Variazioni territoriali, all’Ars due pesi e due misure, Franzone (Csag): Ad aprile il voto per le ex province, siamo arrivati al dunque)

Variazioni territoriali, all’Ars due pesi e due misure, Franzone (Csag): Ad aprile il voto per le ex province, siamo arrivati al dunque)

In Sicilia variano i confini territoriali di alcuni comuni e non di altri.

Diritti acquisiti da alcune comunità nel rispetto della legge vigente, non vengono riconosciuti ad altre comunità, per contro, in spregio alla legge vigente. Nella terra del gattopardo, capita cioè che vengano ratificate con legge ad Agrigento, Aragona e Favara, variazioni territoriali invece negate a Gela, Niscemi, Piazza Armerina e Licodia Eubea.

La Sicilia è la terra del gattopardo perché così la vuole, innanzitutto, la sua assemblea regionale che si vanta di essere il parlamento più antico del mondo occidentale, democraticamente evoluto. Ma non è nobile un Parlamento che non rispetta o, meglio, che rispetta solo quando gli conviene, un principio storico di civiltà democratica come il principio di legalità che nasce già con la comparsa dei primi Stati nazionali, come argine al potere arbitrario ed assoluto.

Il principio di legalità altro non è che il primato della legge: un comando generale che tutti devono osservare, anche e soprattutto chi quel comando l'ha impartito. Un principio che esige che a rispettare per primo il contenuto di una legge sia proprio il legislatore stesso.

Sulla base di ciò, possiamo ragionevolmente asserire – e ci tratteniamo non poco nel farlo - che in tema di variazioni territoriali, l'Ars ha fatto letteralmente schifo, esprimendo il peggio di se stessa e della politica regionale che si annida a Palazzo dei Normanni. Con l'ignorante ed ipocrita complicità di una stampa regionale che, ad eccezione di qualche sparuto episodio, ha sempre eluso l’argomento.

Da anni, le comunità di Gela, Niscemi, Piazza Armerina e Licodia Eubea attendono il rispetto della legge e del suo primato. Il tutto, all'interno di una Riforma delle province che la Sicilia annunciò per prima fra le regioni, ma che ancora non è riuscita nemmeno ad essere l'ultima nel completarla, costringendo gli enti intermedi territoriali ad un "commissariamento" quasi decennale.

Uno "scandalo" di proporzioni colossali, quasi quasi benedetto da mass media regionali e nazionali, ma che altrove in una compiuta democrazia, avrebbe fatto letteralmente saltare decine poltrone e probabilmente spinto anche la magistratura in qualche modo ad intervenire, per far valere un minimo di responsabilità, oltre che di pudore.

Ci sono comunità, in piena e puntuale osservanza di disposizioni legislative vigenti, che hanno deliberato di trasferirsi da un ente di area vasta ad un altro, senza che venisse meno la continuità territoriale e gli altri paletti fissati dalla legge. Gela e Niscemi, dal libero Consorzio di Caltanissetta alla Città metropolitana di Catania. Piazza Armerina, dal Libero consorzio di Enna alla Città metropolitana di Catania. Licodia Eubea, dalla Città metropolitana di Catania al Libero consorzio di Ragusa. Ben due sono state le delibere consiliari a maggioranza qualificata approvate, intervallate da un Referendum confermativo che ha visto la quasi unanimità nei Sì.

Ma quando su precisa disposizione di legge, il presidente della Regione ha trasmesso i 4 ddl predisposti dall'assessorato alle Autonomie locali sulle variazioni territoriali decise dai cittadini di quelle comunità, cittadini "sovrani", la Prima Commissione dedicata agli affari istituzionali ha deciso per il "passaggio al non esame degli articoli", adducendo motivazioni pretestuose e infondate.

Richiesta, guarda un po’, approvata puntualmente dall'aula – chissà perché a voto segreto – nella bellissima e prestigiosa Sala d'Ercole, affossando (come si dice in gergo) quei 4 disegni di legge e commettendo un delitto democratico a tutti gli effetti, dove il legislatore contraddiceva se stesso, pur di mantenere inalterati i confini dei collegi elettorali provinciali coinvolti, anziché essere poi modificati alla stregua delle intervenute variazioni nei territori interessati.

Ma l’affossamento istituzionale non ha chiuso la questione, spingendola nel dimenticatoio. La questione è invece rimasta viva, come in vigore sono le disposizioni che la legittimano. La questione è ora approdata al Tar in attesa che presidente di Regione ed i tre sindaci metropolitani emanino i rispettivi decreti di indizione delle elezioni di secondo grado dei sei presidenti e consigli consortili, nonché dei tre consigli metropolitani. Questo grazie all’azione, che non è mai venuta meno, dei comitati di Gela, Niscemi e Piazza Armerina, che con le forza delle proprie risorse umane e materiali, si sono opposti al volere dei deputati che si atteggiano a signorotti medievali di collegi elettorali visti come feudi da difendere ad oltranza.

Sicché, non ci sorprende se tre comuni dell’agrigentino – il capoluogo, Aragona e Favara – abbiano deciso attraverso una delibera consiliare ed un referendum consultivo di variare i propri territori in forza ad una legge in vigore, solennemente rispettata dal legislatore stesso, a differenza che nel caso di Gela, Niscemi, Piazza Armerina e Licodia.

E non ci sorprende affatto che l’intera procedura sia stata espletata alquanto celermente. In effetti, il ddl (1 e non 4) predisposto dall’Assessorato alle Autonomie locali, approvato in giunta e trasmesso dalla Presidenza della regione alla Prima commissione all’Ars, è stato discusso e votato positivamente da quest’ultima alla prima seduta utile, senza addurre alcuna perplessità e nonostante mancasse la precisa descrizione delle variazioni territoriali. Mancanza colmata da un emendamento in aula, la quale ultimo ha subito incardinato il ddl, approvandolo – a voto palese e non segreto – sempre alla prima seduta utile. Il tutto si è consumato in pochissimi giorni, con pubblicazione in gazzetta ufficiale poco prima del Natale appena passato.

«Quello che è avvenuto – osserva il portavoce dei comitati gelesi, niscemesi e piazzesi, Filippo Franzone – con questa legge pubblicata in Gurs il 20 dicembre scorso e quindi già entrata in vigore da qualche giorno, sulle variazioni territoriali dei tre comuni dell’agrigentino, dimostra come la coerenza per il legislatore siciliano sia una virtù sconosciuta, lavorando a… convenienza alternata. In pratica variare i territori, con i rispettivi cittadini che vi risiedono, per alcune comunità è possibile, per altre no!

E’ possibile per porzioni dei territori di Agrigento, Aragona e Favara, non è possibile per Gela, Piazza Armerina e Niscemi. Eppure l’iter previsto dalle leggi è stato rispettato in entrambi i casi. La ragione è palese: per le variazioni all’interno dell’agrigentino non entrano in gioco i collegi elettorali delle elezioni regionali, mentre a seguito delle variazioni territoriali di Gela, Niscemi, Piazza Armerina e Licodia Eubea, con trasferimento da un ente intermedio ad un altro, la prima conseguenza successiva sarebbe stata la revisione dei collegi elettorali e cioè del bacino di voti consolidato dai deputati eletti.

Ma si può sacrificare – prosegue Franzone – la volontà popolare, il principio di autonomia e di democrazia solo per far piacere ad uno sparuto numero di deputati regionali? La risposta è ovvia e la conosciamo tutti, è per questo che ci battiamo da anni senza mai rinunciare ad un diritto che allo stato attuale ci viene negato. Anche in Sicilia alla fine la democrazia trionferà, perché non bastano pochi eletti per sconfiggere il popolo».

Una legge di approvazione di variazioni territoriali, preparata, transitata ed approvata, per quanto in tempi brevissimi, peraltro, senza che nessun deputato dei collegi di Caltanissetta ed Enna, intervenisse per far notare che si stavano adottando due pesi e due misure, con estrema penalizzazione di una larga parte geografica e soprattutto demografica (Gela e Niscemi, prima e terza città per popolazione del nisseno, Piazza Armerina seconda nell’ennese) dei territori che li hanno eletti.

«Da cittadini gelesi, piazzesi e niscemesi, non abbiamo potuto fare a meno di notare – conclude Franzone – che i deputati regionali di questo territorio non sono pervenuti, nessuna sollevazione per la parità di trattamento, per il mancato rispetto delle volontà popolari. Abbiamo la certezza della presenza all’Ars nella seduta di approvazione della legge in questione, di Arancio e Di Paola, non sappiamo se erano presenti la Damante e la Lantieri. E’ indecente essere eletti in un territorio e per il territorio per poi non sposare le volontà espresse dal popolo del territorio che li elegge».

Ma questa è la terra del gattopardo, come ricordavamo, dove tutto può diventare nulla e nulla può diventare tutto, secondo le convenienze politiche dell’accozzaglia di turno eletta a Palazzo d’Orleans ed a Palazzo dei Normanni. Accozzaglia di incompetenti e lestofanti che sviliscono il ruolo ed il prestigio del Parlamento più antico fra gli stati democratici, umiliando i siciliani in barba alla tanto decantata autonomia (confusa con l’arbitrio e l’abuso) dello statuto speciale.

(nella foto Filippo Franzone)

ULTIM'ORA/ La nota di Franzone (Csag): Siamo arrivati al dunque

Il Governo Regionale ha deciso (forse, visti i ripetuti rinvii operati all’ultimo momento dal 2014 ad oggi), la data per svolgere le elezioni di secondo grado dei presidenti e consigli delle ex province: il 19 aprile 2020.

Nessuno più, in ambito regionale, fa cenno alle mancate variazioni territoriali scaturite a seguito della L.r. 8/14 e della L.r. 15/15, eppure rappresentano una grave violazione dei principi di democrazia e legalità sui quali il Tar sarà chiamato a pronunciarsi. Un giudizio, quello del Tribunale Amministrativo Regionale che è mancato solo per le continue marce indietro del Governo Regionale che prima indice e subito dopo rinvia le elezioni. Noi non siamo mai retrocessi dalle nostre intenzioni, nemmeno di un centimetro, aspettandoli al varco. E come in passato, anche oggi siamo pronti ad agire, nella speranza di mettere finalmente un “punto” a questa annosa vicenda.

Vale la pena di ricordare che, in piena e puntuale osservanza della disciplina normativa di settore vigente, le Città di Gela, Piazza Armerina e Niscemi hanno scelto di aderire alla Città Metropolitana di Catania. Dopo varie peripezie, tra cui due delibere consiliari (in due diversi mandati politico-amministrativi) intervallate da un referendum confermativo per ogni comune, queste tre comunità, raggiunto l’obiettivo, sono state ad oggi private della loro libertà e di un diritto acquisito.

Ma non solo. La violazione riguarda anche il principio di uguaglianza e parità di trattamento tra cittadini “sovrani”, da parte di una Regione, quella Siciliana, che sembra procedere - a questo punto lo possiamo dire perché al contrario mentiremmo a noi stessi in primis oltre che agli altri - a convenienza alternata.

Da cittadini di una Repubblica quale l’Italia e di una Regione, la Sicilia, che vanta il più antico parlamento del mondo, ci aspettiamo che la parità di trattamento sia alla base della democrazia, che il rispetto delle istituzioni nei confronti del popolo e viceversa sia sacrosanto, che il rispetto delle Leggi sia un obbligo per tutti. Ed invece no!

Perché in Sicilia spesso il cittadino è trattato da suddito, e chi legifera infrange le più elementari norme di rispetto reciproco e le Leggi si pretende che le osservi solo il popolo.
Riepilogando, ancora oggi si combatte contro la volontà della Regione Siciliana e dell’ARS di non dare seguito alle volontà popolari espresse nel 2014, con referendum confermativo, dai cittadini di Gela, Piazza Armerina e Niscemi, che hanno scelto di lasciare i Liberi Consorzi di Caltanissetta ed Enna per entrare nella Città Metropolitana di Catania, nel pieno rispetto delle normative vigenti, vicenda approdata al Tar ed in attesa dell’ indizione delle elezioni dei rappresentanti delle ex province, per avere la definitiva pronuncia.

Noi riteniamo che sia sbagliato mettersi contro le volontà popolari, specialmente quando il popolo aderisce alle richieste messe nero su bianco su una cornice, quella legislativa, a cui l’ordinamento conferisce il “primato”, per verificare poi che chi deve attuare le scelte popolari fa orecchie da mercante. Per tal motivo in questa vicenda non abbiamo nulla in contrario con le comunità di Agrigento, Aragona e Favara, condividiamo in pieno la loro scelta, operata attraverso una delibera consiliare ed un referendum consultivo.

Veniamo al punto, allora. Il 10 dicembre 2019, è all’esame dell’Ars il Ddl 648/A “Variazione territoriale dei confini dei comuni di Agrigento, Aragona e Favara”. La discussione in I Commissione (Affari Istituzionali) era appena avvenuta, il 26 novembre del 2019, a dimostrazione che quando vogliono, riescono a decidere in fretta. Ebbene, il 20 dicembre 2019, il ddl approvata 6 giorni prima diventa Legge 14 dicembre 2019, n: 16 ed è pubblicata in Gurs. In proposito, l’Assessorato agli enti locali, non predispone tre disegni di legge (uno per ogni comune come fu per Gela, Niscemi e Piazza Armerina), ma uno solo che la Presidenza della Regione delibera istantaneamente in giunta, trasmettendolo in Prima commissione.

La quale ultima, non oppone la minima obiezione (al contrario di quanto avvenne per Gela, Niscemi e Piazza Armerina tanto da richiedere all’aula il “non passaggio all’esame degli articoli”) e approva subito il testo, inviandolo all’aula che lo incardina immediatamente, si accorge alla prima seduta utile di una evidente lacuna nel testo (passata inosservata in prima commissione) e la colma con un emendamento, per poi approvarlo alla successiva seduta. Ovviamente, a voto palese, con seduta ed alzata (e non a voto segreto come invece avvenne – come mai? - per il DDL di Gela).

Quello che è avvenuto con questa Legge dimostra come la coerenza per il legislatore siciliano sia una virtù sconosciuta, lavorando a… convenienza alternata.
In pratica variare i territori, con i rispettivi cittadini che vi risiedono, per alcune comunità è possibile, per altre no! (misteri della legislazione siciliana) E’ possibile per porzioni dei territori di Agrigento, Aragona e Favara, non è possibile per Gela, Piazza Armerina e Niscemi. Eppure l’iter – ve lo abbiamo raccontato - è lo stesso, regolamentato in entrambi i casi da Leggi regionali che in entrambi i casi sono state rispettate.

E allora quale è la differenza? Noi la risposta l’abbiamo, e lo diciamo da tempo: la modifica dei collegi elettorali per le elezioni regionali.
Ma si può sacrificare la volontà popolare, il principio di autonomia e di democrazia solo per far piacere ad uno sparuto numero di deputati regionali? La risposta è ovvia e la conosciamo tutti, è per questo che ci battiamo da anni senza mai rinunciare ad un diritto che allo stato attuale ci viene negato.
Anche in Sicilia alla fine la democrazia trionferà, perché non bastano pochi eletti per sconfiggere il popolo.

Da cittadini gelesi, piazzesi e niscemesi, non abbiamo potuto fare a meno di notare che i deputati regionali di questo territorio non sono pervenuti, nessuna sollevazione per la parità di trattamento, per il mancato rispetto delle volontà popolari. Abbiamo la certezza della presenza all’Ars quel giorno di Arancio e Di Paola, non sappiamo se erano presenti la Damante e la Lantieri. E’ indecente essere eletti in un territorio e per il territorio per poi non sposare le volontà espresse dal popolo del territorio che li elegge.