Attrarre/Distrarre, Stupire/Instupidire

Attrarre/Distrarre, Stupire/Instupidire

L’attivazione di processi educativi consapevoli dovrebbe, secondo me, prendere le mosse da questi quattro verbi.

Salto, per ragioni di convenienza (dal latino cum-venio), il riferimento alla storia della dottrina dei grandissimi Maestri, da Socrate-Platone-Aristotele a Gesù-Vangeli-Agostino, a Rousseau, ecc. ecc. Con modestia cerco di motivare le iniziative educative dando spazio alla vita quotidiana che, tuttavia, nell’Occidente, ricco o povero, come i fiumi e come i torrenti, trae origini da quelle sorgenti-generative.

Perché convenienza? Per vigliaccheria? Perché temo di non reggere al confronto? Al confronto con chi? La dico subito.

Al confronto con l’I.A., con la Chat GPT. Che riconosco come strumento capace di elaborare il linguaggio cosiddetto naturale utilizzando algoritmi avanzatissimi. Bisognerebbe, tuttavia, cominciare col chiarire cosa intendiamo per ‘linguaggio naturale’, considerato che il Poeta Orazio elogiò il dio Ermes che donò agli uomini la ‘facondia’ ben altra cosa rispetto alla ‘vox’ di cui, in modo diverso, dispongono gli altri esseri viventi.

Ci sarebbe un bel dire sulla ‘facondia’ che è una tecnica. Con tecnologie complesse, soprattutto da quando è stata inventata la scrittura. La quale ha fatto molto riflettere sulla sua naturalità. Ma l’I.A. generativa la sa molto lunga per la quantità di dati depositati in memoria sui quali può contare e vincere ogni sfida , come ha fatto giocando a scacchi contro il grandissimo campione Kasparov.

Quindi, l’arresa? Il ritorno al rifugio della memoria soggettiva? Serve? Forse solo alla soddisfazione del piacere (narcisistico) di raccontare. Forse anche per testimoniare edificando ponti che consentano la ‘traduzione da a’ e con l’intenzione di attivare processi ‘educativi’ che sono movimenti che partono ‘da’ e tendono ‘a’, anche se la meta verso la quale avviare è sempre molto aleatoria, come molto discutibile è il ‘luogo’ da cui il viaggio ha preso le mosse.

Tante volte e da persone diverse mi fu chiesto: «Cosa farai da grande?». Ero un ragazzino e ovviamente senza prima averci riflettuto, rispondevo che mi sarebbe piaciuto guidare la ‘corriera’ che portava i viaggiatori dal paese alla stazione ferroviaria. Mi piaceva, infatti, osservare e mimavo i movimenti dello «sciafferru». Cioè, dell’autista.

Ci penso e ci ripenso e trovo che non a tutti i ragazzi della mia età veniva richiesto «Cosa farai da grande?». Molti di essi il futuro lo avevano segnato nel mestiere del padre o di qualche zio. Le femminucce, manco a pensarci! I figli dei ‘viddrani’ zappavano anche a scuola  quando impugnavano la penna dal pennino metallico inserito nell’astuccio di legno macchiando con l’inchiostro, inzuppato dal calamaio, quaderno, dita, carta assorbente e guadagnandosi qualche bacchettata in aggiunta al voto pessimo di ‘calligrafia’.

Nelle aule scolastiche si selezionavano i futuri destini che conducevano verso l’alto o verso il basso. I maestri legittimavano la selezione che era già predisposta. 

Quando cominciai ad insegnare, le cose stavano cambiando: la scuola stava divenendo l’«ascensore» che permetteva a tutti di salire verso i piani più alti della società in applicazione dell’art. 3 della Carta Costituzionale.

Tra ritardi e remore di vario tipo, con l’impegno volto a superare le rigidità della scuola classista. Fu istituita la Scuola Media Unica e Obbligatoria e eliminato l’Avviamento Professionale che aveva sancito precocemente il destino dei figli dei ceti più umili che poi, non trovavano riscontro nell’esercizio di un mestiere nella società reale. E’ su questo tema che oggi, a mio avviso, siamo chiamati a riflettere. Sul tema, cioè, dell’avviamento a una professione più o meno precocemente, sotto l’assillo della domanda «Cosa farai da grande?».

Tralascio il sopralluogo sull’antichità più o meno remota da cui trarre motivazioni e volgo lo sguardo interessato alla quotidianità locale con la consapevolezza che esso ha incorporato, con o senza consapevolezza, gli archetipi. 

Muovo dalla seguente domanda: Qual è l’Offerta Formativa (Educativa)che viene proposta ai giovani gelesi che vengono condotti verso l’Istruzione secondaria superiore? Mi accorgo che è un’offerta molto ampia.

Vengono, infatti, proposti ben 31 indirizzi…. Ce ne sarà uno dal quale loro (o le loro famiglie) sono ‘attratti’  con conseguente ‘distrazione’ dai restanti indirizzi! (Tra parentesi: Talete, il Sapiente, cadde nella pozzanghera per ‘distrazione’ o per forte ‘attrazione’? Camminava distratto dalla strada, ma molto fortemente attratto dagli astri!).

La scuola gelese offre un’ampia pluralità di proposte, una delle quali eserciterà sicuramente una potente forza attrattiva nei confronti dei giovani e delle loro famiglie. Saranno liberi o condizionati nella loro scelta? Per alcuni prevarrà l’illusione dello sbocco immediato nel mercato del lavoro. 

Passi pure quella che a me pare un’illusione, considerato che il cosiddetto mercato del lavoro è oggi molto dinamico e che i profili professionali diventano sempre più caduchi e, comunque, in ritardo rispetto all’inizio del percorso formativo del giovane studente.

E, allora? Descolarizziamo l’educazione? Pare che sia opportuno descolarizzare.

Come tanti che dubitano sulla autogenerazione della libertà personale (innata?), mi chiedo: “Chi” condurrà i nuovi arrivati da una sponda all’altra del fiume? “Chi”, nella metafora dantesca, sarà il novello Caronte ‘traghettatore? La scuola in alternativa al mercato che è guidato da “Chi” dispone di una potentissima capacità ‘attrattiva’ paragonabile a una piattaforma informatica generativa?

Questa è, secondo me, -lo dicevo all’inizio-, la vera sfida che la scuola anche a Gela, sfruttando l’autonomia, deve sviluppare con l’arricchimento dell’offerta formativa. Scelto un indirizzo, il giovane dovrà essere assecondato perché possa vivere momenti di autentica gioia. L’esperienza della gioia non deve essere eliminata dal percorso formativo!

Si dice:«Sono amare le radici e dolci i frutti» e si pensa a una scuola selettiva sbandierata come meritocratica. Ma, perché alla specie umana deve essere imposto di nutrirsi di amare radici? Nella quotidianità dovremmo operare, col coordinamento della scuola, per guidare i nuovi arrivati verso la ricerca dei dolci frutti con i quali nutrirsi e nutrirci. Avvalendoci dell’I.A. con la quale affrontare anche le cosiddette situazioni patologiche, per esempio: la ludopatia.

Le tecnologie della scrittura hanno potenziato nello spazio e nel tempo la comunicazione interpersonale e anche quella intrapersonale. Oggi dobbiamo insieme incamminarci verso nuovi cambiamenti con un impegno che non può essere trascurato: quello dell’arricchimento delle risorse ‘soggettive’ e del loro riconoscimento sul piano ‘oggettivo’. 

Vado con un esempio tra tanti di elevato valore educativo.

Al Liceo “Eschilo” di Gela, con la guida delle professoresse Massaro e Oresti, docenti di lettere classiche, è stata tradotta e cantata in Latino una canzone di Vasco Rossi. Cioè, è stata resa nella lingua di Orazio, autore a suo tempo di Odi, di Canti… Un bel lavoro dei ragazzi quello del ‘separarsi’ dalla loro lingua e trasferirsi ‘altrove’ per tornare più ricchi avendo provato tanta gioia che ha messo assieme -peer to peer- l’aiutante e l’aiutato. Un’esperienza che distrae e attrae , stupisce ma non istupidisce e, forse, avvia verso stili di vita che durano in un tempo diverso rispetto a quello delle Moire che pretendono di governare la specie umana fatalisticamente.

Luciano Vullo