Eutanasia del referendum abrogativo

Eutanasia del referendum abrogativo

Il referendum abrogativo è morto. Lo hanno ucciso gli italiani (politici, costituzionalisti ed elettori) in 79 anni di storia repubblicana.

Lo hanno reso sgradevole quanti (radicali in testa) ne hanno fatto uso e abuso chiamando la gente a votare per ben 77 volte alla media di un referendum l'anno. Ne hanno pregiudicato l'efficacia stabilendo un quorum troppo elevato del 50% più uno.

Lo hanno vanificato tradendone le finalità come nei referendum sull'acqua pubblica, del 2011, quando 26 milioni di elettori decisero con il loro "Sì" di abrogare ogni fine speculativo consentendo solo un servizio efficiente a fronte di investimenti sulla rete idrica. A distanza di 14 anni, invece la gestione degli acquedotti continua a essere privata, il servizio sempre più precario e le tariffe sempre più care.

Il colpo di grazia allo strumento elettorale referendario è arrivato domenica scorsa con i cinque referendum su lavoro e cittadinanza proposti da Cgil e +Europa e più in generale dalla sinistra che in realtà aveva basato la raccolta delle firme per contrastare l'autonomia differenziata delle regioni. Ma la Corte Costituzionale non ha ammesso questo quesito e i cinque rimasti non hanno avuto un grandissimo richiamo, impediti anche dalla poca informazione delle reti televisive pubbliche e private.

Hanno votato quasi 15 milioni di elettori, che corrispondono però solo al 30% degli italiani e quindi la vittoria dei "Sì" è risultata nulla, anche se numericamente superiore ai voti ottenuti dalla coalizione che ha portato il governo Meloni al potere.

Eppure la destra astensionista e i sostenitori del No, con arroganza, hanno brindato al loro presunto successo, forti soprattutto del 35% di contrari alla riduzione da 10 a 5 anni del periodo necessario alla maturazione del diritto alla cittadinanza italiana. Esultanti per avere aperto contraddizioni di natura etica sull'immigrazione anche all'interno della sinistra.

Ma i problemi per i quali si votava non sono scomparsi, sono sempre lì: i licenziati illecitamente restano licenziati, i precari restano precari, le vittime degli infortuni restano senza tutele sufficienti.

Tutti problemi in attesa di essere risolti da un governo che invece li ignora per scelta politica e che legifera con arroganza senza alcun confronto con le opposizioni e le parti sociali. Perchè se non viene abolito il quorum dei referendum perderemo anche quel che resta di un importante diritto di voto e di uno strumento di libertà.

Ed allora, è giusto parlare di vincitori e vinti? Forse sarebbe meglio parlare di sconfitta del Paese che lavora e che produce, sconfitta della Democrazia perchè con l'astensionismo che cresce, sia nei referendum sia nelle elezioni politiche e amministrative (dove non c'è quorum), aumenta la disaffezione al voto, la delusione dei cittadini, la loro sfiducia e il loro allontanamento dalla politica.

E dopo avere perduto lo strumento dei referendum rischiamo di vanificare anche il significato e il valore del voto, lasciando la vita pubblica al controllo di oligarchi, autocrati e ricchi avventurieri, come sta avvenendo in altre parti del mondo.