Riconoscere l’atmosfera calda del Natale all’interno di una Gela completamente statica è davvero difficile.
Si possono notare le luci, le decorazioni, i calendari, le vetrine colorate, gli adesivi che inneggiano alla gioia e alla spensieratezza ma, al di là di tutto ciò, la fame resta e si fa sentire. Nessun addobbo, per quanto bello, è destinato a cancellare il malcontento di una città che chiede certezze immediate, lavoro per i giovani e speranze concrete di cambiamento. Già, le feste sono in arrivo e molti sono felici, ma occorrerebbe capire prima il vero significato di certe iniziative legate alla parola “Natale”. Non è Natale se non c’è rispetto. Non si può parlare di “amore” se poi non si ascolta il grido della gente. Si rimane indifferenti di fronte ad uno sfratto, un uomo che dorme su una panca, un bambino senza giocattoli… è umanità, questa? No, è chiaro, ma fratello “bancomat” non può pensare al mondo intero. Allora, non ha senso neanche uno scambio di auguri finto o una parola in salsa agrodolce.
L’unica preoccupazione dei gelesi, purtroppo, è indirizzata ad altri scopi: riempirsi le tasche di cioccolatini, acquistare regali costosi, invitare amici e parenti a pranzi di ostentata opulenza. Manca quasi un mese, è vero, eppure la realtà è sotto gli occhi di tutti. Si respira un ambiente silenzioso e poco attento alle difficoltà di tante famiglie che invocano un semplice aiuto. Tante persone non sono in grado di dividere il panettone della solidarietà, e ciò a causa di un egoismo interiore che ignora il prossimo. Si ha paura delle guerre internazionali e del nemico dentro casa, ma non ci si accorge dell’odio e del disprezzo che circola ogni giorno nelle vie e nei quartieri. E’ la guerra “tra di noi”, che acceca lo sguardo e rende insensibili, anche di fronte ai mali del nostro tempo (razzismo, omofobia, xenofobia). Solo la Chiesa e le varie associazioni, finora, hanno recepito il messaggio, con le serate di beneficenza allestite allo scopo di raccogliere beni di prima necessità per i bisognosi. Il resto, come già sappiamo, è passeggiata in carrozza. I panifici, le pizzerie e i bar tentano disperatamente di accaparrarsi i clienti più esigenti e, in definitiva, disposti a spendere meglio. Ma, dopo le 21 (o le 23), cosa si deve conquistare? Non sarebbe più conveniente distribuire ciò che resta della giornata a coloro che hanno seri problemi economici e non possono permettersi una cena decente ? Sì, sarebbe magnifico. Un piccolo sacrificio per un’azione di elevata generosità. Sprecare il cibo o gettare gli avanzi è da irresponsabili e costituisce una grave offesa alla povertà. No, non si tratta di rubare la slitta a Babbo Natale o di sequestrare la scopa alla Befana.
Qui entra in gioco la volontà di essere davvero protagonisti di un servizio sociale autentico, fuori dagli schemi e capace di sostenere chi è solo. I libri, i protocolli e i fogli Isee appartengono alle solite logiche burocratiche che richiedono tempo e non producono soluzioni istantanee. I doni più belli sono realizzati con la condivisione e l’attenzione, non con le norme e i regolamenti. E’ questa la Gela che dovrebbe uscire fuori, è questa la Gela che tutti vorrebbero. Un paese vivo, cordiale, sicuro, convincente e impegnato a portare luce e calore agli emarginati, uomini e donne di grande coraggio e profonda dignità.
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