La contesa per il seggio tra Cavallo e Morselli finisce alla Consulta

La contesa per il seggio tra Cavallo e Morselli finisce alla Consulta

Nulla da fare per Sara Cavallo che dovrà ancora attendere il definitivo pronunciamento del Tar Palermo, che sarà successivo a quello della Corte Costituzionale innanzi alla quale lo stesso giudice amministrativo di primo grado ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell'art.3 della L.r. 6/2020.

Giudizio sospeso, dunque, con Romina Morselli che rimane consigliera comunale nelle more del completamento dell'iter processuale, ora gravato da un ulteriore passaggio alla Consulta. Difficile, con l'epidemia in corso, ipotizzarne i tempi. 

Con ordinanza pubblicata mercoledì 28 ottobre 2020, la sezione prima del Tribunale amministrativo regionale si è pronunciata sul ricorso presentato da Sara Cavallo, candidata alla carica di consigliere comunale di Gela e prima dei non eletti della lista “Avanti Gela” (collegata al candidato sindaco sconfitto al ballottaggio, Giuseppe Spata). 

Rappresentata e difesa dall'avv. Stefano Polizzotto, la ricorrente ha sostenuto che l’Ufficio centrale elettorale non avrebbe correttamente determinato il premio di maggioranza e che, conseguentemente, la stessa Sara Cavallo avrebbe dovuto essere proclamata eletta in luogo di Romina Morselli ultima degli eletti nella lista "Un'Altra Gela" (collegata al candidato eletto sindaco al ballottaggio, Lucio Greco). Per contro, quest'ultima si è costituita in giudizio, con il patrocinio degli avv. Rubino e  Impiduglia, chiedendo il rigetto del ricorso.

Il presidente Calogero Ferlisi ed i consiglieri Aurora Lento e Roberto Valenti, riunitisi in camera di consiglio in data 22 ottobre 2020, hanno dichiarato "rilevanti e non manifestamente infondate", le questioni di legittimità costituzionale dell’art. l’art. 3 della legge regionale siciliana n. 6 del 3 marzo 2020, per violazione degli articoli 3 secondo comma; 24 primo comma; 103 primo comma, 111 secondo comma e 117 primo comma della Costituzione.

Secondo quanto si legge nell’ordinanza: «con l’art. 3 della Legge regionale 3 marzo 2020, n. 6, il legislatore ha previsto che “Il comma 6 dell'articolo 4 della legge regionale 15 settembre 1997, n. 35 e successive modifiche ed integrazioni si interpreta nel senso che, per i casi nei quali la percentuale del 60 per cento dei seggi non corrisponda ad una cifra intera ma ad un quoziente decimale, l'arrotondamento si effettua per eccesso in caso di decimale uguale o superiore a 50 centesimi e per difetto in caso di decimale inferiore a 50 centesimi”.

Sulla base della predetta ultima norma, il ricorso andrebbe accolto – (a favore della Cavallo) precisa il Tar - stante l’applicazione retroattiva della disposizione che deriva dalla natura “interpretativa” che il legislatore regionale ha attribuito alla stessa. Di contro, in assenza della norma in parola, ovvero di declaratoria di sua illegittimità costituzionale, il ricorso dovrebbe essere invece rigettato – (a favore della Morselli) prosegue il Tar - atteso l’orientamento granitico della giurisprudenza amministrativa».

Va precisato da subito che il giudice amministrativo si è più volte attenuto ad una “interpretazione autentica” di una norma, riconoscendone anche gli effetti retroattivi. Per quel che ci riguarda più da vicino, basti pensare all’elezione a sindaco di Gela di Angelo Fasulo a cui alla fine non fu riconosciuto il premio di maggioranza perché frattanto era intervenuta una interpretazione autentica della norma, con effetto retroattivo, puntualmente osservata dal giudice amministrativo. Il punto discriminante non è questo, ma un altro. 

Con tale interpretazione, ad avviso del Tar Sicilia, il legislatore è sembrato operare una forzatura “irrazionale”, tale da sconfessare l’interpretazione letterale, nel senso proprio testuale, della norma laddove stabilisce che il premio di maggioranza deve corrispondere ad “almeno” il 60% dei seggi. Per dirla tutta, l’orientamento giurisprudenziale che arrotonda “per eccesso” i seggi a 15, pur essendo il quoziente 14,4 inferiore a 14,5, tradisce una prassi matematica (procede per eccesso nonostante la frazione decimale è inferiore a 0,50) ma non tradisce il significato testuale della norma in quanto 15 seggi su 24 equivalgono ad un valore percentuale superiore ad “almeno” il 60% dei seggi, mentre invece 14 seggi su 24 esprime un valore percentuale inferiore ad “almeno” il 60% dei seggi. 

Lo riporta manifestamente l’ordinanza: «applicando la disposizione normativa così come “interpretata”, con arrotondamento per difetto del dato ottenuto, in presenza di cifra decimale inferiore a 0,5, i seggi assegnati alla “maggioranza” risulterebbero sempre pari ad una percentuale inferiore a quella prevista dalla legge (60%), in spregio al dato letterale della norma».

Peraltro, osserva il collegio giudicante, «laddove il legislatore regionale ha ritenuto, nel contesto della stessa legge regionale n. 35/1997, di dover fare applicazione del criterio dell’arrotondamento per eccesso solo in presenza di un dato decimale superiore allo 0,50, lo ha fatto espressamente: infatti, seppur a differenti fini, al comma 1 dello stesso art.4 L.R. n. 35/1997 il legislatore ha chiaramente previsto che “Le liste per l'elezione del Consiglio comunale devono comprendere un numero di candidati non superiore al numero dei consiglieri da eleggere e non inferiore ai due terzi, con arrotondamento all'unità superiore qualora il numero dei consiglieri da comprendere nella lista contenga una cifra decimale superiore a 50”. In altri termini, ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit». 

Diventa evidente il conflitto fra l'interpretazione autentica del legislatore che arrotonda 14,4 a 14 e l’orientamento giurisprudenziale che arrotonda a 15 solo perché così facendo i seggi assegnati non sono inferiori ad “almeno” il 60% dei seggi nell’attribuzione del premio di maggioranza. La questione non è se è più corretto arrotondare “per difetto” ovvero se è più corretto arrotondare “per eccesso”, ma che è corretto arrotondare (“per difetto” o “per eccesso”) dovendo comunque esprimere in ogni caso una percentuale superiore o “almeno” pari al 60% e non inferiore ad esso.

Da ciò discendono tutta una serie di questioni di legittimità che il Tar pone all’attenzione della Corte Costituzionale, inerenti alle disposizioni costituzionali sopra enunciate, a partire da quel principio di “ragionevolezza” enucleabile dall’art. 3 comma 2 della Costituzione «in quanto, lungi dall’esplicitare una possibile variante di senso della norma interpretata, incongruamente le attribuisce – riporta l’ordinanza - un significato non compatibile con la sua formulazione, così ledendo la coerenza e la certezza dell’ordinamento giuridico». Per poi proseguire con altri principi come l’equo processo, l’autonomia del giudizio amministrativo e via di seguito.

Per completezza d’informazione va ricordato che a Caltanissetta, la prima dei non eletti nelle file dell’opposizione, Annalisa Petitto, ha ottenuto il seggio giacché, in presenza di tale interpretazione autentica, l’Ufficio centrale elettorale nisseno fece un passo indietro, arrotondando “per difetto” e non più “per eccesso” i seggi nell’ambito dell’assegnazione del premio di maggioranza.

Non più 15, ma 14. L’ufficio centrale si riunì su convocazione del Tribunale di Caltanissetta adito dalla Petitto. Anche Sara Cavallo ci provò, senza ottenere la convocazione dell’Ufficio centrale. Per quanto ci è dato sapere quest’ultima si rivolse al Segretario generale del Comune di Gela. Non ci è dato sapere se stessa iniziativa fosse stata avanzata dalla Cavallo anche avverso il Tribunale di Caltanissetta.