Chiusura coi botti per il Vittoria Jazz Festival, domenica 25 scorso.

Una marea di gente proveniente da ogni parte della Sicilia – con centinaia di posti a sedere occupati fin dal tardo pomeriggio, e tanta altra assiepata al di là delle transenne – ha partecipato al concertone dell’artista di casa – il sassofonista prodigio Francesco Cafiso (nella foto)  – che non ha voluto mancare alla serata di chiusura di un evento, divenuto in queste prime dieci edizioni un appuntamento fisso nel panorama jazzistico siciliano e nazionale.

 

Cafiso, che del festival è direttore artistico, ha fatto appena in tempo a partecipare alla kermesse jazzistica, essendo rientrato a Vittoria il giorno prima, dal viaggio di nozze a Bangkok. Lo aveva promesso ai suoi affezionati fan e ai suoi concittadini, programmando la sua attesa esibizione per la serata di chiusura.

 

Ha suonato con il suo nonetto (sei fiati, pianoforte, batteria e contrabasso), attingendo al suo vasto repertorio, tra standard americani e sue composizioni, e riproponendo alcuni dei brani inseriti nella sua ultima produzione discografica. “We play for tips” (Suoniamo per le mance) il titolo del suo concerto: un tributo a tutti quei jazzisti che, ancora ragazzo, Cafiso vedeva suonare per le vie di New Orleans con questa scritta sul cappellino.

 

Il festival jazz di Vittoria è molto seguito dai gelesi. Ci si incontra in via Cavour, lungo il tratto che porta a piazza Enriquez, location ideale per un evento del genere, con accanto la rinnovata ex centrale elettrica, sede di mostre di arti figurative.

 

Perché ci occupiamo del festival jazz di Vittoria, lontano una trentina di chilometri dal raggio di diffusione del nostro giornale? Per due amare considerazioni.

Vittoria, che ha pressappoco la metà dei nostri abitanti, è riuscita a creare attorno al suo talento Cafiso un sistema virtuoso con eventi che spaziano tra arte, musica, cultura e tipicità enologiche, così promuovendo la città e la sua produzione vinicola, con il Cerasuolo a fare da protagonista delle serate musicali, partner ideale che ben si sposa con il jazz. Il festival attira migliaia di persone che ogni anno affollano la cittadina ragusana, portando ricchezza per i tanti operatori commerciali che vi operano. 

 

Gela, dove non mancano le eccellenze – il pianista Alberto Ferro e il pittore Giovanni Iudice, per fare solo due nomi – non riesce neanche a copiare ciò che accade davanti al suo naso. Pensiamo ad una rassegna internazionale di musica colta (operistica, sinfonica, lirica) con la direzione artistica affidata al giovane concertista gelese, o una mostra permanente di arte contemporanea diretta da Iudice da allocarsi nello stabile di fronte alla Capitaneria, debitamente ristrutturato. Si dirà, ma Ferro è troppo giovane. A Cafiso è stata affidata la direzione artistica del festival Jazz di Vittoria sin dalla sua prima edizione (2008), quando il virtuoso e già popolarissimo sassofonista aveva appena 18 anni. E se l’è cavata egregiamente, potendo contare sulle conoscenze e sulle relazioni internazionali costruite durante le sue tournée, soprattutto oltreoceano. Come sta facendo il nostro Alberto. Tutta colpa dell’amministrazione comunale? Per una buona parte, sì. Il Comune dovrebbe farsi carico della maggiore spesa, avendo tra i suoi compiti quello della promozione dell’immagine della città e dello sviluppo economico del suo territorio. Ma c’è dell’altro. A Vittoria, oltre al Comune, intervengono finanziariamente i produttori di vino (Vittoria Jazz Festival, Music & Cerasuolo Wine). 

 

E non solo. Nella brochure distribuita ai turisti erano citate ben venticinque aziende che hanno contribuito al finanziamento dell’evento, con ritorno d’immagine per i rispettivi brand. A Gela, tutti sordi. Eppure qui hanno sede aziende che fatturano milioni di euro, senza che concedano nulla al territorio. Soprattutto quelle che operano nell’ambito dei servizi pubblici (pensiamo alla Tekra, utilizzata dall’amministrazione solo per farsi finanziare il giornale-propaganda edito dal Comune), o le banche. 

 

Nulla di tutto questo, in un territorio che va verso la desertificazione economica e culturale. Ammirevole il lavoro di alcuni giovani intraprendenti (ne riferiamo in questa stessa pagina), che a fatica e raccogliendo le modeste adesioni degli esercizi commerciali interessati, mettono su iniziative con cui ravvivare le calde e noiose sere d’estate.