La sfida dello Stato islamico alla fragile Europa

San Giovanni Bosco, di cui il prossimo anno ricorreranno i 200 anni della nascita, diceva che l’estate era “la vendemmia del diavolo”. Come dare torto al fondatore dei Salesiani? Davvero l’estate è sempre stata portatrice di lutti e sventure. E questa estate del 2014 lo è stata forse ancor più delle precedenti, se è vero che a settembre dal ritorno delle vacanze, insieme agli incidenti, alle disgrazie, agli efferati omicidi di cui tanto ci hanno parlato le cronache, troviamo pure il mondo sull’orlo dell’abisso.

E questa non è una esagerazione, ma una constatazione dei fatti suffragata da molti osservatori internazionali. Oggi non sappiamo se dobbiamo più preoccuparci della gravissima crisi economica che grava su tutti noi, o dei conflitti armati che sembrano ormai espandersi a macchia d’olio. Il Medioriente è in fiamme, dall’Iraq alla Siria, dalla Palestina ad Israele, dalla Nigeria alla Libia e altri Paesi del Nord Africa. Il Terrorismo islamico, sotto le varie sigle - Isis in testa - sembra incontenibile nella sua marcia sanguinaria di conquista, e in una sorta di nuovo Medioevo i Mussulmani (quelli cattivi) sembrano volere riportare con la Jihad il mondo indietro di secoli, mentre i Mussulmani (buoni) tacciono… e attendono sviluppi. In mezzo c’è il massacro indiscriminato dei cristiani, crocifissi, decapitati, con donne stuprate o vendute come schiave, e bambini massacrati o addirittura arruolati nelle file dei terroristi. E a fronte di tutto questo assistiamo al vergognoso silenzio dell’Europa dei finanzieri e dei burocrati, i quali per quieto vivere, ipocrisia, forse anche paura, girano la testa dall’altra parte o si limitano a condanne verbali che naturalmente non portano a nulla.

Eppure fa impressione sentire un papa affermare “Stiamo vivendo una terza guerra mondiale… spezzettata”, ed ancora “dobbiamo fermare questo sterminio”. Certo, papa Francesco non dice come, e sappiamo pure quanto al pontefice stiano a cuore la pace e il dialogo interreligioso, ma quanto le sue parole vengono riprese dal Presidente della Caritas irachena, mons. Shleimon Warduni, che aggiunge poi: “l’Occidente sta sbagliando a sottovalutare i jihadisti. Se non  li fermiamo c’è li troveremo in Europa entro pochi mesi”, allora chi vuole intendere… intenda. E comunque c’è pure da chiedersi come questa Europa – ammesso si svegliasse – così apatica e decadente, priva ormai di passioni e di valori, ma soprattutto di identità, potrebbe affrontare un conflitto armato ai propri confini contro le furie islamiche. Ma come se non bastasse questa spinosa questione, c’è poi da pensare alla “strana guerra” fra Kiev e Mosca, che sta incidendo pesantemente anche sulla nostra economia.

Situazione delicatissima, che tradisce ancora una volta la vocazione “egemone” della Russia, tanto da potere dire oggi che nelle ambizioni espansionistiche di Putin rivive il sogno della vecchia Unione Sovietica di prevaricare su tutto e tutti, magari evocando un giorno sì e l’altro pure la minaccia atomica.
Queste quindi le sfide che ci troviamo ad affrontare dal ritorno delle vacanze. Ma la minaccia più grande rimane questo Stato Islamico, che ha deciso di annientare il mondo civile, che vorrebbe distruggere anche il Vaticano, e che ha pure un grosso vantaggio iniziale. Quale? Gli aderenti a quelle bande di barbari criminali – compresi molti occidentali – non hanno, come i nostri cittadini, l’assillo del dovere mantenere la famiglia, della disoccupazione galoppante, delle chiusure delle attività commerciali, delle bollette sempre più salate, dal caro-libri e chi più ne ha più ne metta. A loro basta avere un coltello per sgozzare e un kalashnikov per sparare. Non hanno altre necessità materiali, e vivono solo per se stessi, assolutamente liberi nella loro visionaria e criminale follia.