Sconfitto l’abuso dei comuni sulle strisce blu

 Torno ad occuparmi, ancora una volta – ma sperando che sia l’ultima – della spinosa vicenda delle strisce blu.

Un business cui a Gela, nella cosiddetta “città della legalità”, le ultime amministrazioni comunali (compresa quella in carica, che, secondo i proclami e gli impegni del periodo elettorale, avrebbe dovuto marcare una netta discontinuità, rispetto al recente passato), non solo  hanno ritenuto di non dover rinunciare ma, addirittura, hanno pensato di incrementare, con scriteriate ed arbitrarie iniziative, in violazione  delle  norme giuridiche che regolano la materia, ma anche in spregio ad una giurisprudenza che, con gli anni, è andata sempre più consolidandosi, con decisioni non solo dei giudici di merito, ma anche della suprema Corte di Cassazione.


Orbene, proprio il supremo Collegio, già il 25 agosto del 2014, con ordinanza n. 18575, depositata in Cancelleria, il successivo 3 settembre, ha  affermato un principio, peraltro,
più volte sottolineato anche da questo giornale, secondo cui le eventuali sanzioni, comminate da solerti Ausiliari del traffico e/o da agenti della Polizia municipale, in caso di sosta nelle aree delimitate dalle famigerate strisce, sono nulle se nelle vicinanze delle stesse non esistono spazi di parcheggio gratuito, o a disco orario, contrassegnati da strisce bianche.


Peraltro, nella stessa sentenza, viene invertito l’onere della prova, nel senso che “nel giudizio di opposizione a verbale di accertamento di infrazione del Codice della strada, grava sull’autorità amministrativa opposta, a fronte di una specifica contestazione da parte dello opponente – che lamenti la mancata riserva di un’adeguata area destinata a parcheggio libero – la prova dell’esistenza di tale obbligo ai sensi dell’art. 7, comma 8 del Codice della strada”.
    In buona sostanza, apertis verbis i supremi Giudici hanno confermato ciò che andiamo sostenendo da ben 7 anni, esattamente dal 4 maggio 2008.