Rubrica giuridica/Reato di truffa e differenza con altri similari

E’ di questi giorni la notizia di un falso finanziere che è riuscito a farsi consegnare dei soldi da alcuni centri scommesse sportive presenti in città, pur mostrando delle schedine non vincenti, approfittando del suo millantato status. 

In casi come questo si delinea un reato di truffa che vede l’agente procurarsi un ingiusto profitto traendo in inganno la vittima che compie di conseguenza in favore del reo un atto di disposizione patrimoniale da cui ricava un danno economico.

 

Il conseguimento dell’ingiusto profitto necessita quindi, affinché possa dirsi configurato il reato di truffa, della cooperazione della vittima che compie un atto volontario a proprio danno, indotta in errore da una condotta artificiosa dell’agente. Ciò differenzia il reato di truffa da quello di furto dove il comportamento antigiuridico dell’agente si perfeziona all’insaputa della vittima. Integra poi il reato di estorsione e non quello di truffa la prospettazione, da parte del reo, di un male futuro per la vittima, in termini di evento certo e realizzabile, ad opera del primo, atteso che in casi simili la vittima non è indotta in errore ma semplicemente posta nella ineluttabile alternativa di far conseguire all’agente il preteso profitto o di subire il male minacciato.

 

Se invece il male minacciato è prospettato come eventuale e in ogni caso indipendente dalla volontà dell’agente, allora può configurarsi la fattispecie di truffa, posto che la vittima si determina alla prestazione perché tratta in errore e non perché coartata.

 

L’atto pregiudizievole non deve necessariamente qualificarsi in termini di atto negoziale ma può essere integrato da una mera tolleranza, da un atto materiale o da un fatto omissivo, dovendosi ritenere sufficiente la idoneità a produrre un danno di natura necessariamente economica. Il profitto, invece, pur avendo natura patrimoniale non deve essere quantificabile economicamente.

 

Non è necessaria l’identità tra persona tratta in inganno e persona offesa dal reato, e quindi titolare dell’interesse patrimoniale leso, a condizione che sussista il rapporto causale tra l’induzione in errore e gli elementi di profitto e danno.

 

Secondo la Suprema Corte c’è un rapporto di specialità tra le fattispecie penali tributarie in materia di frode fiscale e il delitto di truffa aggravata ai danni dello Stato, in quanto qualsiasi condotta fraudolenta, diretta all’evasione fiscale, esaurisce il proprio disvalore penale all’interno del quadro delineato dalla normativa speciale.

Nel caso che ci occupa, però, il finto finanziere, attraverso la truffa perpetrata ai danni dei centri di scommesse sportive, pur non agendo con l’intenzione di evadere i tributi, procura di fatto un danno allo Stato, tenuto conto delle entrate fiscali che esso si garantisce attraverso il gioco d’azzardo in genere. Sarebbe pertanto configurabile un’ipotesi aggravata di truffa.