Commento al libro “Elementi di critica omosessuale” di Mario Mieli

Commento al libro “Elementi di critica omosessuale” di Mario Mieli

Con quello di Roma, in programma questo sabato 8 giugno, si aprono in molte città italiane le manifestazioni denominate Gay Pride, che da sempre dividono l’opinione pubblica.

Qui di seguito pubblichiamo un commento dello psichiatra Franco Lauria al libro Elementi di critica omosessuale, che Mario Mieli scrisse 42 anni fa.

 La brillantissima e acutissima tesi di laurea in filosofia morale che Mario Mieli discusse nel 1976, divenne l'anno successivo nel 1977 un libro, Elementi di critica omosessuale, quando aveva appena venticinque anni, praticamente mio coetaneo.

Ho letto il libro per la prima volta in questi giorni, io oggi sessantaquattrenne, che mi riportato ai tempi d'oro, quando a vent'anni ero a Bologna e vissi in prima persona i fatti di marzo del 77.
Periodo rivoluzionario, irripetibile, estremo, mi sono salvato in extremis per miracolo. Non sono diventato un tossico, né un figlio dei fiori, né un paranoico. Ma uno psichiatra. Un nazipsichiatra, direbbe Mieli.

Ma lui no, Mieli era di ben altra pasta. Checca provocatrice, esagerata, sfidante e appassionata, geniale, intrepida, non temeva il ridicolo, quando travestito da donna, con gonna rosa, camicetta verde pisello e fiocco bianco nei capelli, si presentava ai cortei e pretendeva di salire sul palco dei compagni del Pci o degli extraparlamentari di Lotta Continua, tutti stronzi eterosessuali. Amava il travestimento, la provocazione, la gaia ironia e non accettava nessun compromesso, nessuna debolezza.

Tesi fondamentale del libro è che l'uomo nasce – rifacendo Freud – perverso polimorfo, dotato di una sessualità, di un eros totipotente che la società eterosessuale e maschilista attraverso la educastrazione reprime e rimuove riducendolo alla sola eterosessualità.
Mieli rifà passo-passo le tesi freudiane sulla nascita del complesso di edipo, del suo superamento attraverso la rimozione, la nascita del Super-Io, e dell'immedesimazione del bambino con il padre che lo porterà alla eterosessualità e alla nevrosi negando la perversione innata.

L'omosessualità sarebbe invece frutto di un’immedesimazione con la madre, e quindi altra nevrosi.
Entrambi, eterosessuali ed omosessuali, sono comunque due castrati, due monchi, in quanto all'eterosessuale manca la omosessualità che alberga nel suo inconscio rimosso.

Ma in questa società il potere sta saldamente in mano agli eterosessuali, per ragioni storiche, già dai tempi di Mosé, e gestito dai padri, veri poliziotti del sistema capitalistico, i quali intuendo e percependo il rimosso e quindi la loro omosessualità latente, che non è scomparsa e non si arrende, ma spinge per affiorare alla coscienza, dichiarano guerra agli omosessuali, come spostamento della guerra che vige al loro interno.

Loro, i maschi eterosessuali detentori del potere maschilista e patriarcale odiano il loro stesso inconscio omosessuale, da cui si sentono tallonati, odiano la loro stessa omosessualità inconscia. Loro si odiano, ma non lo sanno o solo lo intuiscono a malapena, e vivono da nevrotici. Tutta l'umanità etero è nevrotica, in quanto separata dalla componente omosessuale che se invece fosse riconosciuta e vissuta regalerebbe loro la felicità, la compiutezza.

Mieli dichiara quindi che, così come il proletariato nella società capitalistica è per destino l'antitesi e il borghese è la tesi, destinato a fare la Rivoluzione liberando l'umanità intera dalla divisione in classi economico-sociali, per pervenire alla sintesi, stato paradisiaco senza classi sociali, l'omosessuale dichiarato e manifesto è l'antitesi dell'eterosessuale. La sintesi hegheliana, e quindi la liberazione finale è ad un tempo liberazione economico-sociale e sessuale. Tutti uguali economicamente, ma anche sessualmente. Tutti etero, tutti gay. Tutti felici.

Così facendo, con la Rivoluzione proletaria e omosessuale allo stesso tempo, l'uomo ritornerà in contatto con se stesso, riapprodando all'ermafroditismo infantile ed originario, riappropriandosi della sua ricchezza interiore, ritornando alla completezza di quando era un bambino perverso polimorfo.

E poiché il bambino non conosce limiti e non conosce vergogna vivendo serenamente allo stesso tempo tutte le esperienze sessuali, anche l'adulto tornato bambino riappropriandosi del suo inconscio finirà di essere un nevrotico per diventare un perverso, felicemente perverso, e come perverso praticherà tranquillamente l'eros totipotente polimorfo e non solo l'eterosessualità e l'omosessualità, ma anche la pedofilia, la gerofilia, la necrofilia, la coprofilia, il sado-masochismo. Mieli quindi da subito invita a praticare tutte le perversioni come strumenti della liberazione dell'umanità. Ed alcune di queste perversioni, come la coprofagia, lui le praticava di già.

Il modello a cui aspira Mieli è il transessualismo che va oltre la bisessualità, non il trans di oggi che si vive come trans categoria a sé, a parte e diversa da omosessuali ed eterosessuali, e che si avvale di chirurgia e ormoni, ma il trans universale e eterno che senza sala operatoria e senza ormoni si vive il suo eros polimorfo, indipendentemente dal corpo di cui è fornito.

Insomma un queer, un protoqueer. Mieli, in effetti, può essere considerato il pioniere ed il capostipite del movimento lgbtq che lui aveva conosciuto in Inghilterra all'età di 19 anni, subito dopo il diploma di scuola superiore.

La rivoluzione quindi deve essere ad un tempo proletaria e checca, che vuol dire anale, perché è l'ano l’atto passivo che libera l'umanità eterosessuale.
E' compito degli omosessuali rivoluzionari, non solo di incontrarsi nei collettivi milanesi per discutere ed approfondire, ma di stanare l'omosessualità inconscia degli etero, provocandoli e seducendoli in tutti i modi possibili.

Senza lasciargli scampo. inseguendoli dovunque, nei cinema, nei cessi, nelle strade, in macchina, dovunque anche in strada.
Perché alla fine tutti saranno liberati, tutti etero e tutti gay. Senza classi sociali, senza sfruttatori e senza sfruttati. Tutti bambini perversi polimorfi, e tutti felici.
Questo era il suo pensiero, il suo modo di vedere le cose.

E visse la sua breve vita con coerenza estrema, sino al suicidio avvenuto nel 1983 a solo trenta anni. Il movimento gay italiano subito dopo la morte gli ha intestato un circolo a Roma, città che da l'inizio ogni anno ai vari gay pride.
Per coerenza usava le droghe e gli allucinogeni, cocaina ed lsd, per accrescere la coscienza, per favorire l'affiorare dell'inconscio e farsi cosi unico, totipotente, ricco di energia vitale e creativa.

Non sapeva ahimè che giocare con l'inconscio è come giocare con il fuoco, che come lo stregone del villaggio rischiava di essere fagogitato dagli spiriti, non sapeva che è cosa pericolosissima scendere nei meandri dell'inconscio senza un filo di Arianna, anche per via dei sensi di colpa che vi albergano e che possono distruggere l'Io.

I sensi di colpa coscienti, ma soprattutto inconsci, infatti, diventano un ostacolo spesso insormontabile alla presa di coscienza dell'omosessualità inconscia, qualora ci fosse, e comunque sono spesso punitivi e portano all'angoscia e alla depressione, che da li a qualche anno lo avrebbe avvinghiato e annichilito.

La Schizofrenia che lui aveva conosciuto sino ad allora era quella filosofico-letteraria, tutta creatività e positività, alla Delezue e Guattari, era uno stato paradisiaco liberatorio da inseguire, da cercare attivamente come compiutezza e perfezione, in antitesi alla Schizofrenia dell'eterosessuale monco, unico e vero schizofrenico.

Purtroppo conobbe anche la vera schizofrenia, quella clinica, diagnosticata da noi nazipsichiatri, quando in un aeroporto inglese mezzo nudo, in preda alle droghe di cui faceva abbondante uso, cercò di sedurre un poliziotto e fu invece incarcerato, tradotto in Italia e ricoverato in Psichiatria, con la diagnosi di psicosi schizofrenica acuta.

Costretto alle cure psicofarmacologiche e psicoterapeutiche, andò a vivere da solo e in seguito abbandonò le cure.
Profondo conoscitore di Marx, Enghels, Freud, Jung, Groddeck, Marcuse, Sartre e tanti altri cercò la sintesi fra marxismo, freudismo ed esistenzialismo, fra comunità e individualismo, fra narcisismo e altruismo.

Romantico ed ingenuo, ma anche allo stesso tempo, tagliente ed ironico senza pietà, si libra sicuro fra discorsi alti, di pura filosofia, per colpire all'improvviso il povero lettore eterosessuale maschilista normalis con sciabolate gaie, da scaricatore di porto, senza disdegnare il dialetto e il volgare che mescola al francesismo più gay.

Proclama ad alta voce e con orgoglio la sua checcaggine. Proclama che il compito più grande spetterà alle lesbiche che meglio dei loro colleghi omosessuali sapranno fare la rivoluzione. Ma in realtà nel suo libro Mieli dedica poco spazio alle lesbiche, ed alle femministe e fra contraddizioni evidenti incoraggia anche a fare sesso fra omosessuali e fra lesbiche.

L'eterosessuale maschilista è amato ed odiato e rimane comunque il partner sessuale di eccellenza, il suo punto dei riferimento.
A dire il vero Mieli en passant sfiora anche, e siamo solo nel 77, il rischio che il capitalismo possa reificare e mercificare liberandolo, come in effetti poi è avvenuto, anche l'eros ricco e perverso e con esso fare mercato e business. Ma è solo un argomento sfiorato, non approfondito, e forse allora nemmeno gli interessava troppo.

Cosa resta oggi a 50 anni di distanza di questo periodo storico, sessantottino e post-sessantottino, di questa formidabile epoca di rinnovamento rivoluzionario?
Poca cosa, oggi un po’ tutti, e non solo etero ma anche gay, lesbiche e lgbtq non sono più rivoluzionari, ma integrati nel sistema ed accettano e praticano il pensiero unico neoliberista.

E del paradiso in terra, dell’utopia visionaria e messianica di Mieli che ne è stato?
Nulla, è svanita. Come il paradiso dei cattolici, tutto contemplazione di Dio, come la Terra promessa di Marx senza sfruttati, nessuno sogna e lotta per la liberazione utopica, ma ognuno crede nel qui ed ora.
Sembra che siano trascorsi millenni, eppure si tratta di appena una generazione fa.

Forse oggi solo gli islamici credono ancora nel loro paradiso post-mortem, tutto oasi di palme, fiumi di miele e vergini da scopare allegramente.
Per il resto l'uomo occidentale, ormai ateo e laico, tecnocrate e anaffettivo, piatto e superficialmente godereccio, reificato e consumista, è lontano anni luce dalla visione passionaria, ingenua, sognatrice e rivoluzionaria di Mieli, che ne fece invece la ragione della sua breve vita..

E' il tempo che frega i rivoluzionari appassionati ed ingenui che non hanno tempo e non sanno aspettare. Vivono la loro rivoluzione come dietro l'angolo, si sentono prossimi e vivono per essa. Forse Mieli aveva intuito, sospettato che non era davvero così?

Forse aveva assaporato l'amaro calice della realtà quotidiana, tutta compromessi, rinvii e ipocrisie? Forse aveva ingoiato troppi rospi, delusioni ed amarezze, in famiglia, magari dal padre ricco commerciante ebreo, e nella società sia etero che omo, per cui divenne sempre più solitario e schivo fino a non vedere più la luce in fondo al tunnel?

Forse fu per questo che negli ultimi anni abbandonò la visione ottimistica, collettiva e gaia della liberazione per dedicarsi ad un impegno privato, magico, spirituale, alchemico, esoterico? Non sappiamo nulla di preciso, ma è dei rivoluzionari morire giovani e forse è la loro fortuna.