Sesto rapporto Sentieri, Gela, caso emblematico di ingiustizia ambientale e sanitaria

Sesto rapporto Sentieri, Gela, caso emblematico di ingiustizia ambientale e sanitaria

Giovedì mattina, su iniziativa del senatore gelese, Piero Lorefice, si è tenuta a “Palazzo Madama”, all’interno della sala dedicata ai “Caduti di Nassyria”, la conferenza stampa sui risultati e gli sviluppi futuri del sesto rapporto “Sentieri” su “Ambiente e Salute”.

Di questo rapporto e del caso specifico di Gela ci siamo già occupati debitamente e puntualmente all’indomani della pubblicazione dello studio on line. Senonché, un paio di mesi dopo, c’è stata l’integrazione di alcuni aggiornamenti, fino a costituire un’intera seconda sezione del testo. 

Fra le novità di questa nuova sezione, c’è soprattutto quella della contestualizzazione del tema di “Giustizia ambientale”, assunto a base di una vera e propria prospettiva di studio. A riferirne, prendendo ad esempio giusto il caso di Gela, è stato il dott. Roberto Pasetto, a cui ha ceduto la parola il senatore Lorefice che ha fatto, in sostanza, da moderatore.

«Come si distribuiscono i rischi da contaminazione nella popolazione residente? Quali caratteristiche in termini di fragilità hanno in comune queste popolazioni? A queste domande – ha esordito il dott. Pasetto – cerca di dare delle risposte la prospettiva di studio vertente la Giustizia ambientale». 

Quello di Gela è un caso emblematico, sotto questo punto di vista. «Nel 2021, a Gela i residenti sono oltre i 72.000 abitanti, ma 5.000 in meno rispetto al 2011. Il petrolchimico oggi in larga parte inattivo, ha svolto attività in passato lungo un perimetro vasto in prossimità della città. Il 55% della popolazione è in condizioni di fragilità socioeconomica.

Le bonifiche sono per lo più da effettuare o completare. Il quadro di salute generale, cioè per grandi gruppi di cause, vede in rosso i casi di mortalità generale in entrambi i generi: cioè il 7% in più fra i maschi ed il 14% in più fra le femmine, rispetto ai risultati attesi. Idem per i tumori maligni (+11% fra i maschi e +14% fra le femmine).

Eccesso di ricoveri in entrambi i generi per tutte le cause, i tumori maligni, l’apparto circolatorio e l’apparato respiratorio. Nella fascia giovanile, 0-29 anni, si registrano eccessi di mortalità per tumori maligni (pari al 74%), ricoveri (pari al 21%) ed anomalie congenite (+62%). L’insieme delle evidenze indica un profilo di salute generale che continua ad essere critico. Un profilo di salute specifico che esprime criticità per le patologie tumorali e respiratorie. Quest’ultime rappresentano un dato in eccesso fra i giovani (0-29 anni). Infine un rilevante eccesso di anomalie congenite concerne il sistema urinario e dei genitali».       

Questa popolazione presenta palesi fragilità perché in vicinanza di un sito contaminato da lavorazioni petrolchimiche, ancora da bonificare. A ciò fanno da corredo le condizioni di fragilità socioeconomica di oltre la metà della popolazione e gli eccessi di rischio per quasi tutti gli indicatori sanitari in entrambi i generi. Cosa fare allora?

La prima raccomandazione è innanzitutto quella di proseguire la sorveglianza epidemiologica mirata e l’analisi degli andamenti temporali. Poi gli interventi di prevenzione secondari per patologie tumorali e la necessità di verificare l’appropriatezza dei ricoveri.

Non ultimi, il monitoraggio ambientale e biomonitoraggio umano tra la chiusura degli impianti nel 2014 ed il riavvio nel 2019, nonché la verifica della possibilità di un’esposizione a sostanze tossiche, in particolare attraverso la catena alimentare.

Un vera e propria esigenza, più che una raccomandazione, in presenza di eccessi datati nel tempo, infine – ha concluso – è la mappatura della capacità comunicativa, diretta non solo agli attori istituzionali apicali, cioè amministratori politici locali ed i tecnici comunali, ma anche alle associazioni dei cittadini, per capire le potenzialità dei territori nel recepire le conoscenze e cambiare le condotte». 

Proprio sulla comunicazione interessante l’intervento successivo della dott.ssa Daniela Marsili. «Secondo quanto ci suggerisce l’Oms, una comunicazione relativa ad una sorveglianza epidemiologica, ad uno studio su ambiente e salute, deve passare – osserva la dott.ssa Marsili – attraverso i seguenti tre punti: metodologia chiara e competenze multidisciplinari; trasmissione dei risultati a tutti e soprattutto le comunità interessate; processo partecipativo che porta a decisioni informate ed a cambiamenti di convinzione e comportamenti condivisi.

I primi destinatari dell’attività di comunicazione sono gli attori istituzionali e sociali a livello centrale che poi la cala al livello regionale e locale. Per un piano di comunicazione strutturata che ha la finalità di una condivisione delle informazioni, in una rete di relazioni tra tutti i soggetti coinvolti, dal Ministero al singolo cittadino». 

Gela è un caso emblematico di ingiustizia ambientale ed anche sanitaria, ha aggiunto il senatore Lorefice. «Purtroppo con rammarico debbo rilevare – ha argomentato - che la sanità non risponde adeguatamente, anche con il sostegno dei cittadini. Ci sono stati studi paralleli in passato, come “Sebiomag” e “Sepias”Questi progetti sono stati abbandonati a se stessi dalla Regione.

Ecco perché sono dell’idea che debba esserci una regia nazionale, anche perché la raccolta dei dati si scontra con i limiti del “Titolo V” della Costituzione, in quanto ogni regione ha il suo approccio e le varie banche dati non dialogano tra loro».