Un giudice, uno scrittore e un prete. I protagonisti ci sono, il tema è la mafia, la città è Palermo. Il collegamento tra i tre uomini potrebbe essere questo: un giudice viene ucciso dalla mafia, il prete celebra i funerali, lo scrittore scrive la sua storia.

Stavolta non è esattamente così. Lunedì 20 infatti nell’aula magna dell’istituto Enrico Mattei, la dirigente Agata Gueli ha concesso agli alunni – in collaborazione con l’associazione Libbra – la possibilità di poter conoscere una delle figure più incisive nella storia della lotta alla malavita, don Pino Puglisi, attraverso il libro “Il miracolo di Don Puglisi”.

A relazionare, l’autore e giornalista Roberto Mistretta e il giudice Giambattista Tona. Don Pino Puglisi ha speso la sua vita con e per i giovani, combattendo la criminalità organizzata nel quartiere palermitano di Brancaccio. Colpi di pistola alla nuca hanno ucciso nel 1993 padre Puglisi, proprio sotto casa sua. E’ forse la morte che esalta la gloria degli eroi, come quelli greci o latini che per l’onore hanno spesso sacrificato la loro vita in nome di una battaglia, di una vittoria o di un libro di storia che li ricordasse in eterno. Don Pino Puglisi è stato un eroe, ma non perché un giorno si parlasse di lui. Lo è stato per i suoi ragazzi, per quel quartiere di 70.000 abitanti che lo amava e lo odiava, come in una delle tante contraddizioni che caratterizzano la nostra bella Sicilia.
Roberto Mistretta vive a Mussomeli ma ha sempre avuto un legame particolare con Gela, qui ha imparato a nuotare e ha capito l’importanza dei sacerdoti. Ecco perché quando si parla di don Puglisi non si tira mai indietro. Mistretta racconta dell’arrivo di padre Puglisi a Brancaccio che a quei tempi aveva una sola scuola elementare. I ragazzi dovevano spostarsi per frequentare gli istituti superiori, attraversando quel passaggio a livello considerato come una frontiera che divideva Palermo da Brancaccio. Gli aneddoti più belli sono riportati nel testo grazie a Giuseppe Carini, un giovane che incontrò per la prima volta don Pino quando aveva soltanto vent’anni. Proprio a Carini il prete di Brancaccio chiese per la prima volta di radunare attraverso lo sport tutti quei giovani che vivevano in condizioni disastrate. Non esisteva un campo da calcio, ma l’ufficio pastorale andava più che bene per gettare il primo seme della bontà e dell’amore che don Puglisi provava verso i suoi ragazzi, verso il concetto di legalità. Giuseppe Carini adesso ha poco più di quarant’anni, è un collaboratore di giustizia e ha avuto un solo messaggio per gli alunni presenti nell’auditorium della Mattei: vivere sempre secondo i propri principi e la propria morale.


Il giudice Tona invece racconta ai giovani presenti in platea di come la vita e gli impegni presi non siano cose semplici, veloci da ottenere, ma è tutto in divenire, in costruzione, a partire dal loro modo di essere che sarà forte e capace di resistere anche alle minacce di un’organizzazione mafiosa. Palermo è ad un tiro di schioppo da Gela e forse le differenze non sono poi così grosse. Il giudice Tona descrive la nostra città come vivace e interessante perché qui si manifestano ed esplodono tutte le contraddizioni in maniera forse più visibile e comprensibile di quanto non accada in altri territori.
Bertolt Brecht diceva: “sventurata la terra che ha bisogno di eroi”. La nostra ne ha tanti purtroppo e uno di questi è don Pino Pugli