La politica che uccide la democrazia

La politica che uccide la democrazia

A distanza di quattro anni da quei referendum, dunque, il mancato passaggio – ancor oggi – di Gela, Niscemi e Piazza Armerina alla Città metropolitana di Catania, nonché di Licodia Eubea al Libero consorzio di Ragusa, non può più essere circoscritto solamente ad una questione di variazione dei confini territoriali, denotando piuttosto un totale disprezzo da parte della politica regionale verso principi di civiltà universali e dalla straordinaria portata storica, come il principio democratico ed il principio di legalità.


Letteralmente oltraggiato il principio di autodeterminazione democratica dei popoli, in un contesto di pieno rispetto delle leggi vigenti. Le quattro comunità sopra citate, infatti, con le delibere dei rispettivi organi consiliari, approvate tutte a maggioranza qualificata, unitamente al voto favorevole dei referendum confermativi, rispettarono ossequiosamente quanto espressamente formulato dalla Lr. 8/2014.

Stesso dicasi per le successive delibere consiliari approvate puntualmente dai rispettivi organi consiliari a maggioranza assoluta, costrette dall'articolo 44, comma 1, della Lr. 15/2015: un “norma transitoria” (non provvisoria, perché non prevede un termine temporale) il cui comma 2 rinvia manifestamente ad una tipica “legge provvedimento” (secondo quanto si legge nei manuali di Diritto Costituzionale) che l'Ars, gattopardescamente, non ha ancora ritenuto di approvare.

Apertamente violato anche il principio di legalità, che nell'esprimere il primato della legge, manifestazione della sovranità popolare, impone a tutti di osservarla, a partire dal legislatore stesso, al fine di evitare un utilizzo arbitrario nell'esercizio del potere. Un caposaldo storico del e nel passaggio dagli Stati assoluti a quelli nazionali (secondo quanto si legge non solo nei manuali di diritto ma più in generale in qualsiasi enciclopedia).

In uno Stato civile e democratico il legislatore non può dire ai cittadini come, quando e cosa fare, per poi contraddire quest'ultimi che ne hanno rispettato i dettami, contraddicendo se stesso. E' come dire: avete fatto quel che vi abbiamo chiesto, cambiando peraltro le regole in corso d'opera? Ebbene, abbiamo solo scherzato. Ciò è inconcepibile.
Nella scorsa legislatura, Piazza Armerina esprimeva nel collegio ennese la deputata regionale, al contempo Assessore alle Autonomie locali, Luisa Lantieri, mentre Gela esprimeva nel collegio nisseno due deputati regionali, Peppe Arancio e Pino Federico e, soprattutto, il presidente della Regione, Rosario Crocetta.

Nessuno di questi si è mai dichiarato favorevole al passaggio alla città metropolitana di Catania, in spregio al volere dei propri concittadini elettori. I comitati promotori di Gela e Piazza Armerina, oltre che di Niscemi, hanno dovuto diffidare con messa in mora a provvedere, propri concittadini (l'assessore ed il governatore) per vedere esitati i 4 ddl attuativi dell'art.44 della Lr. 15/2015, poi affossati in aula.

E, come hanno svelato in questi giorni gli stessi comitati, cambiano governo e legislatore, ma non cambia la sostanza. Dopo una serie di incontri ripetuti, lontano dai riflettori, i Comitati promotori sono di nuovo arrivati a pochi passi dal traguardo, con la presentazione di un emendamento – per il tramite del deputato grillino, Nuccio Di Paola – al ddl riguardante le elezioni degli organi di vertice degli enti intermedi: emendamento che, dopo varie e costanti rassicurazioni, è stato alla fine dichiarato inammissibile. Il tutto senza riuscire a sedersi 5 minuti per parlare della questione con il presidente della Regione Musumeci, manco fosse il Presidente dell'Onu. Nemmeno in Burkina Faso hanno una così scarsa considerazione del voto popolare.

E se è vero che i sindaci Fasulo e Messinese non hanno messo i bastoni fra le ruote alle strategie messe in atto dal comitato coordinato da Filippo Franzone, mai però si sono davvero intestati la battaglia con iniziative personali. Idem per tutti i consiglieri comunali che hanno votato due delibere sconfessate senza alcuna remora dall'Ars. Così come è vero che da quel referendum del luglio 2014, si è votato alle amministrative, alle regionali ed alle politiche, senza alcun accenno alla questione in campagna elettorale, con la chiara volontà di incanalarla nell'oblio. Sarà così anche alle prossime amministrative?