L’intervista/ Filippo Collura, 25 anni dopo la sua elezione a presidente della Provincia

L’intervista/ Filippo Collura, 25 anni dopo la sua elezione a presidente della Provincia

Esattamente un quarto di secolo fa (1998), il preside Filippo Collura(nella foto), nome e volto conosciutissimi in città, veniva eletto presidente della Provincia, ruolo che poi ricoprì per dieci anni di seguito, in quanto rieletto per il secondo mandato. 

All’allora esponente gelese della “Margherita”, a capo di una coalizione di centrosinistra, Gela tributò un autentico plebiscito in termini di consensi, che Collura ricambiò con risultati concreti nel territorio, di cui rimangono oggi memorie e testimonianze, per quella che si rivelò una splendida stagione politica.

«Quando sono stato eletto presidente della Provincia – ci confessa – capivo poco o niente di come si amministra un ente pubblico e conoscevo pochissimo le realtà territoriali provinciali. Ho vissuto quell'esperienza come una scommessa con me stesso: dovevo riuscire a portare la Provincia in tutti i Comuni, a cominciare da Gela».

Iniziando dalla competenza più riconoscibile fra quelle provinciali, vale a dire l’edilizia scolastica. «In effetti, come uomo di scuola mi piace ricordare a me stesso quello che ho fatto per l'edilizia scolastica in città. Basta semplicemente andare indietro nel tempo e ricordare dove era prima il professionale maschile e cioè negli appartamenti di via Pozzillo, il professionale femminile e cioè negli appartamenti di via Parioli, non ultimo l'alberghiero e cioè negli scantinati della Ragioneria. Ma questi rientravano nei compiti istituzionali propri dell'ente».

L’aspetto straordinario risiede in quei risultati raggiunti al di fuori delle competenze provinciali. Un intervento innovativo, giusto per iniziare, fu “l’ufficio progetti speciali”, per non parlare del pit, del contratto d’area e del patto per l’agricoltura.

«L'ufficio progetti speciali – prosegue – è stato concepito per la crescita economica del sud della Provincia attraverso l’obiettivo dell’utilizzo di Fondi comunitari. E’ stato il fiore all'occhiello per tutto il comprensorio gelese. C'erano le migliori risorse della città. Giovani preparati, onesti e capaci che hanno affrontato veramente con amore e con passione le problematiche del territorio.

A loro si deve il successo di tutte le iniziative del “Pit sud” e del “Contratto d'area”. Una cosa di cui vado orgoglioso è che in 10 anni di amministrazione attiva e di gestione del Contratto d'area, non ho mai avuto un avviso di garanzia. Anche il “Patto per l'agricoltura” ebbe un respiro provinciale, portando veramente tante risorse al settore e, soprattutto, rilanciando tante aziende dell'agroalimentare con marchio di qualità riconosciuto».

Dopo i suoi due mandati Gela guadagnò anche un parco a Montelungo e due strutture sportive, il palazzetto dello sport (Palalivatino) ed il Kartodromo. «Debbo ricordare che il parco di Montelungo e l'istituto Alberghiero – sottolinea – sono state due mie creature, interamente. Quando è stato istituito l'Alberghiero a Gela nessuno delle altre scuole lo avevano voluto nel proprio ambito. Non hanno capito che l'Alberghiero dava prestigio e sbocchi lavorativi, sicché sono stato costretto ad abbinarlo al Commerciale Sturzo, nonostante l’Alberghiero fosse un istituto professionale e il Commerciale invece un istituto tecnico.

A Caltanissetta scioperarono per averlo e così l'anno successivo l’ho istituito pure lì. Per il parco di Montelungo, coltivavo un sogno: portare a Gela le “rappresentazioni classiche”. Con questo intento ho fatto costruire un teatro all'aperto ed ho acquistato tutto il terreno adiacente per il parcheggio. Ma poi tutto è andato distrutto dai vandali e dall'incuria. Invero, il palazzetto dello sport e il kartodromo non sono stati idea mia.

Sono opere con progetti di massima avviate dalla precedente amministrazione a guida del compianto Rampulla e che io ho realizzato con progetti esecutivi da me commissionati dopo aver ottenuto, sempre su mia richiesta, le aree dal Comune. Anche queste opere, con la fine del mio mandato, sono state “abbandonate” per tanto tempo, prima di essere affidate alla gestione privata dal commissario straordinario».

Per contro, un rammarico mai nascosto fu non riuscire a fare di Gela sede universitaria. «L'insediamento dei corsi universitari a Gela – precisa – nasce storicamente non come “decentramento universitario”, ma come “sostegno didattico per studenti fuori sede”. L'obiettivo era quello di migliorare la preparazione dei giovani e ridurre così le bocciature agli esami che all'epoca si aggiravano attorno al 70%. Grazie ai corsi tenuti a Gela ed il rapporto costante tra studenti e tutor, gli insuccessi calarono vertiginosamente fino a meno del 10%. I professori titolari venivano a Gela a fare lezioni e selezionavano i propri tutor secondo rigorosi criteri meritocratici.

Il successo di una tale impostazione andò al di là di ogni aspettativa tanto che si pensò di applicare lo stesso schema anche nella sede centrale di Catania, ma non trovarono i finanziamenti. I corsi di Gela erano ormai una realtà consolidata e riconosciuta tanto che Enna si era proposta per attivare qui altri corsi di laurea gestiti dalla “Kore”. A quel punto, sfruttando la mia amicizia personale col rettore della Kore, Salvo Andò e col presidente della Kore, Cataldo Salerno (già presidente di provincia), mi convinsi a provare il salto di qualità».

«Lo scopo – prosegue Filippo Collura – era quello di estendere il bacino di utenza della università ennese in tutto il nostro territorio, modificandone al contempo lo statuto per fare diventare Gela, non più decentramento, ma sede universitaria alla pari di Enna. Il gruppo Eni aderì al progetto dichiarandosi disponibile a sostenere i costi di gestione, il Comune di Gela avrebbe dovuto provvedere ai locali che, nell' immediato, sarebbero stati forniti dall'Asi (con il benestare dell'arch. Rossano Gennuso, che ne era presidente) e la Provincia avrebbe dovuto continuare a sostenere i costi della didattica.

Mancava solo l'ok del Ministero. Abbiamo perciò chiesto ed ottenuto un incontro a Roma presso il Miur dove eravamo presenti: io per la Provincia, il vicesindaco Miguel Donegani per il Comune, il rettore Salvo Andò per la Kore ed il vicedirettore generale dell'Eni. Ci ha ricevuto il sottosegretario Di Trapani che si dichiarò subito d'accordo, tanto da sembrarne pure contento.

La nostra gioia, però, durò poco. Dopo due giorni mi telefonò allibito il rettore Andò e mi disse di avere ricevuto una telefonata direttamente dal ministro Mussi, capo politico dell’allora deputato nisseno Angelo Lo Maglio, che gli comunicava di non essere affatto d'accordo su quanto stabilito in quella riunione». 

«A quel punto – aggiunge l’ex presidente della Provincia – continuammo a gestire i corsi esistenti che, comunque, avevano dato ottimi risultati. Ma nel frattempo il nuovo rettore dell'università di Catania, Antonino Recca, senza sapere niente di Gela ci venne a dire in città che i corsi andavano chiusi.

L'assessore Ventura esclamò in quella circostanza: “per la mia città voglio il massimo, meglio niente che poco”. E così tutto finì miseramente. Aggiungo che per i suddetti corsi, il Comune avrebbe dovuto fornire i locali, sulla base di un accordo di programma firmato da me e dal sindaco Crocetta, ma dei locali non abbiamo mai visto neppure l'ombra».

Non solo, «un certo rammarico – ammette ancora – mi rimane per il fatto che tante iniziative da me avviate non sono state portate a termine dopo i miei mandati. Ne cito solo un paio. In primis, il Laboratorio di Analisi nei locali Asi.

Tutto era pronto; avevamo persino fatto il concorso per direttore del centro, vinto dalla biologa Marina Burgio e poi... il nulla. A ruota il progetto per allungare il braccio del porto, per il quale era stato già fatto uno studio di fattibilità dall'ing. Ugo Lo Piano e poi, anche qui il nulla. E dire che avevo lasciato oltre 20 miliardi di avanzo con l'indicazione del “Progetto Porto”. Ma mi resta, alla fine, la soddisfazione di aver fatto conoscere la Provincia a Gela e Niscemi».

Nell’impossibilità di un terzo mandato di fila che la legge non consentiva, la naturale evoluzione politica avrebbe dovuto riguardare Palermo o Roma. Invece, a dispetto dei risultati raggiunti sul campo, le porte inopinatamente si chiusero. 

«Alla fine del mio secondo mandato, era l'anno 2008, si votava, quasi contemporaneamente, sia per l'Ars che per il Parlamento nazionale. Peppe Galletti, allora deputato regionale della “Margherita” – ci svela Collura – non si candidava più. Per cui, legittimamente, io e il sindaco di Caltanissetta, Salvatore Messana, entrambi della Margherita, ci siamo fatti avanti per una candidatura regionale o nazionale. Siamo stati fatti fuori entrambi: inaspettatamente furono candidati Speziale e Donegani alla Regione e Daniela Cardinale, figlia di Totò, al Parlamento nazionale. E fu così che Messana tornò a fare il farmacista ed io il nonno». 

Insomma, altre storie, altri tempi. «Trent'anni fa – ci racconta – la politica ed anche il sentimento popolare risentivano dell'effetto “mani pulite”: avanti il nuovo, quale che fosse e fuori i partiti tradizionali. Cominciarono allora a nascere i partiti personali, da Berlusconi a Di Pietro, da Orlando a Ventola, da Follini a Casini e così via.

Ma i vecchi partiti sapevano guardare lontano, mentre i nuovi sanno pensare solo alla loro sussistenza. Identici sentimenti si sono riscontrati a livello locale, non più politici targati con un'etichetta chiara ma personaggi disposti a indossare l'una o l'altra maglietta, anche in corso di partita, pur di restare in campo, aiutati anche dall'avvento dei social che di mestiere sanno ben manipolare il consenso.

E comunque, penso che chiunque abbia fatto politica, ancora oggi come allora dovrebbe rendere conto e rispondere pubblicamente a due domande: “cosa hai fatto per la comunità che ti ha eletto?” e “qual è il tuo patrimonio oggi rispetto a quello che avevi prima?”. Francamente – conclude con un pizzico di amarezza – vedo un gran da farsi per essere eletti ed un modesto interesse nel costruire un futuro per Gela».