Comune in dissesto, aliquote e tariffe boom sotto l’albero di Natale

Comune in dissesto, aliquote e tariffe boom sotto l’albero di Natale

Il consiglio comunale ha approvato la dichiarazione di dissesto del comune di Gela.

Hanno votato in quindici: otto i favorevoli, più i sette astenuti. Decisivo il Sì del presidente del consiglio comunale Totò Sammito. Il drappello a cui si è ridotto il sindaco Lucio Greco, comprensivo di Giuseppe Morselli e Marina Greco (Un'altra Gela), Diego Iaglietti, Valeria Caci e Giuseppe Guastella (Mpa), Salvatore Incardona (Udc), Luigi Di Dio (indipendente) ed il sopra citato Sammito (Un'altra Gela), ha lealmente appoggiato la proposta della giunta retta dal primo cittadino.

I sette astenuti dell'opposizione, vale a dire Giuseppe Spata (Lega), Rosario Trainito (Forza Italia), Davide Sincero e Rosario Faraci (Una buona idea), Virginia Farruggia, Alessandra Ascia e Paola Giudice (intergruppo progressista), hanno consentito con la loro presenza il mantenimento del numero legale. I cuffariani Gabriele Pellegrino e Vincenzo Cascino (Dc) sono usciti dall'aula al momento del voto. Assente l'intero gruppo consiliare di Fratelli d'Italia, cioè Vincenzo Casciana, Pierpaolo Grisanti, Salvatore Scerra e Ignazio Raniolo. Così come il dem Gaetano Orlando (Pd), unitamente all'azzurro Carlo Romano (Fi) ed al salviniano Emanuele Alabiso (Lega). 

Con la presa d’atto del civico consesso gelese, siamo ai titoli di coda di una sceneggiata politico-amministrativa senza precedenti in città. Una presa d’atto, in una mezzoretta, che sconfessa le ripicche e la resa dei conti della seduta fiume del martedì precedente, in quello che è stato il punto più basso raggiunto nella storia politica cittadina. Con la dichiarazione di dissesto di inizio settimana, soprattutto, si prende atto di ciò che era già apparso come inevitabile tanti mesi prima.

Il dissesto andava dichiarato almeno all’indomani della relazione della Corte dei conti diffusa nel marzo scorso. Troppe e pesanti le criticità rilevate nelle decine di pagine scritte dalla magistratura contabile. Il quadro che emergeva, nitidamente, era quello di un disastro che non poteva essere contenuto in un piano ventennale di riequilibrio. Un disastro che attendeva di essere solo quantificato dal Rendiconto 2021 ma le cui enormi proporzioni erano già agevolmente intuibili leggendo quelle pagine. 

Con la dichiarazione di dissesto a marzo di quest’anno, l’ente proseguiva comunque nel compito di approvare il rendiconto 2021 e non sarebbero venuti meno, sia per sindaco e giunta che per i consiglieri, tutti quegli atti utili ad evitare ulteriori danni all’ente. Ci riferiamo all’approvazione dei debiti fuori bilancio e delle variazioni di bilancio.

Ci riferiamo al futuro dei lavoratori della Ghelas che rischiano tanto senza un bilancio di previsione, in attesa di costituire un ufficio preposto al bilancio consolidato, scandalosamente assente nell’organigramma. Senza dimenticare il Peg rifiuti che ha permesso il passaggio del testimone dalla Tekra alla Impianti Srr4. Inoltre, si evitava la commedia della mozione di fiducia, dapprima illegittimamente rinviata e poi risolta con la farsa delle dimissioni di Greco, poi ritirate, contestualmente ripromesse ed infine mai presentate. Un consiglio comunale costretto dalla legge a ratificare, a marzo, un dissesto di cui non ha responsabilità gestionali dirette, evitando (in caso di non approvazione) di sciogliersi, non avrebbe mai approvato nell’arco dei due mesi successivi una sfiducia che avrebbe fatto decadere tutti, lo stesso civico consesso compreso. 

Con la dichiarazione di dissesto, infatti, non decade nessuno. Agli organi eletti (Sindaco e Consiglio) e nominati (Giunta) spetta la gestione corrente e futura, mentre l’Organismo straordinario di liquidazione (Osl) si occuperà della situazione pregressa che ha portato al dissesto. L’Osl è per legge competente delle gestione pregressa fino al 31 dicembre dell’anno precedente quello di dichiarazione del dissesto. Quindi dovrebbe essere il 2022. Ma anche nel 2022, così come nell’esercizio in corso (2023) non è stato approvato il bilancio di previsione.

Quindi è possibile che si occupi della gestione pregressa fino all’anno di esercizio 2021. Inoltre, tempi burocratici impongono tra la delibera di dichiarazione di dissesto e la nomina dei tre componenti dell’Osl, con Dpr pubblicato nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana, almeno un mesetto nella migliore delle ipotesi. Quindi non è escluso che la nomina possa avvenire anche ad inizio 2024. Di certo, entro 5 giorni dalla nomina, l’Osl deve insediarsi. 

In altri termini, il ritardo nel dichiarare il dissesto ha delle conseguenze negative, perché prima si insedia l’Osl, prima l’ente inizia a lavorare sulla “Ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato” che deve essere presentato entro tre mesi dall’insediamento dello stesso organismo straordinario. La durata del dissesto, infatti, non decorre dalla dichiarazione di dissesto formalmente adottata dal consiglio comunale questa settimana. La durata (almeno 5 anni) inizia a decorrere dall’approvazione ministeriale dell’ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato sopra richiamata. 

Inoltre, a beneficio del lettore (ed in barba ai politicanti da strapazzo), oggi staremmo già sperimentando il dazio da pagare. Entro un mese dalla data di esecutività della delibera di dichiarazione del dissesto, quindi alle porte delle festività natalizie grossomodo, il consiglio comunale è tenuto a deliberare, relativamente alle imposte e tasse locali di propria spettanza, le aliquote e le tariffe di base nella misura massima consentita. Dai tributi di propria spettanza viene esclusa la tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, per la quale è prevista la determinazione delle tariffe con provvedimento da adottare annualmente sulla base dei costi di gestione del servizio. Per l’imposta comunale sugli immobili l’ente deve obbligatoriamente deliberare l’aliquota massima del 7 per mille.

Questo è ciò che comporta tradurre un default organizzativo e finanziario, in un default politico, caricando propagandisticamente e trasformando in un’arena politica, un pesante deficit amministrativo e contabile dell’ente, che la stessa strafottenza politica ha contribuito in larga parte a generare. Questo è ciò che comporta decidere di non decidere. Spostare più avanti la linea del traguardo, guadagnando tempo e metri. Procrastinare l’inevitabile, facendo prevalere l’opportunismo politico al “bene della città” di cui la politica si riempie troppo spesso, oltre che indegnamente, la bocca e del quale, invece, si erge a falsa interprete.