Il palazzo dei veleni

Il palazzo dei veleni

Gela è una città avvelenata sotto tutti i punti di vista e la cronaca politica locale ne è fedele specchio.

Un veleno che ha letteralmente consumato quel po’ di serio e quindi di credibile che era ancora rimasto nel dibattito politico, riducendolo ad una diatriba di bassissimo livello, senza esclusioni di colpi. Non ci guadagna nessuno, per chi non l’avesse ancora capito ed a perderci è la città che però oramai, attonita, manco se ne accorge più.

Lo diciamo da mesi: dal giorno della presentazione del ricorso - senza nulla togliere al diritto pienamente legittimo dei suoi sottoscrittori – si è instaurato un clima bellico tra maggioranza ed opposizioni. Un’atmosfera tetra, in un contesto grigio ed un respiro pesante, odioso, che giorno dopo giorno strisciava sempre più tra gli scranni del civico consesso, in attesa di esplodere con tutta la sua virulenza.

Ecco allora che, con l’avvicinarsi del giorno del giudizio che può rimettere tutto in discussione, è bastata una scintilla per accendere la miccia ed far esplodere la bomba che ha di fatto rotto gli argini di un fiume in piena, denso di astio accumulato tra chi da un lato – a torto o a ragione lo sapremo a breve - non ha accettato l’esito alle urne e chi, d’all’altro lato, ha mal digerito il ricorso al Tar, subito e visto come un puro atto di ostilità, utile solo a delegittimare l’azione dell’amministrazione, rendendola agli occhi della gente e di ogni interlocutore istituzionale, politico ed economico, come “temporanea”, “provvisoria”, giacché “sub iudice”.

A produrre la scintilla è stato l’esposto presentato dal candidato sconfitto al ballottaggio ed attuale consigliere comunale della “Lega”, Giuseppe Spata, che è anche uno dei tre sottoscrittori del ricorso. Con questo esposto in procura, Spata ha inteso tutelarsi rispetto ad un documento definito dallo stesso come “anomalo” e che la difesa aveva richiesto per utilizzarlo ed eventualmente sottoporlo all’attenzione del giudice amministrativo regionale. Si tratta di una dichiarazione del compianto responsabile dell’ufficio elettorale, prematuramente scomparso di recente, che attesta la regolarità delle operazioni di raccolta delle firme.

L’Udc che aveva già espresso la propria contrarietà al ricorso, ha dapprima preso le distanze dall’esposto, battezzandolo persino come “intimidatorio” nei confronti del Tar. Dopo la segreteria provinciale, a rincarare la dose ci ha pensato immediatamente dopo il segretario locale scudocrociato, quel Salvatore Incardona, che oltre ad essere unico eletto ed unico rappresentante in consiglio comunale dell’Udc, è anche figlio del responsabile dell’ufficio elettorale, Nando Incardona, deceduto a dicembre scorso e tirato in ballo dalla vicenda.

Intanto non manca chi nella maggioranza qualifica come “bassezza” ed un qualcosa di “non ammissibile”, il tirare in causa gente che non può rispondere perché non più fisicamente in questo mondo, con palese riferimento ancora al compianto Incardona.

Per cui, in una situazione in cui i nervi sono tesissimi, è la volta del primo cittadino, Lucio Greco, che invia ai media un comunicato stampa: «da parte dei maggiorenti che hanno sostenuto Spata (Deputati, Senatori, ex deputati, etc, etc.) – mi aspettavo e mi aspetto ancora una netta presa di distanza in merito all’esposto/denunzia presentato dal loro candidato sindaco. Diversamente si renderebbero responsabili del clima di odio che sta avvelenando la nostra città. Chi riveste cariche importanti a livelli regionale e nazionale deve sentire il dovere morale e politico di far conoscere la propria posizione».

L’unica risposta dall’altra parte all’invito del primo cittadino, è la convocazione di un vertice in cui il consigliere comunale di “Avanti Gela”, Totò Scerra, raggruppa attorno a Spata la coalizione di centrodestra, con dentro anche la consigliere Sandra Bennici di “Fratelli d’Italia” oltre che Gabriele Pellegrino di “Avanti Gela”.

Manca Incardona e, non a caso, l’Udc ufficializza l’indomani la fuoriuscita definitiva dalla coalizione che si presentò alle urne, anche se ciò non significherebbe rinunciare ai due eletti che il premio di maggioranza gli assegnerebbe in caso di accoglimento da parte del Tar della tesi di Spata e la sua elezione al ballottaggio contro Melfa, se non addirittura già al primo turno