Sindaco e oppositori ai ferri corti; Maggioranza: crisi ancora aperta

Sindaco e oppositori ai ferri corti; Maggioranza: crisi ancora aperta

Clima rovente, anzi, incandescente a Palazzo di città.

Il sindaco ha aperto una crisi di governo che almeno fino al momento in cui andiamo in stampa, non ha saputo ancora risolvere, nonostante la promessa di chiudere la pratica in pochi giorni. Nel frattempo si ritrova attore di un feroce scontro con le opposizioni in un ripetuto, continuo, botta e risposta, caratterizzato da accuse, invettive e toni che nulla hanno a che vedere con quello che dovrebbe essere il normale garbo istituzionale. Chi ci guadagna appieno da tutto questo, non lo sappiamo davvero, ma di chi certo non ci guadagna è una città immobilizzata, perennemente sul punto di affogare nelle sue ataviche criticità.

E' necessario alzare il livello del dibattito politico ovunque, a maggior ragione in una città che si è spesso ritrovata come "narcotizzata" in passato. E questo suggerisce anche un innalzamento del livello della dialettica politica. Ma il confronto è una cosa, la "sciarra" è ben altro. Ci può e ci deve stare che le opposizioni facciano una volta tanto il loro ruolo in questa città, valutando la crisi politica aperta dal sindaco. Così come ci sta la replica del primo cittadino. Altra cosa è la bruttissima, cattivissima, radicalizzazione dello scontro di questi ultimi giorni. 

Che l'opposizione possa utilizzare una commissione consiliare di cui ha il controllo politico, per numero e presidenza, al fine di mettere in atto un'attività ispettiva che il testo unico agli enti locali, prima ancora che lo statuto comunale, riconosce al ruolo ed allo status del consigliere comunale eletto dai cittadini ed in tal senso definito dallo stesso testo unico, "amministratore" della cosa pubblica, non è una novità. Né tantomeno uno scandalo.

Così come rientra nei canoni e nella logica della contrapposizione politica, da parte del sindaco, rispondere che nello «stigmatizzare l'operato di alcuni consiglieri a proposito della loro oramai tropo frequente attività d'ispezione, debbo – osserva Greco – mio malgrado precisare che dette iniziative, anche per l'insolito modo in cui vengono portate a compimento,  rasentano molte volte una violazione di regole imposte a tutela della sicurezza dei luoghi e senza il benché minimo rispetto dell'attività gestoria in capo a diversi soggetti pubblici, spesso diversi dagli organi dell'amministrazione comunale». 

Insomma, se il primo cittadino si fosse soffermato solo su questo, "nulla quaestio". Ma nella missiva indirizzata alla presidenza del consiglio comunale, ai singoli consiglieri ed al segretario generale, dall'incipit riportato sopra, Lucio Greco ha poi proseguito redarguendo l'operato dei consiglieri e mettendone decisamente in discussione il ruolo, attraverso non tanto termini come «scompigli», ma certamente con espressioni come «rasentare il ridicolo ed il grottesco», oppure il «fare militaresco», oppure ancora «azioni temerarie e proditorie», concludendo con «spavalderia e millantata azione politica».

Espressioni e termini che possono essere associati a giornalisti ed opinionisti nell'esercizio della critica, ma che poco o nulla si sposano con un organo istituzionale che giudica l'operato di un altro organo istituzionale, nella cornice di una lettera invita ad altri organi istituzionali.

Ovviamente la replica, altrettanto piccata, dei consiglieri d'opposizione non si è fatta attendere, con termini che richiamano al fascismo, al dispotismo e quant'altro. La consigliere del Pd, Alessandra Ascia, ha individuato «un abuso dittatoriale delle prerogative del sindaco», questo modo di intervenire sul ruolo del consigliere comunale, «mettendolo nero su bianco».

Sulla stessa lunghezza d'onda la consigliere del Movimento 5 Stelle, Virginia Farruggia che definisce «irricevibile» una lettera che dimostra ancor di più la sua «inadeguatezza al ruolo ed al mandato elettorale ricevuto». Una «lettera da rispedire al mittente» secondo il consigliere della Lega, Emanuele Alabiso, utilizzata per distogliere l'attenzione da una verifica politica che è una farsa per un problema di un paio di assessori al massimo.

Non è da meno la consigliere di Fratelli d'Italia, Sandra Bennici che nel rammaricarsi per l'assenza dei consiglieri di maggioranza impauriti dalla fase di verifica politica e la possibilità di vedersi assegnata una posizione assessoriale o di sottogoverno, denota il continuare a manifestarsi nella condotta del sindaco di una «indole adolescenziale», porgendogli l'invito «se la ami (Gela, ndr), dimettiti».

E mentre l'indipendente Paola Giudice, nella sua qualità di vice presidente del consiglio ed unica componente dell'opposizione nel consiglio di presidenza, si riserva di attivarsi per chiedere una Vnota di censura» da parte della presidenza del consiglio, c'è chi come Salvatore Scerra, capogruppo di Avanti Gela, che vorrebbe portare al tavolo del prefetto e egli enti locali la questione: «Io sono un uomo libero di pensarla diversamente dal sindaco che invece non capisce di non aver rispetto neanche per se stesso – ha affermato – in una crisi che lo attanaglia che è intellettuale oltre che politica». 

Tutti infine concordi nel ritenere che anche l'attività della Commissione istruzione mal digerita dal sindaco, rientra nel calderone dei malesseri dei suoi fedelissimi per aver perso le posizioni di comando nelle varie commissioni. Malessere che ha logorato i rapporti all’interno della maggioranza fino a far scaturire la crisi politica. Il week-end scorso, infatti, il sindaco Lucio Greco ha deciso di convocare la giunta per chiedere le dimissioni a tutti gli assessori, al fine di aprire una fase di verifica politica.

Una decisione che ha sorpreso un po' tutti, non tanto per i tempi, quanto per i modi. Che la verifica politica la richiedessero da tempo diversi alleati della maggioranza, un po' a turno, è arcinoto. La scelta di azzeramento senza alcun preavviso, ha di fatto spiazzato non pochi. Ma poi si è subito capito che di fatto le dimissioni che chiedeva il sindaco non era quelle vere, che si consegnano invece al segretario generale e che non era corretto parlare di un azzeramento vero e proprio. A differenza di quanto fatto dal predecessore Domenico Messinese che a metà mandato "revocò" le deleghe, per poi riproporre metà giunta precedente, Greco ha semplicemente avocato a sé tutte le deleghe, "congelandole sul piano politico", ai fine come sopra rimarcato di una verifica interna. 

«Per settimane, per non dire mesi, ho atteso – dichiarava il sindaco di Gela – nella speranza che rientrasse questo malessere che avvertivo forte all’interno della maggioranza. Negli ultimi giorni, ho sentito di nuovo tutti informalmente, ma ho capito che non si facevano passi in avanti.

Non solo. Mi sono reso conto che si stavano persino logorando i rapporti politici e, in alcuni casi, anche personali, cosa che mi dispiace tantissimo. Da qui la mia scelta di mettere un punto. Serve un chiarimento profondo prima di andare avanti e proprio la città voglio tranquillizzare in questo momento: sappiano, i miei concittadini, che – concludeva – nel giro di pochi giorni decideremo, in un senso o nell’altro». 

Un sindaco fin troppo ottimista? Un sindaco che aveva fatto i conti senza l'oste? Potremmo proseguire con altre domande, ma la sostanza è che dopo una settimana, la coalizione non ha trovato la quadra. Se il sindaco sperava o si aspettava che qualcuno facesse un passo indietro, ciò non è – puntualmente - accaduto.

E non poteva essere altrimenti. A chi hai dato una posizione di comando è difficile che poi ci rinunci. L’unico a tirarsi fuori dai giochi, disertando le riunioni di maggioranza è stato l’indipendente Rosario Trainito, notoriamente contrario alla presenza in maggioranza di chi in campagna elettorale non c’era o era altrove e che ha già personalmente ribadito come la pensa al sindaco.