È l’ora del dissento, chi ci metterà la faccia?

È l’ora del dissento, chi ci metterà la faccia?

La commedia politica relativa al dissesto (non evitato) ed alla sfiducia (evitata), a cui i gelesi hanno dovuto assistere nell’ultimo anno e mezzo circa, calerà il sipario fra pochi giorni.

Martedì 7 novembre sbarcherà in aula la proposta di dichiarazione di dissesto deliberata dalla giunta retta da un sindaco, Lucio Greco (nella foto), che ha avuto l’ardire di dimettersi per evitare una sfiducia (che era tutta da verificare in aula) per poi ritirare le dimissioni all’unico scopo, “per il bene della città”, di portare avanti l’operazione “verità” che stava conducendo per tentare di evitare, così, il dissesto. 

In caso contrario, il primo cittadino aveva promesso che si sarebbe dimesso (di nuovo?), pur non essendo costretto dalla legge (la dichiarazione di dissesto lascia in carica e non fa decadere – e un motivo ci sarà - né il sindaco con la giunta che la propone, né il consiglio comunale che l’approva) da un lato e, dall’altro, nonostante l’aver negato ogni responsabilità in capo all’attuale amministrazione sulla “tempesta finanziaria” che ha attanagliato l’ente, scaricando semmai ogni colpa sulle amministrazioni precedenti. 

Promettere di dimetterti, proprio nell’atto con cui stai ritirando le dimissioni da sindaco, assumendoti responsabilità che dici di non avere, con l’aggravante di non essere obbligato dalla legge a farlo, è il trionfo del paradosso. Una lezione magistrale di come fare a pugni non solo con la grammatica politica, ma financo con la stessa logica. Il tutto nell’ultimo anno di mandato e verso una possibile ricandidatura al vertice di palazzo di città. Ed a fronte di un sindaco che non si dimette, c’è ora un consiglio comunale che dovrà dichiarare il dissesto, altrimenti verrebbe sciolto, con il primo cittadino e gli assessori che rimarrebbero invece in carica, perché a dichiarare il dissesto ci penserebbe in ogni caso, sostituendosi ai consiglieri comunali, il commissario ad acta (già nominato dalla Regione siciliana). 

Chi ha salvato il sindaco non votando la sfiducia, come nel caso di “Una buona idea”, per ritrovarsi oggi a dover decidere in nome e per conto dell’ente comunale sul dissesto, non è assolutamente pentito, anzi. «Innanzitutto – osserva il leader dei civici ed ex vicesindaco, Terenziano Di Stefano, da noi contattato - la non sfiducia ha permesso anche al consiglio, oltre che al sindaco, di rimanere in carica e nessuno di coloro che volevano sfiduciare il sindaco e quindi che si dicevano disposti a lasciare la carica, si è poi dimesso, ma è rimasto come se nulla fosse. Il consiglio, rimanendo in carica, ha potuto salvaguardare progetti importanti per la città, alcuni andati in gara. Si è fatto partire anche il servizio rifiuti, che non è cosa da poco. 

Tutto questo – rimarca ulteriormente Di Stefano – con la presenza di un commissario non ci sarebbe stato. Mentre, sul fronte del dissesto, la procedura ed i tempi non sarebbero stati diversi anche con la presenza del commissario. Il comportamento di Una buona idea è stato pertanto lineare. Su cosa avverrà in aula, dipende dalla coscienza dei singoli consiglieri. Certo, personalmente, ritengo che non sarebbe una bella immagine non votare uscendo dall'aula e poi rientrare assicurandosi il gettone di presenza. Visto che la non approvazione comporterebbe lo scioglimento, chi non vota – conclude - dovrebbe avere il coraggio di dimettersi e non rimanere aggrappati alle decisioni altrui».

La proposta di deliberazione della dichiarazione di dissesto è accompagnata dal parere favorevole del collegio dei revisori. Un organo contabile eletto (per sorteggio) a garanzia dei consiglieri comunali. Un collegio che in questi mesi, come si dice dalle nostre parti, si è letteralmente “incarognito” (nel senso di cronicamente ostinato) nel dar seguito alle “bordate” della Corte dei Conti sulla situazione finanziaria dell’ente e soprattutto innanzi all’inchiesta, con tanto di rinvio a giudizio formulato dalla procura presso il tribunale di Gela, in ordine all’utilizzo e le destinazioni a bilancio delle royalties estrattive su terraferma (decine di milioni di euro). 

«Nell'audizione dei revisori in commissione bilancio – ci ha risposto il presidente della commissione ed esponente di Fratelli d’Italia, Pierpaolo Grisanti - abbiamo affrontato ed approfondito alcuni punti della relazione del collegio allegata alla proposta di dichiarazione del dissesto deliberata dalla giunta. Tematiche come quella afferente alla situazione di cassa dell'ente ed alla mole di pignoramenti che gravano sul comune, in relazione a titoli esecutivi verso cui l'ente non da spontaneo adempimento, costringendo i creditori ad avvalersi di procedure di pignoramento e/o comunque esecutive. 

Altro aspetto di particolare interesse – ha proseguito il consigliere meloniano - è la, già tristemente nota, scarsa capacità di riscossione dell'ente, che probabilmente sarà il primo punto da affrontare immediatamente dopo la dichiarazione di dissesto, accanto quello di una razionalizzazione dell'organizzazione interna. Sulle partecipate come la Ghelas, abbiamo appurato che la dichiarazione di dissesto non pregiudica, né vieta, nuove ipotesi contrattuali, con nuovi servizi, abbandonando quelli inutili. Un nuovo contratto insomma più puntuale e preciso, rispetto all'attuale, segnato da diverse proroghe tecniche. 

C'è stato anche dell’altro, ma in definitiva niente di nuovo rispetto a quanto già avevamo appreso, a parte la necessità che è emersa, proprio in riferimento alla Ghelas, di costituire un ufficio del "controllo analogo" che abbiamo scoperto, ad oggi, non esserci. Su cosa accadrà in aula, francamente, non ipotizzo o prevedo nulla. Noi di Fratelli d'Italia sappiamo solo che ci riuniremo come partito per decidere la linea da intraprendere. La faremo presente e condivideremo, se possibile, con gli altri partiti di opposizione del centro destra.

In aula tireremo le somme – ha concluso Grisanti – e si vedrà». Intanto, nei 109 articoli dello schema di manovra del governo Meloni in esame alle camere, è spuntata la norma, appositamente pensata per Catania, ma di cui potranno avvalersi altre realtà locali, che dispone la possibilità per i comuni in uscita dal dissesto, di far pagare una “tassa di imbarco”, su aereo o nave, fino a 3 euro. Anche Gela avrebbe potuto usufruirne, con un porto che è rimasto una chimera dopo oltre un trentennio di false promesse, specie in campagna elettorale.

Inoltre, per i comuni in “deficit”, come poteva ancora essere l'ente comunale gelese, la cui condizione di deficit è rimasta nascosta ed è peggiorata in una condizione di vero e proprio “default”, viene messo a disposizione un fondo annuo di 50 milioni, per 10 anni, a partire dal 2024 fino al 2033. Ancore di salvataggio di cui Gela non può beneficiare a causa dell'atavica inconcludenza politica locale che ha distrutto questa città, con un dazio da pagare anche per il futuro.