Intervista al presidente del Consiglio comunale Paola Giudice

Intervista al presidente del Consiglio comunale Paola Giudice

Non succede spesso che l'elezione di una figura istituzionale possa avvenire con un consenso unanime dei componenti dell'assemblea chiamata a pronunciarsi.

Il consiglio comunale di Gela può vantare questo primato perchè il 12 di luglio dello scorso anno ha eletto Paola Giudice (M5S) come proprio presidente senza alcun voto contrario (21 voti a favore, un astenuto, due assenti su 24).

Un voto che è stato certamente frutto della solidità degli accordi politici tra maggioranza e opposizione ma anche dimostrazione di stima, apprezzamento e considerazione verso la persona designata. 

Paola Giudice ha  45 anni, è sposata, è laureata in giurisprudenza, esercita la professione di avvocato e ha insegnato Diritto ed Economia all'istituto "Leonardo Da Vinci" di Gela. La sua area politica è quella del centro-sinistra, per cultura e per storia familiare (il fratello, Ignazio, fa parte della segreteria regionale della Cgil e il padre, Rocco, è stato sindacalista dei chimici Filctem). Dopo una "consiliatura" da indipendente di sinistra, Paola Giudice è stata rieletta ma stavolta nella lista del M5S.

Noi del Corriere di Gela l'abbiamo incontrata, battagliera come sempre, durante la manifestazione in difesa dell'ospedale "Vittorio Emanuele". 

– Presidente, se dovesse fare un bilancio di questi primi 15 mesi di attività quale sarebbe il suo giudizio?

E' sicuramente un giudizio positivo perchè c'è stato il contatto con la città. Sono stati mesi intensi di lavoro, in un momento difficile per Gela che lotta con tutte le sue forze (non solo politiche) per superare il dissesto finanziario, cioè l'ostacolo che impedisce azioni di ogni tipo sia sul piano politico che amministrativo. Ma c'è tanto da fare.

– Come ad esempio la difesa del nostro ospedale?

«Sì. Certamente. Non solo l'ospedale. Anche le royalties su Argo e Cassiopea, il museo delle navi greche, il ripristino delle dighe, la costruzione di porti, interporto, strade e autostrade. I fondi sono poche e come se non bastasse ogni tanto qualcuno tenta di sottrarceli. Noi cerchiamo di difenderli».

– Come ci si sente ad amministrare un Comune dalle casse vuote e con tanti debiti da saldare?

«Non vi nascondo che è difficilissimo. Senza soldi tutto è più complicato. Finora si è fatto ciò che si è potuto, con gli aiuti regionali arrivati grazie all'impegno dei deputati del territorio. Tanto lavoro anche sul fronte del bilancio perchè uscire dal dissesto comporta un impegno notevole. Portare in giunta, prima, e in consiglio, dopo, lo strumento finanziario riequilibrato richiede un lavoro continuo sia da parte del personale amministrativo che della politica e dei revisori dei conti perchè uscire dal dissesto il più presto possibile è la nostra priorità per ridare alla città i servizi che deve avere».

– Come sono i suoi rapporti con sindaco, giunta e gruppi consiliari?

«Ho impostato il mio mandato, sin dal giorno in cui sono stata eletta, su tre direttive: equilibrio, imparzialità e rigore. Non so se ci riesco però certamente il mio impegno, la mia capacità, le mie competenze sono sempre rivolte verso queste tre direttrici, sia nei confronti dei colleghi consiglieri, che per me sono tutti uguali, quando dirigo i lavori d'aula e quando svolgo il mandato di presidente, sia nei confronti dell'amministrazione per come deve essere pungolata».

– In Consiglio si sente più un notaio o ritiene che la sua presidenza debba esprimere un ruolo particolare, un taglio più politico, un mandato più incisivo?

«No. Non mi vedo affatto nel ruolo di presidente-notaio, passacarte o passaparola. Il presidente del consiglio comunale ha per statuto un ruolo di rappresentanza dell'intero consiglio, maggioranza e minoranza. E se considerate che io sono il primo presidente che viene eletto all'unanimità dalle forze politiche cittadine a maggior ragione sento su di me l'onore e l'onere, la responsabilità di rappresentare tutta la città».

– Con lei una donna è tornata a dirigere il consiglio comunale. Qual è il suo valore aggiunto che la diversifica dalla guida maschile e dalle stesse colleghe che l'hanno preceduta?

«Mi piace essere sincera: ritengo corretto evidenziare il fatto che una donna sia stata eletta alla presidenza del consiglio comunale però dentro di me mi fa male dover sottolineare ancora questo dettaglio legato al genere perchè ho sempre detto che sogno un mondo in cui, nella politica, nella società, quando si rivestono dei ruoli non bisogna fare distinzione fra uomo e donna in quanto credo fortemente nel valore dell'essere umano, indipendentemente dal sesso. Quindi spero di rappresentare degnamente la città al di là del mio genere di appartenenza».

– Dal suo punto di osservazione che futuro intravede per Gela e per i suoi giovani, turbati da una pericolosa escalation di criminalità minorile?

«Gela è stata purtroppo definita da studi del settore come la città più armata d'Italia. Quindi non facciamo mistero che è una città difficile e che i nostri giovani sono a rischio devianze magari per l'esistenza di complesse problematiche sociali, economiche e morali del territorio mai risolte. Io però sono ottimista per natura e per la mia città (dopo avere toccato il fondo, avendo attraversato momenti difficili negli anni passati) vedo una rinascita che sta iniziando. Non una rinascita politica ma una rinascita generale della città perchè è la città che deve dare risposte e orientamenti alla politica. Spero che la Primavera di Gela stia iniziando in questi anni con obiettivi di breve periodo per poi darci programmi di medio e lungo termine per il cambiamento».

– Perché Gela spesso è trattata come la Cenerentola della Sicilia?

«Questo secondo me dipende anche da noi. Perchè se è vero che spesso siamo stati sulla stampa nazionale per cose negative (inquinamento, abusivismo, criminalità, ecc.) penso che tutti dobbiamo impegnarci a valorizzare ciò che abbiamo, non solo le bellezze naturali. Dobbiamo lavorare per una città votata al turismo per le sue bellezze architettoniche, archeologiche (speriamo che la Regione ci aiuti) e migliorare i nostri comportamenti. I gelesi, che penso siano un popolo meraviglioso, devono imparare a volersi bene».

– Come dovrebbe cambiare l'approccio della politica nell'amministrazione della città?

«Qui voglio svestire i panni di presidente e tornare alla campagna elettorale che abbiamo fatto col sindaco Di Stefano. Lo slogan era "Nessuna distanza". E io penso che mai slogan può essere più appropriato di questo, in particolare quando si affronta un mandato politico. Ed è quello che tutti stiamo cercando di fare, sindaco, giunta municipale e consiglio comunale, a prescindere dai colori politici».