L’impegno dei nostri imprenditori per la cultura è... commovente

A proposito della prossima visita di Vittorio Sgarbi a Gela, la scorsa settimana ho letto su un quotidiano locale del «grande impegno degli imprenditori gelesi per il rilancio della cultura nella nostra città».

Mi è venuto spontaneo sorridere. Ho pensato che fosse una boutade, dato che a Gela sulla cultura i “padroni del vapore” non hanno mai saputo investire nulla. D’altronde, tanto per non andare lontano, a breve verrà realizzato un docu-film sulla storia del Tiranno Gelone, che sarà pure un affresco della Sicilia greca del V secolo, ma non mi pare che alcun imprenditore ad oggi – tranne qualche illuminata eccezione – si sia fatto avanti per sostenere il progetto, e ciò nonostante la stessa amministrazione comunale abbia auspicato insistentemente un significativo coinvolgimento di commercianti, aziende e attività varie nella realizzazione del lungometraggio.

 

Certo, mi rendo conto che in un film che rievochi la grandezza di Gela antica non ci potrà essere mai il glamour o l’appeal, che invece si riassumono nella figura di Vittorio Sgarbi. Ma rimane la considerazione che mentre si parla di un rilancio turistico della città e di una valorizzazione del nostro territorio e del nostro ingente patrimonio archeologico, mancano poi le risposte di chi per primo dovrebbe beneficiare dal rilancio turistico, che sono appunto i commercianti e le aziende che svolgono attività nel nostro territorio.

 

Eppure lo stesso Sgarbi, o per convinzione o per circostanza, sottolinea intelligentemente quante potenzialità si celano nelle risorse naturali della nostra città e della sua storia lunga quasi tremila anni. Ma quando poi si porta avanti un iniziativa – come appunto la realizzazione di un film sulle nostre antiche glorie – che non sia solo celebrativa della città, ma si presenta pure come un formidabile biglietto da visita per rilanciarne l’ immagine nel mondo, ecco che si torna ad essere assenti, superficiali, distratti, rassegnati. Così si va avanti con convegni, conferenze e bla-bla-bla, a volte pure interessanti, certo pure essi necessari, ma di cui l’indomani non rimane nulla, e che soprattutto a nulla conducono. Naturalmente mi rendo conto come qualcuno potrebbe facilmente dire che questa mia analisi sia di parte. In verità è fatta con molta serenità, con disincanto, consapevole che per cambiare la storia o la corsa degli eventi bisogna osare, sapere “volare alto”. E da noi purtroppo non è così. D’altronde, un vecchio proverbio siciliano che tutti conosciamo dice: “Cu nasci tunnu un pò moriri quatratu”.