La giovane ricercatrice gelese Marina Baretti conquista l’America

La giovane ricercatrice gelese Marina Baretti conquista l’America

Dal 1° al 5 giugno si terrà a Chicago un congresso mondiale di oncologia medica organizzato dall’American Society of Clinical Oncology (Asco), nell’ambito del quale sarà premiata la dott.ssa Marina Baretti (nella foto), gelese, figlia del dott. Carmelo Baretti, che per anni è stato primario del reparto di malattie infettive all’ospedale Vittorio Emanuele, in pensione da due anni.

Si tratta di un riconoscimento molto importante per la giovane ricercatrice, che negli Stati Uniti alla John Hopkins University di Baltimora sta lavorando da più di un anno nella ricerca di terapie nel contrastare i tumori del pancreas e delle vie biliari. La dott.ssa è specializzanda in oncologia all’Istituto clinico Humanitas di Rozzano, nella cintura milanese. Un premio che indica non solo un impegno importante nella ricerca clinica, ma soprattutto “ che chi lo riceve ha saputo sviluppare in modo autonomo un progetto di ricerca di particolare interesse”, spiega il dott. Armando Santoro, direttore del Cancer center di Humanitas e docente di Humanitas University.

La premiazione si svolgerà il 3 giugno. La dott.ssa Baretti riceverà il Young Investigator Award della Conquer cancer Foundation/Asco, un premio per i giovani ricercatori per incoraggiare e promuovere il loro lavoro di ricerca e verrà conferito in occasione dell’incontro annuale dell’Asco. Presenterà nell’occasione lo studio clinico a cui sta lavorando, sull’efficacia dell’utilizzo in combinazione di due farmaci epigenetici in particolare sui tumori del pancreas sui quali utilizzare l’immunoterapia.

Da più di un anno, da febbraio 2017 ha lasciato l’Italia e sta approfondendo alla John Hopkins University i suoi studi e le sue ricerche per cercare di capire quali meccanismi rendano particolarmente aggressivo e resistente alle terapie classiche il tumore pancreatico, allo scopo di individuare nuove terapie. La dott.sa Baretti ha avuto modo di spiegare nel dettaglio lo studio che sarà premiato con il Young Investigator Award, che ha scritto personalmente e di cui sta gestendo i suoi diversi aspetti, sia clinici che organizzativi.

«Si tratta di una ricerca avviata nel novembre dello scorso anno presso il Johns Hopkins Hospital. Dovrebbe coinvolgere circa 60 pazienti e si prevede di arrivare a una prima analisi dei dati tra circa un anno. Proseguo gli esperimenti in laboratorio per meglio caratterizzare i meccanismi di azione e gli effetti di questi farmaci, soprattutto quando usati insieme. Farmaci che riescono a modificare il microambiente del tumore del pancreas e delle vie biliari rendendolo più sensibile all’immunoterapia, che può quindi diventare efficace anche in questi tipi di tumore».

Il suo perfezionamento all’estero in una struttura importante in campo oncologico a livello mondiale come è per l’appunto la John Hopkins University rientra nell’impostazione del Cancer Center, il cui direttore Santoro ritiene “fondamentale far conoscere nuove modalità di lavoro agli oncologi in fase di specializzazione inserirli in un contesto internazionale, far apprendere loro nuovi modi di affrontare l’oncologia, la ricerca, fornire l’opportunità di inserirli nel campo internazionale dell’oncologia e ampliare i loro orizzonti”. Un percorso formativo quindi estremamente importante che forma gli oncologi del futuro. Ciò dimostra quanto sia indispensabile puntare sulle capacità e potenzialità dei giovani a cui occorre offrire, soprattutto ai più meritevoli, occasioni di crescita professionale.

Dimostra inoltre quanto siano fondamentali gli studi di perfezionamento e approfondimento all’estero. Ma risulta indispensabile però che dopo questo periodo di alta formazione, il nostro paese dia ai giovani opportunità di lavoro per evitare la cosiddetta fuga dei cervelli. Finanziare la ricerca è indispensabile per ottenere risultati nei vari settori della medicina, ma in particolar modo per le malattie più diffuse come il tumore, non più incurabile ma per il quale sono necessari ancora studi e ricerche per arrivare finalmente a debellarlo. Tanti passi in avanti sono stati fatti ma ancora resta tanto da fare.

Vediamo di conoscere un po’ meglio la nostra concittadina, che con la sua professionalità e preparazione è motivo di orgoglio della famiglia – del padre in particolare, ricordiamo anche lui medico – ma che è anche un vanto per Gela, un esempio per i giovani della città, per il suo impegno nello studio e per la determinazione nella scelta del settore in cui operare. Inoltre particolarmente effetto fa sapere dei successi delle sue ricerche e studi, in una Gela in cui i morti e i malati di tumore aumentano di giorno in giorno. I suoi risultati fanno ben sperare che si possano individuare metodi alternativi e più efficaci nella cura dei tumori. E dimostrano se ce ne fosse ancora bisogno l’importanza della ricerca.

La dott.ssa Baretti ha dimostrato sin da giovanissima la sua propensione per gli studi e la sua sensibilità. Ha compito 31 anni nell’aprile scorso, si è diplomata al liceo scientifico Vittorini con il massimo dei voti. Ha frequentato le scuole medie inferiori alla Paolo Emiliani Giudici , dove è stata premiata per aver svolto il miglior tema sull’argomento dei trapianti di organi, in riferimento alla triste vicenda del bambino americano Nicolas Green, morto a causa di un proiettile che accidentalmente aveva colpito la vettura su cui viaggiava con la famiglia a seguito di una sparatoria in Calabria mentre si trovava in vacanza nel nostro paese. Ricordiamo che i genitori del piccolo Nicolas decisero per l’espianto degli organi grazie ai quali altre persone hanno potuto ritornare a vivere.

Si è laureata nel 2012 in medicina alla Scuola Superiore Universitaria Sant’Anna di Pisa con il massimo dei voti e la lode con una tesi sulle problematiche tumorali del pancreas, che è stata anche pubblicata. Ha partecipato ad un congresso europeo in Danimarca e ad un congresso regionale a Milano. Nel 2016 è stata premiata insieme ad altri 4 colleghi da Gerry Scotti, testimonial della campagna 5×1000 dell’Humanitas University, ricevendo un assegno di ricerca per i suoi studi di specializzazione in oncologia, in particolare sul tumore del pancreas compiuti per conto della struttura di alta ricerca.

Sulle nuove metodiche che si stanno sperimentando nella cura dei tumori ha così commentato: «Stiamo vivendo in una fase di grande rivoluzione in ambito oncologico grazie all’avvento dell’immunoterapia che ha positivamente cambiato la prognosi di diversi tumori – ha spiegato la dott.ssa Baretti – perché attiva il sistema immunitario contro le cellule tumorali, distruggendole». Metodica che però si è rivelata efficace però solo in alcuni tipi di tumori».

Per questo i suoi studi e le sue ricerche sul tumore del pancreas e delle vie biliari sono finalizzate a rendere efficace l’immunoterapia anche per questo tipo di neoplasie, con l’utilizzo dei farmaci che agiscono sul Dna delle cellule tumorali bloccandone la crescita.