Il paradigma delle occasioni perdute

Il paradigma delle occasioni perdute

E' ufficiale, in città si è diffuso un nuovo paradigma: quello delle occasioni perdute.

Ce lo confermano inequivocabilmente gli ultimi fatti avvenuti in settimana, con tre visite autorevoli ed altrettante passerelle a corredo. Tanto il ministro Provenzano (a sinistra nella foto), quanto il presidente Musumeci (al centro nella foto) ed i vertici apicali di Rage (Francesco Franchi a destra nella foto) ed Enimed, hanno potuto prendere parola, dire tranquillamente quello che si erano preparati e tornarsene da dove erano venuti, senza alcuna difficoltà.

Non solo, tanto è piatto l’encefalogramma politico locale che si sono pure permessi di bacchettare le rispettive platee politiche, con il sindaco in testa, per passare poi ad assessori e consiglieri presenti. Nessun elemento di disturbo, nessuna promessa concreta strappata e semmai, al contrario, se c’era da intimare nei tempi, biasimare nei modi e financo prendere a schiaffi in senso figurato l’interlocutore, tale ruolo è toccato proprio a loro. Chapeau!

In questo teatro dell’assurdo a cui si è ridotta la politica locale, proviamo a procedere con ordine per il conforto di chi legge. Iniziamo, secondo rigido ordine cronologico, con la visita del ministro per il Sud, Giuseppe Provenzano, avvenuta sabato scorso. Il lungo faccia a faccia nella stanza del sindaco ha prodotto tre priorità su cui puntare in futuro, per la rinascita di Gela: Zes, innovazione nei nuovi processi industriali ed istituzione di un tavolo permanente, con altri comuni del nisseno, in prefettura.

Trasferitosi in aula consiliare, sapendo di non avere più come asso nella manica il progetto Argo-Cassiopea, ha ricevuto un documento in cui i consiglieri gli chiedevano l’impegno per una legge speciale per Gela.

Provenzano ha fatto notare che su diverse materie però non si può intervenire come per l’Ilva di Taranto, per fare un esempio, perché la Regione Puglia essendo di diritto comune e non a regime autonomo speciale non gode su quelle materie di competenza esclusiva come nel caso della Regione siciliana e quindi la competenza legislativa ed amministrativa non è statale. Passato ai saluti, si è scusato, non tanto per aver risposto sostanzialmente picche al documento dei consiglieri, quanto piuttosto – come fece un certo Enrico Mattei – per non essere venuto prima. Et voilà.

Lunedì è toccato invece al presidente della Regione siciliana fare visita in mattinata al Liceo Eschilo di Gela in occasione dell’annullo filatelico dedicato all’antico drammaturgo ellenico, che spese gli ultimi anni della sua vita a Gela. Intrattenutosi con i giornalisti, Musumeci ha dapprima candidamente sconfessato il sindaco Greco sulla triremi all’Istituto delle suore benedettine in quanto sarà destinata al cosiddetto “museo del mare” che si farà perché il contratto di avvio dei lavori con l’Ati aggiudicataria degli stessi, è stato sottoscritto dalla Regione.

Per poi raccontare di una pagina brutta sulla polemica dei soldi del patto per il sud sottratti al comune di Gela. Soldi congelati, ma sui quali sarà implacabile nel dirottarli altrove. La Sicilia muore di fame, non può rimane fermo un solo euro. Quindi niente progetti entro 120 giorni dalla delibera (che non ha ritirato)? Niente soldi. Andranno ad altra area o comune con progetti esecutivi. Guarda caso il catanese ed il siracusano, con il sindaco a pochi passi dal governatore, annuire sebbene perplesso e stordito dall’eco di un paio di schiaffi morale si propagava lungo tutta la piana di Gela.

Infine come se non bastasse c’è voluto l’incontro con i vertici di Rage ed Enimed, nel consiglio comunale spostato a martedì scorso proprio per assicurarsi la loro presenza in aula, per esaltare il nanismo politico di chi ponendo questioni e domande, ha ricevuto in cambio solo risposte scontate, condite di ovvietà e sovente ad un passo dallo schernire letteralmente l’interrogante, eletto dai cittadini, magari sbagliandone il cognome non occasionalmente e quant’altro. Eccola, per dirla alla Battiato, la voce del padrone mentre sul ponte olivo sventola la bandiera bianca