Una città con i piedi per terra

Chi vuole il bene di questa città ? Chi è  realmente interessato a cambiarla? Sono tante le domande che, ancora oggi, non trovano una risposta esauriente.

Ci si ritrova da soli, con  una politica confusa, amareggiata, litigiosa, che in oltre sei mesi (e sotto gli occhi di tutti) ha prodotto altre incertezze e si è mossa timidamente per risollevare le sorti di un territorio ormai alla deriva. Una situazione da “alta temperatura”, con una Gela che non sembra avere i piedi ben piantati in terra e fatica a respirare. Un programma di posizioni molto distanti, dove è più facile lo scambio di accuse che il lavoro di squadra. E allora, ci si prepara ad una “passerella ” ricca di grandi propositi.
Argomentazioni che, in misura più o meno persuasiva, finiscono per rimanere sparse come pezzi di carta. Rabbia? Sì, ma con le spalle più dritte della volta precedente. Certo, un percorso di cambiamento non è mai facile. Si incontrano ostacoli, difficoltà, problemi. Si tenta di recuperare su tutti i fronti, nonostante ansie e malumori. Sia chiaro, ammiro molto l’impegno dell’amministrazione comunale, composto nell’insieme da operose intelligenze, ma credo che il tragitto da compiere si presenti tutto in salita. E chi paga, purtroppo, è sempre il cittadino: tasse, tributi, debiti…chiamateli come volete, ma per il povero (sempre più povero) è obbligatorio svuotare le tasche.


Onestamente, in questi mesi l’unica preoccupazione evidente è stata solo la Raffineria con le rispettive famiglie. Genitori angosciati da un futuro nero, per i quali c’è stata la massima cura e il massimo rispetto (con tanto di celebrazione eucaristica). Capisco, ma non fino in fondo, poiché ci sono tanti altri “padri di famiglia” senza stipendio.
Tuttavia, un fatto è certo. Quando un giovane o un adulto perde il lavoro in un altro settore (edilizia, sociale, turismo ecc.), nessuno alza un dito per mostrare comprensione. E chi solidarizza con quei giornalisti che ogni giorno, pur di mantenere alto e trasparente il livello d’informazione, rischiano di ritrovarsi con le ruote bucate, l’auto in fiamme o una minaccia di querela? Chi è disposto ad ascoltare le preoccupazioni di tanti cittadini ridotti alla fame e privi di qualsiasi sostegno ? Insomma, qui i conti non tornano.


Il lavoro è dignità. Vero, ma per ognuno di noi. Non ci sono figli di “serie A” e di “serie B”. Ci sono figli e basta. Chi usa l’arroganza, la prepotenza o la violenza per ribadire il senso di un diritto negato (che, ad ogni modo, resta un valido diritto) sta circolando nella corsia sbagliata. Vogliano perdonarmi i lettori per lo sfogo, ma tutto questo appare molto triste. Intanto, un altro anno è appena iniziato, e tutti vorremmo vedere una Gela più sicura, allegra, spensierata, con meno affanni e scarpe comode in grado di rimanere “inchiodate” al suolo.


Una città meno triste, capace di dire “no” agli psicofarmaci dell’egoismo, delle facili elemosine del tornaconto personale. Più sviluppo e meno pacchi di pasta. Più fatti e meno chiacchiere. Più azioni e meno serenate, per una realtà urbana che abbia il coraggio e la forza di combattere i soprusi e di manifestare apertamente la propria sfiducia, anche a costo di consumare tutte le energie.