Quali effetti del terremoto del 1693 a Gela? Praticamente nulla

Quali effetti del terremoto del 1693 a Gela? Praticamente nulla

L'italia si trova sulla linea di contatto tra la zolla africana e quella eurasiatica, pertanto, essendo tali zolle in movimento l’una contro l’altra (i geologi ritengono che la placca africana si infili sotto quella europea), si producono numerosi eventi sismici e con essi spesso distruzione e morte.

Si calcola che dal 1450 a.C. a oggi ci siano stati non meno di trentamila terremoti e, negli ultimi 2.500 anni, almeno 560 di notevole entità. Nel 1908 a Messina e Reggio Calabria il terremoto causò 83.000 morti, e ancor prima, nel 1783, 50.000 nella sola Calabria.

Uno dei terremoti catastrofici che ha fatto più storia è stato quello dell’11 gennaio del 1693. Le città completamente devastate da quel disastroso evento furono una cinquantina e tutte comprese tra la Sicilia orientale (Val di Noto) e la Calabria. Quel terremoto di magnitudo 7,5 (XI grado della Scala Mercalli) si manifestò nel sua dimensione più apocalittica verso le ore 21, con epicentro nel Mar Ionio e un ipocentro stimato intorno ai 20 Km, dopo che alcune scosse di minore intensità si erano già fatte sentire la sera del giorno 9 e la mattina dello stesso giorno 11.
L'evento del terremoto iniziò nel cuore della notte del 9 gennaio; allora, secondo gli scritti riportati dall'Abate Ferrara, i siciliani dormivano profondamente. La luna mutò il suo colore e dopo un'ora venne la prima grande scossa, annunciata da un fragore sotterraneo simile a un tuono rimbombante. Il primo giorno del sisma registrò migliaia di vittime. Il terzo giorno, il fenomeno si rivelò nella sua dimensione più apocalittica. Si aprirono delle fratture nella terra, il mare si ritrasse e poi rifluì con le sue acque, gli animali vennero sbalzati dalla forza del sisma. Questa è la descrizione dell'evento così come viene riscritto secondo le testimonianze di allora, nelle cronache del tempo.

Il numero più elevato di vittime, su un totale stimato in 70.000, fu registrato nella città di Catania, dove morirono 20.000 persone su un totale di 27.000 abitanti cioè i 3/4 della popolazione. Altre città, con numeri significativi di morti, furono: Modica (su 18.203 abitanti ne morirono 3.400), Ragusa (su 9.946 abitanti persero la vita 5.000 persone), Vittoria (su 3.950 i morti furono 200), Scicli (le vittime furono 2.000 su 9.382 abitanti), Ispica (deceduti 2.200 su 7.987 residenti), Giarratana (su 2.981, perirono 541 abitanti), Monterosso Almo (morirono 232 su 2.340 persone), ecc. In quell'occasione Catania, Augusta e Messina furono colpite anche da un maremoto che, oltre ad aumentare i danni, scagliò sulla terraferma numerose imbarcazioni.
Così, nel 1693, la furia distruttrice del sisma cancellò secoli e secoli di storia dalle principali città della Sicilia orientale, anche se successivamente le chiese, i palazzi, le case e le città furono ricostruite secondo i nuovi canoni dettati dall’arte barocca.

E a Gela, allora Terranova, che cosa accadde in quella tragica sera di domenica 11 gennaio del 1693?
Praticamente nulla. Al di là della paura che poté causare, e che causa, una scossa di terremoto resa innocua dalla distanza dell’epicentro.

Quindi a Gela in quell’occasione non ci furono né morti, e probabilmente, né feriti; le uniche testimonianze di nostra conoscenza di tale terremoto a Gela si riferiscono a poche righe di un manoscritto di Benedetto Maria Candioto, un carmelitano locale studioso di patrie memorie, in cui non c’è nessun riferimento di danni a persone tranne ai “cagnoli” (mensoloni) della Torre di Manfria, a qualche cornicione di palazzo e all’orologio della torre campanaria della Chiesa di Santa Maria de’ Platea (preesistente alla Chiesa Madre).


La veridicità di quello che scriviamo è confermata dai registri dei defunti, ma anche dei battesimi, della fine del Seicento a Terranova, relativi ai mesi di gennaio del 1693, registri esistenti nell’archivio storico della parrocchia della Chiesa Madre, messici cortesemente a disposizione in tempi diversi dai compianti parroci Mons. Gioacchino Federico e Mons. Grazio Alabiso. Dalla faticosa lettura dei suddetti registri si evidenziano i seguenti dati: nessun defunto registrato dal 10 al 12 gennaio 1693, mentre giorno 13 compaiono due nominativi di defunti (Maria Tuccio di 71 anni e Gaspano Rizzo di anni 28) e quattro di battesimi (Balthassare Di termini, Antonino di padre ignoto, Sebastiano Raniolo e Josepha Benedicto), questi ultimi registrati tra il 12 e 14 gennaio 1693. Inoltre, sempre nei registro dei defunti, nei tre mesi di dicembre 1690, gennaio e febbraio 1691 compaiono 82 morti; negli altri di dicembre 1691, gennaio e febbraio 1692 ne compaiono 64; infine, nei tre mesi di dicembre 1692, gennaio e febbraio 1693 i morti furono in numero di 75. Il tutto quindi nella norma delle mortalità mensili, ma soprattutto nel normale modo di vivere di una cittadina, quale era Terranova, che allora faceva 6.550 abitanti.