Urologia in ospedale, quando la sanità funziona

Urologia in ospedale, quando la sanità funziona

Quando si parla di sanità italiana, i problemi non mancano: abbandono delle strutture, gestione e organizzazione degli ospedali, carenze di personale, ma anche di attrezzature ed igiene.

Le pagine di cronaca sono costellate di notizie relative a casi di malasanità, purtroppo, molto frequenti. Parlando di malattie, poi, le notizie tristi la fanno da padrona e quelle positive fanno meno rumore. Una boccata d’ossigeno arriva dall’ospedale Vittorio Emanuele di Gela.

«Nessuno vorrebbe mai stare male o ricorrere alle cure dei medici ma quando ciò purtroppo accade, è importante, che ad assisterti, si trovino dei professionisti competenti e validi e lo sono proprio perché hanno fatto della loro professione, un’autentica "missione" e tutto questo, lo posso dire e confermare di averlo trovato e sperimentato presso il reparto di Urologia dell’Ospedale Vittorio Emanuele di Gela». Questo è un breve stralcio della lettera che un paziente di Caltanissetta ha scritto per ringraziare il dott. Sebastiano Condorelli (nella foto), i medici e gli operatori sanitari per le loro “competenze e profondo senso di umanità”.

«Ricevere questa lettera – ha affermato il dott. Condorelli responsabile del reparto di U.O.C. di Urologia – è un grande piacere per me, per il reparto, per gli infermieri, per tutti quanti noi. Siamo orgogliosi. Quello che vogliamo trasmettere all’esterno è tracciato esattamente dalle parole utilizzate da questo paziente, che continuiamo a ringraziare. Ci dà quella forza in più per andare avanti. Quando i pazienti – ha aggiunto – capiscono la tua propensione a far bene, a risolvere i problemi e ti rispondono in questa maniera, vuol dire che tutto non è vano e che hai fatto del tuo meglio per poter rendere meno dolorosa la loro persistenza in ospedale».

– Lei è qui dal settembre 2015. Cos’è cambiato?
«Il personale infermieristico che ho trovato qui, è straordinario. E questo mi dà serenità quando sono fuori. Ho instaurato un buon rapporto con tutti. In tre anni e mezzo, abbiamo incrementato le attività ambulatoriali, i servizi per quanto riguarda l’attività oncologica, i follow up per patologie oncologiche, trattiamo tutta la calcolosi. Ho rinnovato la convenzione con l’università di Catania. Avremo gli specializzanti qui da noi. Cerchiamo di limitare e un po’ ci siamo riusciti, la migrazione del paziente, offrendo al paziente stesso, un ventaglio di opzioni terapeutiche. Stiamo cercando di fare questo e con il nuovo Direttore generale siamo orientati a cercare ancor più di trattenere tutti i pazienti che vengono da noi.

Abbiamo intenzione di far diventare Gela un punto di riferimento regionale per il trattamento delle patologie prostatiche. Le professionalità ci sono, i medici bravi ci sono. La volontà c’è tutta. I gelesi hanno bisogno di essere assistiti, seguiti e curati nella propria città, senza dover fare almeno 100 km per sentirsi garantiti nell’ambito della sanità. Il mio obiettivo è quello di incrementare ancora di più questo senso di rasserenamento, di protezione, di buona sanità, che qui in città si può fare».

– Quali sono le patologie più diffuse?
«La patologia prostatica è quella più frequente nell’uomo dai 50 anni in su. Su 10 uomini, almeno 4 dopo i 50 anni accusano patologie dell’apparato urinario e il 50% sono di origine prostatica. Stiamo cercando con questa Direzione, di trattenere questa fascia di popolazione così numerosa e offrire loro la chance di trattare l’ipertrofia prostatica benigna con un trattamento mini-invasivo e in anestesia locale. Se riusciamo in questo, facciamo un ulteriore passo avanti nei confronti della cittadinanza gelese e dei comuni limitrofi».

– Da pochi mesi si è insediato il nuovo direttore generale dell’Asp dott. Alessandro Caltagirone. Qual è la sua impressione?
«Sicuramente ha una marcia in più. È laureato in ingegneria nucleare e specialista in ingegneria clinica. Parlando con lui, hai la sensazione che ti capisca realmente, comprenda le tue necessità. Questo per un chirurgo, per un medico, per un operatore della sanità, è il massimo che possa capitare. Non hai bisogno di perderti in parole per spiegare quello di cui hai bisogno. É molto diretto. Questa, è un’Azienda difficile, con difficoltà economiche, finanziarie, di personale.

Secondo me, è la persona che può mettere sui binari giusti l’Azienda per farla correre. Ha bisogno di un po’ di tempo, ma siamo nella giusta direzione per salvare quello che di buono c’è. Abbiamo discusso a lungo e ci siamo capiti su ciò che è veramente necessario. È in atto la procedura per l’acquisto di nuovi macchinari per quanto riguarda il trattamento mini-invasivo delle patologie urologiche. Ho chiesto di potenziare il personale e arriveranno nuovi medici. Attualmente, siamo ridotti ad una sala operatoria a settimana. Le sedute operatorie saranno incrementate così da averne almeno una in più. Mi trovo molto bene a parlare e a discutere con lui, perché mi sento capito».

– Progetti futuri?
«La mia intenzione è quella di fare un progetto con le scuole, perché vorrei dare un segnale forte, non solo agli alunni, agli studenti, ma soprattutto alle famiglie, perché in un territorio così ad alto rischio, come quello di Gela, (in Sicilia ce ne sono più di uno), dove l’impatto ambientale, ecologico è così forte dal punto di vista negativo, è stato registrato un incremento di patologie tumorali. Da quando sono qui, ho operato un numero veramente elevato di tumori al testicolo in giovani dai 15 ai 25-30 anni. Sto facendo un lavoro scientifico al riguardo, assieme all’università di Catania, perché voglio capire se questo ha un significato epidemiologico forte.

Non solo tumori al testicolo, ma anche patologie di tumori alla vescica, all’apparato urinario, in soggetti non anziani, parliamo di quarantenni, cinquantenni. Questo territorio, purtroppo, è stato devastato dal punto di vista ambientale, da anni di "disattenzione". Oggi è venuto il momento di dare un aiuto a queste persone. E l’aiuto si può dare, non solo trattando la patologia, ma soprattutto facendo prevenzione. Lo screening per i giovani, dai 15 fino ai 25-30 anni, è fondamentale per la prevenzione di malattie così comuni. Prevenire per evitare che i giovani di questo paese perdano la vita in tenerissima età».