Gela, città-trincea, vittima dei lavori stradali incontrollati

Gela, città-trincea, vittima dei lavori stradali incontrollati

Passeggiare o guidare per le vie di Gela è ormai un’esperienza che assomiglia più a un percorso a ostacoli che a una normale attività quotidiana.

Le strade cittadine sono diventate eterne trincee, solcate da scavi continui e spesso sovrapposti per la posa in opera di cavi e tubazioni destinati a luce, gas, telefoni, acqua e fognature. Un assalto costante al sottosuolo, senza tregua e senza una direzione chiara.

Il cittadino gelese, rassegnato e impotente, si trova ogni giorno a dover fare i conti con cantieri improvvisi, deviazioni non segnalate, buche lasciate aperte per settimane e un traffico gestito con una sciatteria disarmante. A piedi o in auto, si è chiamati a subire e, soprattutto, a tacere. I lavori sono necessari — ci dicono — perché “garantiscono servizi importanti alla città”. Nessuno lo mette in dubbio. Ma l’assenza di una programmazione credibile e il totale caos operativo mettono in discussione la sostenibilità dell’intero sistema.

Ci si chiede: è normale che vengano autorizzati contemporaneamente lavori in zone attigue, impedendo ogni possibilità di percorsi alternativi? Perché non si pianificano gli interventi in maniera intelligente, evitando che scavi diversi si sovrappongano a pochi metri di distanza o a pochi giorni di distanza l’uno dall’altro?

La risposta è semplice e insieme allarmante: manca una vera programmazione.

Manca una regia. Mancano direttive comuni. Manca (e qui il paradosso è completo) anche una mappa aggiornata e unificata delle reti cittadine. Sì, perché a Gela non esiste un catasto tecnologico digitale delle infrastrutture interrate. Le reti idrica, fognaria, elettrica, telefonica e metanifera sono un mistero condiviso. Così ogni impresa si muove alla cieca, con il rischio di danneggiare tubature o cavi di altri gestori, generando altri interventi, altri ritardi, altri costi.

Il cittadino, intanto, è chiamato ad adeguarsi. Nessuna comunicazione preventiva, né cartelli informativi che spieghino l’inizio o la durata dei lavori. Le ordinanze di chiusura delle strade arrivano tardi, a volte a lavori già iniziati. Nessun vigile urbano regola il traffico nelle aree critiche. E chi protesta si sente rispondere che «sono lavori necessari per il bene della città». Forse sì, ma a che prezzo?

La domanda non è retorica. Perché in una città che fatica già a garantire servizi minimi, l’accumulo di disagi, la percezione diffusa di abbandono, il senso di impotenza di fronte a buche, cantieri e deviazioni, contribuiscono a logorare il rapporto di fiducia tra cittadini e amministrazione.

Eppure, in un contesto così fragile, accade qualcosa di inatteso: le ditte specializzate negli scavi fanno a gara per venire a lavorare a Gela. Lo rivela un ingegnere gelese che opera in varie province siciliane. Alla domanda sul perché, la risposta è spiazzante: «Perché qui – spiega il tecnico - i controlli sono pochi, senza la dovuta severità e, a volte, del tutto inesistenti».

In altre parole, Gela è percepita come un terreno fertile per chi vuole operare in fretta, con poca burocrazia e con minimi rischi di essere sanzionato. Una situazione che non fa onore all’amministrazione e che getta un’ombra pesante sull’intero sistema di gestione dei lavori pubblici. Le cause? Le solite, ormai vecchie nel tempo: carenza di personale tecnico negli uffici comunali, disorganizzazione cronica, superficialità amministrativa.

Il danno più visibile è quello lasciato sull’asfalto. A fine lavori, infatti, la maggior parte delle strade non viene mai ripristinata a regola d’arte. Solo pochi rispettano l’obbligo di ricostruire l’intera sezione danneggiata. La prassi più diffusa è un rapido riempimento della trincea con calcestruzzo e un sottilissimo strato d’asfalto. In alcuni casi, nemmeno quello: restano crateri coperti malamente, strisce grigie tra il nero dell’asfalto, tratti sbriciolati alle prime piogge.

In centro come in periferia, le strade gelesi sono sfregiate, sventrate, pericolose. E chi ne paga le conseguenze sono i pedoni, gli automobilisti, i ciclisti, le famiglie, le attività commerciali, i pochi turisti che vanno via delusi. 

Nel tentativo di tappare i buchi, in senso letterale e figurato, si è pensato di affidare il compito alla Ghelas Multiservizi, la società in house del Comune. Ma trasformarla di colpo in una sorta di impresa edile di pronto intervento si è rivelata un’illusione costosa e inefficace. Ghelas non ha né mezzi né competenze per affrontare lavori di ripristino strutturale. L’effetto, dunque, è solo apparente e temporaneo. E a fronte di risultati scadenti, si aggiunge un ulteriore aggravio per le casse comunali, già svuotate dai debiti e dal dissesto finanziario.

Gela non può più permettersi questo stillicidio. Serve un cambio di passo, deciso e coraggioso. Serve un piano organico degli interventi, una mappa condivisa delle reti, un coordinamento tra Comune e gestori, controlli seri sui cantieri, sanzioni severe e certe per chi non ripristina. E serve, più di ogni altra cosa, rispetto per i cittadini, per le loro esigenze e per la dignità di una città che merita ben altro.

O si cambia davvero rotta, o Gela continuerà ad affondare nei suoi stessi cantieri. Non per colpa delle ruspe, ma per l’incapacità di chi dovrebbe guidarle.