Campioni indimenticati/ Quelli della rinascita del Gela

Campioni indimenticati/ Quelli della rinascita del Gela

Gli alti e bassi del calcio gelese dell’ultimo ventennio scandiscono le alterne fortune di una società – Il Gela del compianto presidente Angelo Tuccio – che dopo essere entrato nell’anticamera della B era sprofondato nel gradino più basso della scala gerarchica dello sport nazionale più seguito e amato dagli italiani.


Tuccio aveva ereditato una società fallita ma che comunque aveva salvato il titolo dopo un campionato sofferto in C1. Meglio ripartire senza debiti da una categoria inferiore (la C2, grazie al Lodo Petrucci, che riprendere dalla C1 con un pericoloso gravame di pendenze. Scelta sofferta e contestata dai tifosi, ma alla fine si rivelò quella giusta e quasi obbligata.
Furono campionati esaltanti, con la sola delusione della mancata promozione in C1 (spareggio nefasto contro i marsicani di Pescina). Ancora un paio di stagioni in C1 (ottenuta per ripescaggio) e poi la clamorosa rinuncia.
Il Gela riparte dalla 3ª categoria. Tuccio resta al timone della società, e a testa bassa ritenta la scalata con un manipolo di giovani calciatori gelesi. Fa un grosso lavoro di ricucitura con la tifoseria ormai distaccata Vincenzo Cannizzaro, a cui Tuccio affida la direzione generale.

Si affacciano giocatori finora sconosciuti al grande pubblico: Felice Mezzasalma, Davide Ascia, Alessandro Messana, Ciccio Italiano, Donato Camiolo, Fabio Campanaro, e via discorrendo. Sono stati i veri artefici della rinascita biancazzurra, con l’ex Peppe Misiti in panchina.
Di questi ne abbiamo rintracciato alcuni, per rivivere quelle formidabili stagioni che hanno segnato il rilancio del calcio gelese. Il dopo è storia recente.

«Accettai di sposare il progetto di quel Gela in Prima categoria – afferma Fabio Campanaro – grazie al presidente Angelo Tuccio, che mi espose la volontà e soprattutto la voglia di portare la squadra in serie D nel giro di pochi anni. Il mio primo anno fu storico, per la vittoria a mani basse del campionato già nel mese di febbraio e la conquista della Coppa di categoria. Eravamo un gruppo molto giovane, molti di noi già avevano giocato insieme in altre occasioni e quindi eravamo consapevoli dei nostri mezzi, sicuri che quello sarebbe stato l’inizio di un percorso che ci avrebbe regalato indimenticabili gioie. Quello della Promozione è stato sicuramente l’anno più difficile.

Fortunatamente, dopo un inizio non proprio facile, grazie a qualche arrivo di spessore e Brucculeri in panchina, siamo riusciti ad ottenere un piazzamento nei playoff, poi vinti dominando la stracittadina contro l’Atletico Gela per 4-0. Quella domenica – continua – e quella settimana non la dimenticherò mai. La società decise di portarci in ritiro a Caltagirone ed il giorno prima dell’evento i tifosi ci raggiunsero per darci sostegno. Sentire il supporto del pubblico, con oltre 4 mila persone accorse allo stadio, ci ha dato una spinta inimmaginabile. Quel campionato, oltretutto, era alla nostra portata se non avessimo commesso qualche sbavatura di troppo, perdendo contatto con la Sicula Leonzio, compagine altrettanto forte che riuscimmo a battere al Presti. In Eccellenza il copione fu lo stesso del campionato precedente.

Dopo una prima parte difficile, la dirigenza richiamò in panchina Brucculeri, che grazie alla sua esperienza ci condusse verso la promozione. Lui per la mia crescita è stato molto importante, due caratteri forti che remavano verso un obiettivo comune. Il gruppo aveva la sua stessa tempra. Nel percorso del campionato, quella contro la Sancataldese, nostra diretta concorrente, fu la partita delle partite, quasi una finale. Le emozioni provate al gol della vittoria di Bonaffini sono difficili da poter rivivere. Il nostro debutto in D, non è stato facile, i problemi societari ci penalizzarono soprattutto per le prime partite. Ricordo che partimmo per Pomigliano in 13/15 giocatori.

Quella partita la giocammo senza pensieri, supportati da una quarantina di tifosi, e conquistammo un punto grazie ad un calcio di rigore nei minuti finali. Nonostante non avessimo sostituti di rilievo in panchina, insieme ad Alma e Bonaffini su tutti, mettemmo in difficoltà gli avversari».
Con la maglia biancazzurra Campanaro è stato soprannominato “Campagol” per la vena realizzativa. «In quattro anni ho segnato circa 35 gol, che per un difensore non sono pochi. Indossare la maglia della propria città è un motivo di orgoglio, che ti spinge a dare sempre il meglio. È un sogno che si realizza».

Altro protagonista della storica cavalcata, in campo e fuori, il portiere Donato Camiolo: «In passato io e tanti altri miei compagni, avevamo fatto parte del settore giovanile del Gela. Siamo passati dall’Eccellenza con la maglia dell’Atletico Gela, alla Prima categoria con i colori biancazzurri. Un ruolo importante è stato svolto da Vincenzo Cannizzaro, il dirigente Giordano e dal presidente Tuccio, che ci hanno convinto immediatamente. Sin dalle prime partite capimmo di avere qualcosa di speciale e di fatti portammo a casa tutti i titoli a disposizione. Secondo me, le difficoltà della Promozione erano dovute ad un modulo, quello del tecnico Torregrossa, che poco si sposava con le nostre qualità. Con Brucculeri e acquisti di spessore come Chiavaro e Cutaia, la nostra stagione cambiò radicalmente. Essendo lontani dalla capolista Leonzio, focalizzammo i nostri sforzi sui playoff, obiettivo minimo.

Della sfida contro l’Atletico Gela in finale ricordo tutto, soprattutto tutti i video che ci fece vedere il nostro allenatore per studiare gli avversari. Sapevamo ogni loro singola mossa, non potevamo sbagliare. In Eccellenza – continua – la società commise forse l’unico errore della gestione, affidando la squadra ad un tecnico ancora inesperto e che l’anno precedente era nostro “rivale”. Tornato Brucculeri e sistemato qualche reparto riuscimmo a compiere un cammino quasi perfetto. Quella, è stata la squadra più forte di tutti gli anni della rinascita, forse non per il gioco espresso, ma per il carattere. Tutti uomini di spogliatoio, con il quale sono in contatto anche oggi, che supportavano un “sergente di ferro”.

Stare a passo di Brucculeri non era affatto semplice, lui pretende il massimo in ogni allenamento e anche sotto l’aspetto caratteriale ti stimola. Bisogna dire, che ti segue attentamente sia dentro che fuori dal campo, facendoti capire le regole da seguire da atleta. In D, ho avuto il grande piacere di essere allenato da un ottimo allenatore come Infantino. Se dovessi fare un paragone con allenatori di fama internazionale direi che Brucculeri assomiglia a Mourinho, mentre Infantino a Carlo Ancelotti. Tecnici totalmente differenti, con il secondo che riesce a tirare fuori il meglio dai giovani. Il 3-4-3 è il suo marchio di fabbrica e da come riesce a farti intendere il suo calcio, che si capisce quanto sia preparato. Di quella stagione ricordo le ultime giornate, la lotta all’ultimo respiro con la Palmese per ottenere l’ultimo posto negli spareggi, poi persi contro il Rende vincitore. Tutti sono stati anni indimenticabili».

Tra i primissimi a supportare il progetto di rilancio del Gela Calcio, il fantasista Felice Mezzasalma, che ha legato ai colori biancazzurri gran parte della sua carriera.
«Con il presidente Tuccio, ho vissuto le due fasi della storia del Gela Calcio. Sono stato tra i primi tesserati quando rilevò la squadra, giocando per un paio di anni, ma allontanandomi per motivi personali e successivamente nell’anno della Prima Categoria. Quell’anno avevo tante offerte da società di categorie superiori, ma per l’amore nei riguardi della mia città non ci pensai due volte a rifiutare tutte le proposte. Chiunque ci fosse, io ero convinto di quella scelta, di aiutare i giovani a crescere e formare un grande gruppo. Un nome tira l’altro, fino al punto che tutti volevano venire nella nostra squadra. Ricordo che nel nostro stesso campionato era presente anche il Macchitella e quindi si era innescata anche una competizione nella formazione del gruppo. Ho cercato di dare sempre tutto, consapevole però, di dovermi costruire una realtà per il futuro. Ero l’unico che oltre a giocare, lavorava e la fatica era il doppio, fino che ad un certo punto decisi di mollare. Gli allenamenti di Brucculeri erano pesantissimi, per farli devi essere un professionista. Non volevo mai essere inferiore agli altri, ma riuscire a dare il minimo contributo. Ho cercato di essere utile in tutti i sensi per lo spogliatoio.

La mia migliore stagione in Promozione. In quell’anno segnai 28 reti. Il miglior compagno è stato senza ombra di dubbio Davide Ascia. Avevamo una sintonia perfetta. Un’altra emozione indimenticabile è quella di aver giocato insieme a mio fratello Claudio. Era strano vederlo li, insieme a me, capace di servirmi assist. Poterlo abbracciare dopo un gol era veramente bello, perché per me era sempre il piccolo di casa, che però stava diventando grande. A Gela – conclude – sarà difficile trovare una persona come Angelo Tuccio, che riuscirà a riproporre una favola di questo tipo. Lui si innamorò piano piano del calcio e del Gela. Non ci faceva mancare nulla e aveva sempre una parola di supporto per tutti. Sono contento di aver fatto parte della sua era, resterà sempre nella storia e nel cuore di tutti».