Il paradosso idrico nell’isola dell’inadeguatezza politico-amministrativa

Il paradosso idrico nell’isola dell’inadeguatezza politico-amministrativa

La Sicilia è un’isola in una posizione geografica invidiabile e che può vantare, altresì, la disponibilità di risorse che altrove si sognano.

Dalle bellezze naturalistiche (non solo le coste, ma anche colline, monti e persino vulcani) a quelle storico-architettoniche, per non parlare dei frutti del suolo e del sottosuolo (gas, idrocarburi, zolfo, minerali, ecc.). Con l’aggiunta della specialità di un’autonomia statutaria. Eppure, a dispetto di tutto ciò, il decollo non c’è mai stato, a causa di una inadeguata classe politico-amministrativa, da quella regionale fino a quella locale, passando attraverso quella intermedia, oggi metropolitana e consortile (ex provinciale), che ha fatto dell’accattonaggio al sistema partitocratico italiano, la propria missione. 

Basti pensare al paradosso idrico, in un’isola che grazie ai tre impianti di dissalazione (Gela, Porto Empedocle e Trapani), guarda caso oggi tutti dismessi, poteva sfruttare l’immenso bacino del mare e che invece, a causa della mancata manutenzione negli anni, crea una situazione in cui invasi e dighe che, non potendo più contenere un certo quantitativo della poca acqua piovana riversatasi dal cielo, finiscono con lo scaricarla proprio a mare.

E’ di stretta attualità, peraltro, la notizia della bocciatura ministeriale di 31 (su 31) progetti strategici per il comparto irriguo ed idrogeologico isolano, consegnati dalla Regione siciliana per usufruire dei lauti finanziamenti (oltre 450 milioni) prelevabili dai fondi europei del “Pnrr”, in quanto vistosamente viziati dall’assenza di parte dei requisiti richiesti. 

E con la stessa spregiudicata inadeguatezza, a Palermo stanno provando a rimettere mano sul piano della disciplina legislativa, alla gestione del sistema idrico integrato, i cui costi sono caricati interamente sulle spalle dei cittadini, nella veste di consumatori finali del “bene” acqua.  A denunciarlo è il “Forum siciliano acqua e beni comuni” che in una missiva chiede a governo, gruppi parlamentari e deputati di ritirare o bocciare integralmente il nuovo ddl sull'acqua, esortandoli semmai ad una rapida attuazione della vigente l.r. 19/2015. 

«Ricordando che la maggioranza assoluta dei cittadini e degli Enti locali siciliani – esordisce il Forum - si sono espressi per la gestione pubblica del servizio idrico senza finalità lucrative e che la stessa legge regionale vigente esclude la possibilità di fare profitto sull'acqua “bene comune”, il Forum ritiene che l'obiettivo principale del “ddl Musumeci” sia fare subentrare l'Autorità idrica siciliana (l’istituenda Autorità unica regionale prevista nel ddl, ndr) nei rapporti con Siciliacque spa, rafforzando la posizione dominante e di vantaggio di quest’ultima non solo nella gestione delle risorse idriche, ma anche dei finanziamenti del “Pnnr” e di quelli della programmazione europea 2021-27». 

Il Forum considera «grave non rispettare la legge 19/15 vigente che affida al Presidente della Regione l'onere di valutare la sussistenza dei presupposti per l'eventuale recesso della convenzione con Siciliacque spa», previa verifica degli adempimenti contrattuali, a partire dagli investimenti previsti fino ad oggi dal contratto allora voluto nel 2004 (17 anni fa) dal “Governo Cuffaro”.

«Con questo intervento legislativo – prosegue - si porrebbe definitivamente la Regione in posizione subordinata agli interessi economici e finanziari della multinazionale francese Veolia, proprietaria del 75% di Siciliacque, rispetto al superiore interesse generale della comunità siciliana, con il concreto rischio che possa venir meno il rapporto controllore-controllato che è cardine del buon andamento di una Pubblica amministrazione». 

Insomma una china pericolosa, secondo il Forum, che espone il governo isolano, la Commissione all’ambiente dell’Ars e lo stesso Parlamento regionale ad un conflitto d'interesse amplificato dal fatto che la Regione è al contempo legislatore e socio di minoranza (25%) di Siciliacque spa: «dopo la sentenza del Tar e quella inappellabile del Cga – puntualizza il Forum - che hanno dichiarato illegittime le tariffe applicate da Siciliacque dal 2016 ad oggi ed incompetente la Regione a ratificarle, il ddl sembra l'estremo tentativo di mantenere in vita una società che sempre secondo la legge 19/15 dovrebbe cedere reti ed impianti ai gestori d'ambito». 

Il Forum esorta il Governo Musumeci a ritirare il “ddl n. 1066” e di attuare in tempi rapidi la vigente L.r. 19/2015 «che la sentenza n. 93/2017 della Corte Costituzionale ha reso perfettamente aderente alla legislazione nazionale ed europea», per non perdere i fondi pubblici necessari a superare il gap infrastrutturale siciliano; mentre alternativamente invita le forze politiche nel loro insieme rappresentate all’Ars di «bocciare integralmente il testo, attualmente all'esame della IV Commissione Ambiente, nonché di dichiarare pubblicamente ai cittadini siciliani – conclude - il proprio orientamento rispetto alla gestione pubblica o privatizzata del “bene comune” per eccellenza».