La Battaglia di Gela. Onore ai nostri valorosi soldati che hanno salvato la reputazione dell’Esercito italiano

La Battaglia di Gela. Onore ai nostri valorosi soldati che hanno salvato la reputazione dell’Esercito italiano

Alle prime luci dell’alba del 10 luglio 1943 gli Alleati con un’imponente azione offensiva, definita “Operazione Husky”, iniziarono la Campagna di Sicilia che, oltre ad essere l’inizio della liberazione d’Italia, fu anche l’inizio del crollo del regime fascista prima e di quello nazista dopo.


Uno dei tre settori prescelto per lo sbarco Alleato sulla Sicilia sud-occidentale fu quello di Gela con una estensione di circa 40 Km., da Punta Due Rocche del Licatese a Punta Braccetto del Ragusano.

Nonostante l’importanza che aveva il settore di Gela nel contrastare un eventuale sbarco nemico, cosa già a conoscenza delle alte sfere militari italiane, nulla o quasi fu fatto per migliorarne la difesa; infatti, in una riunione a Palazzo Vidoni, tenutasi a Roma nei primi del mese di maggio del 1943 tra i responsabili militari delle Forze Armate, il Gen. Mario Roatta relazionava sulla Sicilia facendo constatare che la difesa costiera era poco densa, priva di artiglierie antinave e di artiglierie contraerea, scarsissima di rincalzi propri e di artiglierie contro-carro, sottolineando quindi che tali deficienze non avrebbero permesso di contrastare uno sbarco o al massimo l’avrebbero potuto ostacolare o ritardare.

Un altro fattore importante della Campagna di Sicilia fu quello dell’enorme sproporzione di mezzi che esisteva tra gli Alleati e le forze dell’Asse, inoltre, l’Aeronautica Militare Italiana si era ridotta enormemente a causa delle varie situazioni belliche precedenti per cui risultò assente o quasi nei preparativi di difesa e in particolare nel contrastare i convogli alleati verso la Sicilia e durante lo stesso sbarco, tant’è che a Gela, ad esempio, si può benissimo affermare che aviazione e marina, quest’ultima peraltro assente, non ostacolarono il nemico al contrario delle forze terrestri.

Gli Alleati nella tarda serata del 9 luglio fecero decollare dalla Tunisia 222 C-47 Dakota per lanciare, nell’entroterra delle zone previste dell’imminente sbarco nel settore Gela, 3.405 paracadutisti al comando del Col. James Gavin.
Tra le ore 2,45 e 3,30, il secondo contingente d’attacco di truppe americane del Col. Bowen, appartenente alla colonna “Dime”, dopo qualche difficoltà dovuta alle mine sparse sulla spiaggia ad est del Fiume Gela, riuscì a sbarcare e a penetrare nell’entroterra verso contrada Farello grazie all’appoggio navale dell’incrociatore Boise e del cacciatorpediniere Jefferson.

Nella notte dello sbarco e fino alle prime luci dell’alba, all’interno dell’abitato di Gela e in periferia vi fu un accanito combattimento che interessò civili, soldati del regio esercito, militi della Guardia di Finanza e dei Carabinieri contro le avanguardie dei soldati americani che già avevano occupato diverse posizioni nel centro storico.
Terminò così la prima giornata dell’Operazione Husky degli Alleati con il contrasto efficace degli americani sul contrattacco delle Forze dell’Asse; contrattacco che, però, non si pensava così risoluto tanto da far cambiare idea agli Alleati sulla convinzione che lo sbarco in Sicilia doveva essere un’azione di poco conto, quasi una “passeggiata”

Secondo gli ordini del Comando del XVI Corpo d’Armata era previsto un secondo contrattacco, a partire dalle ore 6,00, a cui avrebbe partecipato l’intera compagine militare italo-tedesca. Infatti, nel contrattacco mattutino dell’11 luglio a Gela, italiani e tedeschi riuscirono a far arretrare gli americani che disordinatamente cominciarono ad imbarcarsi sulle navi.

Tra le ore 10,30 e 11,30 la stazione radio della 6a Armata italiana intercettò un messaggio del Gen. Patton (nella sua permanenza a Gela dimorava nel Palazzo Mattina) con cui si dava l’ordine di prepararsi al reimbarco: “Seppellire l’equipaggiamento sulle spiagge e fare i preparativi per reimbarcarsi. Patton”. Ma era una battaglia vinta solo per poco; infatti, i fanti della Divisione “Livorno”, in particolare, senza rimpiazzo di truppe più fresche, con scarse munizioni, mal nutriti e mal equipaggiati e in più minacciati da ingenti forze corazzate e motorizzate americane provenienti dai settori di Licata e di Scoglitti, cominciarono ad indietreggiare verso Monte Castelluccio per evitare di essere circondati dal nemico.

Successivamente, però, prima di mezzogiorno, le sorti della battaglia cambiarono a favore delle truppe americane grazie all’intervento della loro aviazione tattica e dei carri armati provenienti da Licata e da Scoglitti. Nella tarda serata, quel che rimase dei soldati della prima colonna del Ten. Col. Ugo Leonardi riuscì ad arretrare verso Monte Castelluccio decisa a vendere cara la pelle.

Dalle ore 2,30 fino alle ore 7,00 del 12 luglio a Monte Castelluccio, i fanti della colonna del Col. Leonardi subirono un violento attacco dal 26° Gruppo Tattico americano con il risultato della resa dopo quasi il loro annientamento; tra i prigionieri era pure presente il Col. Leonardi comandante del 3° Battaglione. Anche le posizioni di Monte Apa e Monte Zai, difese dalla colonna del Col. Mona, annientata dalla reazione della difesa navale e dalle truppe americane, furono conquistate dai rangers americani.

Così sulle spiagge di Gela, dopo una delle più violente controffensive italo-tedesche della Campagna di Sicilia, alle prime luci dell’alba del 12 luglio la maggior parte dei Battaglioni del 33° e 34° Reggimento Fanteria della Divisione “Livorno” fu annientata e in parte catturata.
Il 12 luglio del 1943 la Battaglia di Gela terminò lasciando sul campo migliaia di morti e passando alla storia come la più tragica dell’Operazione Husky in Sicilia. Ci si augura che il sacrificio della vita di tanti militari italiani dei reparti costieri, del 33° e 34° Reggimento Fanteria della Divisione “Livorno”, dei bersaglieri, dei carabinieri e delle guardie di finanza ma anche dei civili non cada nell’oblio e che il loro ricordo possa attraversare indelebile la più remota posterità.