Elezioni Ars.4/Partito democratico, cronaca di un disastro annunciato

La vera sorpresa di queste elezioni regionali è la tenuta del Pd di Raciti che ha incassato il 13% come nel 2012,

anche se a Palermo registra un risibile 8%. Nonostante cinque anni di malgoverno come riconosciuto in modo unanime, il voto strutturato (o forse clientelare) resiste alla batosta inflitta al centrosinistra, disceso dal 30,40% del 2012 al 25,4% attuale, col rettore Fabrizio Micari, unico candidato colpito dal voto disgiunto che ha intercettato solo il 18,6% dei consensi. Ma i tempi sono cambiati: allora le campane suonavano a favore del rivoluzionario Crocetta e Renzi il rottamatore sfoggiava ancora attestati di stima generalizzata.

 

 L’inefficienza del governo regionale, prono alle pretese del potere nazionale...

 e sordo rispetto alla legittima aspettativa, da troppo tempo disattesa, di un deciso cambio di passo nella (mala) gestione della cosa pubblica e la desertificazione politica – quasi 60 assessori avvicendatisi in 5 anni! – ha generato una paralisi amministrativa senza precedenti, delle cui disastrose conseguenze dovrà farsi carico il nuovo Governo. In questo panorama desolante non sorprende affatto il risultato del M5S che, rispetto alle regionali del 2012, ha raddoppiato i suoi consensi passando dal 14,90% al 26,6% delle preferenze. Con Giancarlo Cancelleri che grazie al voto disgiunto ha raggiunto la soglia del 34,6% contendendosi la presidenza con Nello Musumeci.  

 

Vero vincitore di queste elezioni, a fronte dell’astensione di oltre metà dell’elettorato, è il centrodestra, e non solo perché porta in dote a Musumeci la poltrona di governatore con il 39,84% delle preferenze ma anche grazie alla sua rimonta rispetto ai grillini, dati per favoriti in tutti i sondaggi estivi, come ricorda Gianfranco Miccichè ai microfoni di La7.  Indiscusso nella coalizione il predominio di Forza Italia che con il suo 16,4% si aggiudica la palma di secondo partito nell’isola dopo il M5S. E’ un risultato tanto più apprezzabile se si pensa che nel 2012 il Popolo della Libertà si fermò al 12,90%, complice la corsa solitaria di Micciché che si attestò a più del 15%.

 

Sorprendente è inoltre il risultato di Salvini e Meloni uniti in un connubio improponibile in Sicilia solo fino a qualche anno fa. Oltre a palesare la vocazione nazionale che la Lega va acquisendo – è caduto dal simbolo l’aggettivo “Nord” -  questo dato rivela una sintonia con la diffusione a livello europeo di movimenti di estrema destra alla Le Pen, e dimostra come la compattezza possa garantire la vittoria nel nostro sistema elettorale.  Non può sfuggire a nessuno che esiste da sempre in Sicilia un elettorato di destra, espressione di un conservatorismo radicato che assume un volto reazionario. La lista “Alleanza per la Sicilia” di Salvini e Meloni con il suo 5,6% di consensi rappresenta un unicum rispetto alla frammentarietà connaturata alla sinistra.

 

A parte il modesto risultato del Pd, la lista “Cento passi per la Sicilia” ha raccattato un poco entusiasmante 5,2% tra MdP, Verdi e Si, sebbene possa dirsi soddisfacente il 6,1% raggiunto da Claudio Fava che comunque non incide sugli assetti nazionali della sinistra. Ora tra i dem si fa a gara per rinfacciarsi le responsabilità di questa disfatta: c’è chi accusa Orlando di aver imposto un candidato sconosciuto, chi Micari per la mancanza di incisività, chi, come Faraone, addirittura attacca Grasso per la mancanza di coraggio, chi Fava per aver diviso la sinistra.

 

A parte l’alleanza con Alfano, indigesta al popolo di sinistra, anche sommando i voti del centrosinistra a quelli della lista Cento passi, si sarebbe comunque stati ben lontani da quelli registrati da Musumeci e Cancelleri. Non è lontano dalla realtà Di Maio, quando nello smarcarsi da uno scontro tv già concordato con Renzi, afferma di non riconoscerlo più come suo diretto competitore. Renzi si è giocato voti e credibilità non da ultimo a causa dell’appoggio concesso a Crocetta.

 

Un ulteriore dato è la debolezza dimostrata da Alfano e i suoi collettori di voti. La lista Alternativa Popolare si ferma al 4,8% ad un passo dalla soglia di sbarramento. La sorte evidentemente non arride chi si produce in disinvolte giravolte tra gli schieramenti: gli elettori fedeli a Berlusconi, cui Micciché aveva donato il mitico 61 a 0, non perdonano i voltagabbana.

 

Last but not least, degno di menzione è il collasso della lista Arcipelago che riunisce i candidati di Crocetta, Micari e Orlando, ferma a un misero 2,2%.  Crocetta sarà già andato da Renzi a chiedere il seggio parlamentare promessogli per la sua desistenza dalla competizione elettorale?