Greco, Mozione di sfiducia improbabile, ma non del tutto

Greco, Mozione di sfiducia improbabile, ma non del tutto

Da mesi è in atto una faida interna tra civici e partiti all’interno dell’alleanza a sostegno dell’amministrazione comunale retta da Lucio Greco(nella foto).

Una faida acuita dalle elezioni regionali: e quello che si sta registrando in aula consiliare, è la resa dei conti preventivata. L’obiettivo è quello di conquistare posizioni, con in testa le due poltrone assessoriali, con deleghe peraltro pesanti all’Ambiente e Bilancio, rimaste vacanti. 

Per arrivare ad una mozione di sfiducia, provocatoriamente tirata in ballo dal Partito democratico, di acqua sotto i ponti ne deve passare, ma si diceva lo stesso con il sindaco Messinese e sappiamo tutti come è finita. Nel momento in cui è prevalsa nell’opinione pubblica l’idea di sfiduciare tutti, anche consiglieri inizialmente restii a rinunciare alla carica si sono convinti, nella speranza di centrare il bis alle successive amministrative. In pochi, invero, ce l’hanno fatta. 

Se in consiglio comunale la voglia di rimettere il mandato con l’eventuale sfiducia al primo cittadino (che manderebbe a casa tutti) non c’è, specie all’interno dell’alleanza pro Greco, in questo scontro aperto molto vicino a sconfinare ad un gioco al massacro, stanno facendo di tutto per farsi sfiduciare dai cittadini.

Hanno la febbre così alta da non comprendere lo spettacolo indecoroso, l’altrimenti inspiegabile ed inconcepibile baruffa attorno un tema così delicato, come quello dei trasporti ai disabili, peraltro da anni stranamente terreno minato di questa come delle precedenti amministrazioni. 

Ribadiamo stranamente, perché il trasporto dei disabili, così come quello della mensa scolastica, rientra nei servizi previsti dallo Statuto della Ghelas ed una gestione “in house” degli stessi, non fosse altro per il carattere della continuità, avrebbe già da tempo tolto le castagne dal fuoco della polemica, oltre che dei disagi per queste fasce non certo avvantaggiate.

Del resto, non ci pare aver appreso nella lettura del regolamento, presentato dall’assessore Gnoffo su approvazione dalla giunta, così come trasmesso in consiglio comunale, nessun accenno alla gestione in house, né questa eventualità è sembrata emergere dal dibattito in aula. 

Decisiva nell’innalzare a dismisura il livello dello scontro è stata la recentissima competizione elettorale per le regionali. Per scelta o incapacità nel gestire il gruppo (cambia poco o nulla), il sindaco ha concesso che tra gli alleati ci fossero 4 candidature suscettibili di ottenere buoni risultati, soprattutto in città, dove la faida ha trovato il suo naturale epicentro.

Anzi, lo stesso primo cittadino è sceso in campo, creando ulteriore caos nell’alleanza. Ci riferiamo innanzitutto alle candidature di Michele Mancuso e Salvatore Sammito in Forza Italia, sui quali c’è stata la convergenza di assessore e consiglieri berlusconiani, ex Udc e della lista ammiraglia del sindaco, “Un’altra Gela” non a caso definita dal consigliere comunale, Diego Iaglietti, una “succursale” forzista. 

A queste due candidature si sono affiancate quelle di Rosario Caci, che è costata la carica di amministratore unico della Ghelas a Francesco Trainito (esponente di riferimento del gruppo “Gela città normale” di cui è parte integrante il sopra menzionato consigliere Iaglietti) sostenuto da due assessori e diversi consiglieri civici, nonché quella di Pino Federico sostenuto da un assessore ed un consigliere della Dc di Cuffaro.

Se nella valanga del centrodestra pigliatutto alle politiche e regionali, corredata dal tris di Mancuso a “Sala d’Ercole”, Forza Italia è parsa uscire ingigantita sicuramente in provincia, in realtà nella lotta tutta intestina alla pseudo maggioranza nella corsa all’Ars, né è uscita nei numeri cittadini alquanto ridimensionata. Basti pensare che tanto la candidatura di Caci, quanto quella di Federico, prese singolarmente, hanno praticamente ottenuto più voti in città delle due candidature forziste messe assieme. 

Questo ha ringalluzzito i “civici” di “Una buona idea” ed “Impegno comune”, lesti a scendere impettiti nell’arena consiliare ed a battere i pugni sul tavolo del primo cittadino, anche nel tentativo di nascondere sotto lo stesso, l’esito negativo di una lista che non ha mai permesso al proprio candidato di essere in partita per uno dei tre posti all’Ars. Stesso discorso per i cuffariani, che poi con il segretario cittadino, Natino Giannone, sono stati i primi – già all’indomani del voto – a rivolgersi al sindaco affinché facesse celermente chiarezza nei rapporti fra alleati. 

Quello a cui assistiamo nel civico consesso, con il blocco sul primo atto utile presentato dall’assessore “ostile”, benché formalmente alleato, né è la coda. La stessa riunione di maggioranza, risultata infruttuosa, lo è. Perché i belligeranti stanno solo preparandosi al vero campo di battaglia, sul bilancio. Di fatto, a meno di preferire la mozione di sfiducia e darsi appuntamento alle prossime amministrative, i consiglieri devono approvarlo, altrimenti vanno a casa solo loro.

Ma approvarlo non sarà così agevole, anche in esercizio provvisorio e con un commissario ad acta che non ti dà tregua.  Senza assessore al ramo, con l’impervia questione delle royalties, lo stato d’allerta in cui vivono i revisori con i loro pareri, l’occhio della Corte dei Conti, il maxi debito con l’ex Ato rifiuti, la marea di debiti fuori bilancio e sullo sfondo il rischio default.

Sì, la sfiducia è lontana, ma la politica è talmente mutevole che ciò che è distante un miglio te lo puoi ritrovare sotto il mento in men che non si dica, e ciò che oggi ti può sembrare inopportuno, domani potrebbe diventare l’unica speranza a cui aggrapparsi.