Un festival sopravvissuto alla pandemia del covid

Un festival sopravvissuto alla pandemia del covid

Il Festival della Canzone Italiana di Sanremo 2021 – vinto dal gruppo Maneskin(nella foto), è stato realizzato nel contesto di una pandemia che tutt’oggi è causa di una profonda crisi sanitaria, economica, politica, sociale e del costume, nel Paese. 

Mentre a Sanremo si celebra il Festival, i contagi in Lombardia e altre regioni d’Italia aumentano, lasciando dietro tristezza e desolazione. Ma proprio per tale ragione, la Rai ha fatto bene a realizzarlo, pur senza pubblico presente in teatro: la gente ha bisogno di tornare a sorridere.  E le canzoni, ascoltate in sottofondo, via radio: nei luoghi di lavoro, dove si fanno acquisti, nei super market, nei bar, nelle botteghe artigiane, Quando sono orecchiabili e toccano il cuore, aiutano a sorridere.

Amadeus e Fiorello sono riusciti a realizzare il Festival. Sono stati criticati dai “social” perché a qualcuno non sono piaciuti. Ma nel contesto di attuale squallore in cui ci troviamo – giacché sono riusciti a farlo comunque –  l’avere suscitato il sorriso degli spettatori davanti alla Tv , nelle cinque serate di performance, torna a loro merito. Quand’anche, nella progettazione e nell’esecuzione del Festival, abbiano fatto degli errori, quali, ad esempio: avere messo troppa “carne al fuoco”, nell’obiettivo di ottenere il gradimento di tutte le fasce di età degli italiani: dai più giovani, alle persone di media età e agli anziani; Come anche avere consentito l’accesso al Festival a gruppi canoro-musicali di “dilettanti”.

Torna anche a loro merito l’impegno da essi profuso nella realizzazione tanto complessa del Festival, che pur è servito a dare una svolta ai Festival degli anni del passato,  dove il pubblico e i telespettatori, dopo avere ascoltato qualche bella canzone, seguivano il programma annoiandosi: per la monotonia nella conduzione della manifestazione canora nel suo insieme.

Nel Festival di quest’anno, fra le iniziative più riuscite, c’è senz’altro quella di avere realizzato scene da varietà, fin dalla prima serata.

Nella  prima serata di apertura sono apparse in gruppo: bellissime gambe di ballerine, su cui si vedevano, di spalle,  solo piume bianche –  né viso né busto –  E’ stata una sorpresa! Dopo pochi secondi,  si è calato il sipario di piume, e sono apparse le ballerine,  festanti, nei loro costumi da ballo.  La scena è stata piacevolissima, di effetto.

Nella seconda serata, Orietta Berti, con una sua bella canzone: “Quando ti sei innamorato”, ha riportato i video spettatori alla grande tradizione del  Festival di Sanremo. (La canzone è carica di sentimento, amore, e con la sua raffinata melodia  fa sognare.)

Appare, poco dopo, Laura Pausini, quale ospite d’onore, con la stupenda canzone, “Io Sì”,  carica di pathos, melodicamente alta, di effetto. Laura, nel suo elegantissimo abito lungo, scuro, davanti a uno scenario di luci strabocchevoli, con una miriade di grandi riflessi di luce triangolare (dal soffitto al pavimento), assume le sembianze di una sorta di “sacerdotessa”  della canzone d’amore, d’atmosfera, a cui contribuiscono i marcati lineamenti del suo volto, dei suoi occhi (curati nei particolari) che rivelano l’intensa espressività della sua voce e delle parole, e quindi della sua anima, fra espressioni dolenti e sorrisi di gioia.

Nella medesima serata, si esibiscono altri ospiti d’onore (alternandosi con i cantanti che presentano nuove canzoni.)  Fra questi, per citarne alcuni: “Il Volo” e Gigi D’Alessio. Ma chi anima maggiormente la serata del Festival  è un triade di artisti molto virtuosi:

Si esibisce “in primis” Gigliola Cinquetti, con una timbrica molto fine, voce delicata, professionale, espressiva,  cantando la sua canzone: “Non ho l’età”, che si richiama alla grande tradizione del Festival di Sanremo negli Anni ‘ 50 s.s., in cui è stata lei stessa a cantarla, nel medesimo luogo (nel suo debutto ivi avvenuto nel 1954).  Chissà quindi, quali emozioni, quale gioia, avrà provato dentro di sé, Giglioila Cinquetti, in ricordo del precedente avvenimento, quando aveva allora appena 17 anni, e l’Italia era un Paese, tanto diverso, in cui i giovani erano educati a sani principi e  a nutrire profondi sentimenti d’amore per le loro ragazze.

La segue Fausto Leali, presentando la sua canzone: “Mi manchi” e “Io amo”,  richiamandosi anch’esse, alla tradizione canora sanremese. E continua Marcella Bella,  con le canzoni: “Senza un briciolo di testa” e “Montagne Verdi”, con la sua voce emozionale e professionale; con una timbrica e pastosità, che rivelano la sua personalità forte, passionale.

In alcune canzoni  presentate nella quinta, ultima serata, è maggiormente presente un grande bisogno d’amore. Madame canta con grande emozione. Altre cantanti esprimono: pianto di dolore, invocazioni, per la perdita del loro amato. Sono state anche presentate canzoni da cantanti di sesso maschile, in cui è presente il dolore per l’amore perduto.

Ornnella Vanoni, ospite d’onore, ha cantato: “E’ una ragione di più” e “La musica è finita”. Ha cantato con voce da grande icona della Canzone italiana. Rivive con lei il Festival di Sanremo nel suo grande, immenso prestigio. Ha continuato a cantare: “Mi sono innamorata di te”,  con voce grandiosa e grande pathos, riportando alla memoria dei telespettatori Luigi Tenco e Dalila.

Continua a cantare una quarta canzone: “Domani è un altro giorno e si vedrà”. Ancora Ornella Vanoni ha cantato, con molta espressione: “Un sorriso dentro il pianto”,  con Francesco Gabbani,  canzone da grande commozione. Fra gli altri cantanti si sono anche esibiti, da ospiti, Riccardo Fogli con:”Storie di tutti i giorni”, e Michele Zarrillo con: “La notte dei pensieri” e “Cinque giorni”.

Questa la classifica finale:

primo posto: I “Maneskin”, un quartetto pop, vocale – strumentale, con la canzone: “Zitti e buoni”; secondo posto: Fedez e Michelin, con la canzone: “Chiamami per nome”; terzo posto: Ermal Meta, con la canzone: “Un milione di cose da dirti”. Un grande applauso è stato fatto a tutti, in particolare, a Amadeus e Fiorello, per il grande impegno profuso. 

Vito A. A. Formoso