a un anno dalla sua scomparsa, avvenuta in circostanze drammatiche (investito da un'auto mentre rientrava a casa, a piedi).

Il libro, al quale Vacca stava lavorando da tempo, viene presentato sabato 22 aprile, alle 17,30, nella ex chiesa di San Giovanni, a Gela. Relatori: la prof.ssa Rita Salvo e il preside emerito, prof. Liborio Mingoia.

Il volume è composto da 139 poesie, a 19 delle quali il 77enne compianto autore non è riuscito a dare un titolo a causa della sua morte prematura. Si tratta della 16^ raccolta di versi in vernacolo gelese che Vacca ha pubblicato nella sua intensa vita artistica iniziata ufficialmente nel 1976 con il primo volume dal titolo "Cristu unna sì".

In questa sua ultima opera, Rocco Vacca conferma le proprie doti di cantore dialettale brillante ed eclettico, legatissimo alla famiglia e alla sua Gela, città di cui magnificava le bellezze e la storia, che amava profondamente e che cercava di difendere e tutelare con i propri versi, non avendo altri strumenti per farlo. In proposito scriveva: "iu chistu sacciu fari e chistu fazzu..."

I suoi sonetti pungenti, di biasimo e di denuncia, sono schiaffi morali verso chi la offende e la mortifica giorno dopo giorno con politiche sbagliate, malcostume, scelte egoistiche e comportamenti incivili. In fondo è una riprova di coerenza, una scelta di vita e di impegno sociale che Rocco Vacca ha sempre mantenuto e rispettato in ogni settore della sua attività: nel lavoro, nel sindacato (Cisl e Sunia), nella Chiesa, nell'Opera Pia. 

Generoso e portatore di grande umanità, non si è perso d'animo nemmeno quando le sue condizioni di salute lo hanno costretto a sottoporsi a dialisi. Trovava nella religione, nella famiglia e nella poesia le ragioni di vita per continuare a lottare e andare avanti.

Il prof. Liborio Mingoia, caro amico di Rocco Vacca, è anche l'autore della sentita prefazione del libro nella quale, tra l'altro, si sottolinea che «la lingua di Rocco è la "lingua ddutata" –  come lui la definisce – riecheggiando la nota definizione di Ignazio Buttitta.

«Comu po' diri d'essiri gilisi / se poi nun parri a lingua do paisi" – scrive Rocco nel 2014 a testimonianza del suo amore per Gela e per il suo dialetto, che ritiene la cifra essenziale della cittadinanza, il segno distintivo dell'identità, quasi il suo Dna, più forte, forse, di qualunque condizionamento o influenza esterna».