La Sicilia torna alle urne cinque anni dopo, per le Regionali.

Le elezioni del 2012 incoronarono Rosario Crocetta governatore dell’Isola. La prima volta di un gelese, dopo Aldisio, che della Sicilia era stato Alto Commissario, ma anche ministro della Repubblica, il primo e sin qui unico nostro concittadino a far parte di un dicastero nazionale.

 

L’elezione di Crocetta venne salutata (lo facemmo anche noi) come un evento salvifico per la Sicilia e per il nostro territorio, da sempre trascurato dal potere decisionale, complici gli ascari di turno che da sempre preferiscono asservirsi alla politica provinciale e regionale per i propri affarucci personali. Crocetta – gridammo – ci salverà dall’abbraccio mortale di quanti hanno succhiato risorse (non solo petrolio) in questo territorio. 

 

Crocetta ha deluso tutti. Ha deluso se stesso, tradito le aspettative dei suoi concittadini e il suo cerchio magico, alcuni già alla disperata ricerca di un salvagente, per non sprofondare insieme al loro untore, fuori dalla tornata elettorale di domenica 5 novembre.

Il grande assente. Il convitato di pietra, il cavaliere dimezzato, il fantasma d’Orleans. Gli appellativi si sprecano. Beh, diciamocelo: fa un certo effetto vederlo estromesso dalla competizione.

 

Facciamocene una ragione.

Torna il momento per Musumeci e Cancelleri, arriva la prima volta per Micari, Fava e La Rosa, i cinque che si contendono la poltrona di Crocetta.

Tra favoriti e outsider, la campagna elettorale si è infiammata negli ultimi giorni. Almeno per quel che riguarda la corsa per la Presidenza. E’ rimasta soft quella per l’Assemblea.

 

Pochi manifesti e santini, pochi spot televisivi e inserzioni sui giornali. Ovviamente, stiamo parlando di Gela, dove sono dieci a correre per un posto di deputato. Posti che sono stati ridotti da 90 a 70 (per il Collegio di Caltanissetta, il taglio è stato da quattro a tre). Corrono gli uscenti Arancio e Federico. Gli altri, tutti al primo tentativo, sono Angelo Caci, Paolo Cafà, Anna Comandatore, Ketty Damante, Nuccio Di Paola, Ennio Di Pietro, Enzo Pepe e Peppe Ventura. Solo due (Caci e Di Pietro) i neofiti della politica.

 

Tranne qualche big incallito, come Bersani e lo stesso Musumeci, quasi tutti si sono tenuti al largo dal palco di piazza Umberto, dove oltre ai due, è salito il pentastellato Di Maio con a fianco Cancelleri, mentre Salvini ha incontrato i suoi simpatizzanti al porto. Ci sfuggirà qualcuno, ma la maggior parte dei candidati all’Ars hanno preferito teatri ed alberghi.

Tornando ai seggi, proviamo a fare qualche previsione.

 

Chi ha più possibilità di farcela è uno dei due gelesi in lizza per il Movimento 5 Stelle, che secondo le previsioni dovrebbe conquistare uno dei tre seggi in palio. Infatti, sia nel caso che Cancelleri venga eletto presidente, sia che arrivi secondo (la legge riserva un seggio all’Ars al candidato sconfitto), il posto che la lista dovrebbe sulla carta conquistare nella provincia nissena rimarrebbe disponibile per chi tra Di Paola e Damante avrà raccolto più preferenze. 

 

E gli altri due seggi? Le liste più quotate sono Forza Italia, Pd e Sicilia Futura. Tre partiti per due posti. Forza Italia sembrerebbe il più vicino alla meta, ma il candidato gelese, l’uscente Federico, dovrà fare i conti con il candidato del nord della provincia Mancuso; più tranquillo l’altro uscente Arancio, del Pd.

 

Se il suo partito conquisterà il seggio (a scapito di Sicilia Futura), non avrà concorrenti accreditati in lista; se la buona sorte dovesse baciare invece il partito di Cardinale, il gelese Ventura dovrà vedersela, con incerte possibilità, con l’agguerrito deputato uscente dell’Udc Giancluca Miccichè.

 

Insomma, Gela torna ad essere artefice dei suoi destini. Un voto intelligente potrebbe premiare il territorio, come ai tempi di Speziale, Federico e Donegani, tre gelesi all’Ars.