Il suicidio assistito di Gela e della Sicilia

Il suicidio assistito di Gela e della Sicilia

Suicidio assistito? Scusate, ma c’era proprio bisogno di attendere la sentenza della Corte Costituzionale per rendersi conto che, in alcuni casi, è legittimo?


Perché anche su questo fronte, come al solito, la Sicilia è avanti di svariati anni sul tema: la nostra beneamata isola è soggetta a queste pratiche fin dai governi Cuffaro, Lombardo e Crocetta. E questi tre ex presidenti della Regione sicuramente stanno brindando allo scampato pericolo: hanno aiutato, negli anni, la Sicilia a morire (con la complicità degli ingenui siciliani che li hanno eletti). Ed anche l’attuale governo Musumeci, che si trova a dover curare un’isola ormai moribonda, non ha ancora deciso se tentare di salvarla o dare il colpo di grazia finale.

E’ singolare (sono le coincidenze che non ti aspetti) che la sentenza della Consulta sia giunta nello stesso giorno della sfilata per l’inaugurazione della “raffineria verde” dell’Eni. Anche questa, aperta con due anni di ritardo sulle previsioni, è il frutto di un “suicidio assistito” della comunità gelese da parte del governo Renzi, della Regione, dell’amministrazione comunale del tempo, che hanno permesso, nel 2014, il ridimensionamento della presenza Eni in città, senza prevedere precise e sufficienti compensazioni a favore della comunità.

E infatti, al di là delle sfilate inaugurative di autorità di ogni genere e tipo, la realtà lascia sempre dubbi irrisolti. A partire dalle bonifiche, che non vengono fatte come si dovrebbe, col risultato che nelle aree dell’ex petrolchimico persistono zone ad alto inquinamento, non ancora rimosse. Per continuare con i dati occupazionali, con la città ormai diventata meno popolosa e con pochissimi lavoratori del settore industriale. Per finire (ma solo per ora) con le morti per tumore e le malformazioni neonatali, di gran lunga superiori alle medie nazionali, acclarate dal rapporto Sentieri, e per le quali, se continua così, l’Eni riuscirà ad evitare di pagare il conto.

Ma l’importante è sfilare, inaugurare, tagliare i nastri. La macchina mediatica dell’Eni si è presentata in grande stile all’appuntamento, puntando sulla “raffineria verde” ma dimenticando volutamente bonifiche, indotto, problemi sanitari. Ma attenzione, non caschiamo nel tranello: stiamo assistendo all’ennesimo “suicidio assistito” di una comunità che, nell’anno 2019, sta imparando a reggere la propria economia sul reddito di cittadinanza. C’è solo da piangere. E da lottare.